Una donna con licenza di produrre

Dal 1990 Barbara Broccoli è il produttore dei film di 007 e studia le strategie di marketing dell’agente segreto di Sua Maestà

Per Barbara Broccoli, James Bond è una questione di famiglia. Anzi, di patrimonio genetico e dunque imprescindibile. Perché lei, californiana, classe 1960, tra le massime produttrici cinematografiche in circolazione, è la figlia di quel Albert R. “Cubby” Broccoli che 007 lo ha portato dalle pagine di Ian Fleming agli schermi di tutto il mondo con la sua Eon Productions Ltd. Con la famiglia, Barbara ha girato il mondo insieme ai set dell’agente segreto a servizio di Sua Maestà, è stata la mascotte di Sean Connery, ha condiviso tutta l’esistenza con quella della spia più popolare della storia del cinema. Il suo primo ruolo accreditato nella produzione (produttore associato) della saga risale al 1983 con Octopussy, ma è nel 1990 che eredita con il fratellastro Michael G. Wilson le sorti della società paterna, diventando così l’indiscussa e unica Lady Bond. Quella vera. E che oggi racconta strategie e retroscena dell’ultimo episodio della serie, Quantum of Solace, uscito nelle sale lo scorso novembre, disponibile a breve in home video.

Quando James Bond apparve per la prima volta sul grande schermo era un unicum nel suo genere, ora col passare degli anni ha dato vita una quantità enorme di cloni e di vicende ispirate al suo mondo. Cosa lo contraddistingue ancora agli occhi del grande pubblico?È proprio il personaggio di James Bond a distinguersi da tutti gli altri. Non c’è dubbio che sia profondamente diverso da Jason Bourne o da un supereroe come Batman: Bond è un individuo complesso. È molto contemporaneo come eroe e muta con il tempo, riflette la sua attualità. Dal punto di vista dell’immaginario, i cambiamenti di tale attualità sono rappresentati soprattutto dalla scelta degli attori, oltre che da un certo abbigliamento e da certi accessori. Oggi è un personaggio – interpretato da Daniel Craig – molto realistico ed è più che evidente a chiunque. Craig-Bond incarna una coscienza collettiva di estrema complessità più che un supereroe.

Qual è la strategia per creare quella tensione, quell’aspettativa sempre crescente da parte del pubblico nei confronti dello 007 in uscita, rendendolo – come è puntualmente accaduto negli ultimi anni – un successo annunciato?In realtà il successo dipende quasi esclusivamente dalla risposta del pubblico e non dal nostro sforzo promozionale. Il pubblico attende James Bond, lo vuole veramente e ha nei suoi confronti un atteggiamento assolutamente positivo, senza pregiudizi. Noi siamo fortunati e godiamo strategicamente di quest’attitudine benevola verso 007, che, naturalmente, non possiamo mai dare per scontata essendo professionisti. Per questo motivo continuiamo a fare molto in termini di investimento produttivo e di pubblicità.

Merchandising e product placement hanno sempre avuto un ruolo molto importante nella serie. Quali sono le caratteristiche che un brand deve avere per poter essere indossato, usato o guidato da James Bond?Ian Fleming ha sempre specificato le marche degli oggetti usati dal personaggio. Tutti gli accessori utilizzati da 007 devono essere affidabili e rapidi, perché valgono la sua sopravvivenza. Ad esempio l’automobile – la leggendaria Aston Martin – deve essere scattante e velocissima; l’orologio – prima il Rolex (il Submariner, ndr) e poi l’Omega (il Seamaster Planet Ocean 600m, oggi in edizione limitata Quantum of Solace, ndr) – deve essere pluri equipaggiato, perfino per colpire i nemici! Ma quest’oggettistica doveva e deve tuttora avere qualità edonistiche per un semplice motivo: James Bond vive ogni suo giorno come se fosse l’ultimo e per questo esige che ogni sua esperienza, tattile o meno, sia al massimo livello. Automobile, orologio, champagne – rigorosamente Bollinger – come hotel e servizi vari devono essere sempre upper class e distintivi per il personaggio di 007. Per quanto riguarda l’utilizzo dei brand nei film, noi produttori non abbiamo mai chiesto soldi, si tratta di un service-in-kind (scambio merci, ndr). Anche per la presenza di Coke Zero nell’ultimo episodio non ci sono stati proventi.

La saga di 007 si è contraddistinta anche per il grande successo in termini di sfruttamento home video. Quale ritiene che sia il valore aggiunto che la nuova tecnologia, il Blu ray in particolare, potrà offrire all’agente segreto di Sua Maestà?Blu ray è un vero fenomeno, uno straordinario avanzamento tecnologico. La tecnologia migliora sempre ed è difficile per il pubblico tenere il passo con il suo sviluppo. Noi abbiamo una grande library di James Bond (22 film) e tentiamo sempre di aggiornarla in termini tecnologici, specie per i fan che esigono la migliore qualità. Per questo motivo abbiamo già lanciato alcuni titoli in Blu ray e presto ne proporremo di nuovi.

Negli ultimi anni la saga di 007 è andata di pari passo con il lancio di videogame. Perché e qual è il giro d’affari generato da questo strumento di entertainment? Il mercato dei videogame è enorme e ha lo stesso potenziale di quello tecnologico per il semplice fatto che attraverso la tecnologia deve passare e così lo sviluppo dei due mercati è parallelo e reciprocamente influente. Le società di videogame spendono fortune nello sviluppo dei software perché vogliono creare personaggi e set sempre più verosimili, realistici e intriganti. All’uscita di Casino Royale non abbiamo commissionato un videogame perché stavamo cambiando la partnership con la società produttrice, che ora è Activision. Il videogioco lanciato con Quantum of Solace è quindi una combinazione tra questo e Casino Royale; i realizzatori hanno impiegato molto tempo per creare i personaggi e i set in maniera assolutamente realistica. È notevole osservare come i dettagli dei videogame siano fedeli rispetto al film: sono praticamente interscambiabili. E non solo. Il tempo necessario a realizzare un film e il suo videogioco è molto simile, e questo è il motivo per cui conviene lanciarli sul mercato contemporaneamente, quando è possibile. Il valore aggiunto al lancio insieme è abbastanza intuibile: con il videogioco si attiva verso le sale cinematografiche quella fetta di target audience più giovane, quello cioè dei videogamer.

Lei si è costantemente dichiarata una strenua seguace della filosofia di suo padre, nei confronti del quale ha sempre avuto un atteggiamento emulativo. Qualche tempo fa ha dichiarato: «se mio padre avesse fatto pizze, io avrei aperto una pizzeria». In cosa però ha preso le distanze da lui nelle ultime produzioni?La principale differenza tra noi è che io sono una donna e ne vado fiera. E penso di portare questa mia femminilità nei film che produco. Nella scelta di Daniel Craig per esempio. Il suo modo di interpretare il personaggio è molto più accessibile alle donne di quanto fossero gli altri attori. La psicologia, le scelte emozionali che fa, insomma tutto il mondo interiore di James Bond – come d’altra parte è già presente nei libri – è oggi rappresentato con più attenzione e credo in questo di aver giocato un ruolo anche nella scelta dell’attore, caduta su Daniel Craig.

Ha incontrato tutti gli interpreti dei film dedicati a James Bond degli ultimi 25 anni. Al di là della spinta fornita dai nuovi mezzi di comunicazione e promozione, quale pensa sia il volto più seduttivo per fare breccia nel mercato?Sono cresciuta con tutti loro e sono tutti parte della mia vita. Non è facile scegliere tra i membri della propria famiglia, giusto per usare un termine di paragone: li ho amati tutti, dal primo all’ultimo. Ognuno di loro mostra il suo tempo e questo è un aspetto assolutamente interessante, ogni volto mostra la generazione socio-storico-politica in cui è realizzato. Penso che Daniel Craig, ad esempio, dia mirabilmente voce e corpo al nostro tempo, per la sua vulnerabilità, aspetto apprezzato da chiunque oggi. Mostrare le emozioni non è una debolezza oggi, come poteva apparire nel passato. E anche James Bond, dopo tutto, è un essere umano.

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