La bellezza passa per la salute: intervista a Stefania Fabiano di L’Oréal

Con il direttore generale per l’Italia di L'Oréal, Stefania Fabiano, abbiamo parlato della filosofia che ispira la divisione Cosmétique Active, che riunisce marchi come Vichy, La Roche Posay, Cerave e SkinCeuticals

Stefania-Fabiano-L-OrealIn L’Oréal dal 2000, dove ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità, Stefania Fabiano guida la divisione Cosmétique Active Italia dal 2018. In precedenza, dopo gli studi in Economia all’Università Bocconi, aveva già svolto uno stage di sei mesi nella sede di Torino della multinazionale del beauty

Tutti conoscono una multinazionale come L’Oréal e i suoi marchi più diffusi, forse non tutti conoscono altrettanto bene la sua divisione Cosmétique Active, focalizzata sullo sviluppo della categoria dermocosmetica, sulla competenza per la cura della pelle e su stretti legami con operatori sanitari, dermatologi e farmacisti. Eppure, tutto è iniziato ormai parecchi anni fa, nel 1955, con l’acquisizione di un brand di punta come Vichy e la divisione dedicata nata nel 1983 vanta oggi anche i marchi La Roche Posay, Cerave e SkinCeuticals. A guidarla nel ruolo di direttore generale, in Italia è Stefania Fabiano, manager con una profonda conoscenza del mercato.

Dottoressa Fabiano, qual è la missione e, quindi, la promessa ai consumatori, che accomuna tutti i marchi di questa divisione?
Mettere a disposizione la più avanzata expertise dermocosmetica in grado di preservare, proteggere, trattare o migliorare la pelle di ogni individuo. Perché la pelle, non lo dobbiamo dimenticare, è un vero e proprio organo, e prendersene cura non significa solo preservarne la bellezza, ma anche la salute.

A questo proposito, l’emergenza Covid ha purtroppo spinto in secondo piano altre questioni altrettanto importanti per la salute. È avvenuto lo stesso per la cura della pelle?
Al contrario, i dati ci dicono che la salute della pelle è diventata un bisogno di tutti, uomini e donne. Sappiamo quanto abbia sofferto durante il lockdown per la scarsa esposizione alla luce naturale, la poca ossigenazione dei luoghi chiusi, così come l’utilizzo indispensabile della mascherina. Il risultato è che oggi un consumatore su due preferisce prodotti raccomandati da dermatologi (in Europa la percentuale è del 39%). In più si è verificato il cosiddetto “Zoom effect”: con il lavoro da remoto e le videoconferenze è aumentata l’attenzione alla pelle e alla correzione dei difetti. In particolare, questa risulta essere una preoccupazione delle donne italiane e spagnole, che dichiarano di essere ricorse alla correzione estetica o di avere intenzione di farlo nel prossimo futuro (Beauty track Ipsos 2021).

Un tema chiave, nel post-pandemia, è quello della sostenibilità. Come tutte le divisioni L’Oréal voi siete da tempo molto attenti a questo aspetto, ma cosa c’entra la sostenibilità con la bellezza della pelle?
C’entra eccome. La nostra visione e convinzione è che la salute sia il futuro della bellezza. Health is the Future of Beauty è il nostro manifesto. Crediamo fermamente di avere il dovere, ancor più di altri, di rispettare la salute e la bellezza del pianeta e di condividere la nostra crescita con i nostri partner e le comunità che ci circondano. Senza contare che il legame tra la salute della pelle e quella dell’ambiente è provato da dati scientifici. Secondo un nostro studio condotto in 15 Paesi, l’inquinamento è considerato uno dei peggiori nemici della bellezza per la pelle in tutto il mondo (71% in Francia 71%, 69% in Cina, 58% in Brasile, 51% in India, 35% negli Stati Uniti e 28% in Giappone) insieme a mancanza di sonno, stress ed esposizione al sole. L’impatto si fa sentire in termini di consistenza della pelle, pigmentazione e carnagione: irritazione, arrossamento, allergie, prurito, pelle secca, imperfezioni, problemi di pigmentazione, pelle oleosa e la combinazione UVA+Smog amplifica l’effetto invecchiamento, che non è solo un fattore estetico. Pensi che oggi un consumatore su tre nel mondo ha ripercussioni sulla pelle dovute alle allergie e si prevede che nel 2050 arriveremo a un consumatore su due. In conclusione, ambiente e pelle sono strettamente correlati per questo dobbiamo prendercene cura in maniera concreta e responsabile.

A questo punto non posso non chiederle quali sono i vostri obiettivi sul fronte della sostenibilità…
Le marche della divisione si stanno trasformando e sono parte attiva per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e le sfide per il pianeta che il gruppo si è dato per i prossimi dieci anni nel programma L’Oréal for the future. Per dare un’idea più precisa faccio alcuni esempi legati al brand SkinCeuticals. La maggior parte del packaging è in vetro, la cui composizione è ideale per la stabilità delle formule. Bene, entro fine anno rispettivamente il 25% e il 40% del vetro utilizzato per le boccette trasparenti e ambrate dei nostri sieri arriverà da materiale riciclato permettendoci di evitare il consumo di 100 tonnellate di vetro vergine all’anno e una riduzione del 13% rispetto al 2020. L’obiettivo è poi raggiungere entro il 2025 il 50% di materiale riciclato per tutto quanto concerne il packaging. Compresa la carta, anche se oggi già utilizziamo cartone certificato Fsc. Inoltre, abbiamo iniziato a eliminare le parti del packaging non necessarie, cosa che già ci ha permesso di ridurre i consumi annuali globali di 1 tonnellata per il solo siero H.A. Intensifier.

Skinceuticals

Per SkinCeuticals il primo passo è la diagnosi, indispensabile per identificare un protocollo personalizzato da seguire a casa in abbinamento a trattamenti eseguiti da professionisti

SkinCeuticals, cui faceva riferimento, è uno dei vostri brand di punta ed è stato fondato dal Dott. Sheldon R. Pinnell, dermatologo pioniere nel campo dell’unione tra medicina, scienza e bellezza. Secondo lei qual è stata la sua intuizione più importante e quali sono di conseguenza i punti di forza del marchio?
Nel corso dei quattro decenni in cui si è impegnato nella ricerca sui tumori della pelle, sulle patologie e sull’invecchiamento cutaneo, il dottor Pinnell ha pubblicato oltre 200 articoli scientifici riguardanti vitamina C, antiossidanti, sintesi del collagene e foto-danneggiamento su riviste di dermatologia e registrato ben dieci brevetti. Direi che il più importante nella storia di SkinCeuticals è una “soluzione stabile di acido L-ascorbico (vitamina C)”. Gli standard di formulazione proposti in questo studio vengono oggi indicati come brevetto sugli antiossidanti della Duke University, il che ci consente di affermare che SkinCeuticals è un’autorità nel campo. Seguendo l’esempio di Pinnell, continuiamo ad attenerci ai più elevati standard per quanto riguarda la ricerca, le formule, i test cosmeto-clinici, la qualità dei prodotti e l’etica aziendale. Ne è una prova anche l’ultimo antiossidante che abbiamo lanciato a inizio d’anno, il Silymarin Cf, specificamente formulato per le pelli grasse e a tendenza acneica. Per SkinCeuticals il primo passo è la diagnosi, indispensabile per identificare un protocollo personalizzato da seguire a casa in abbinamento a trattamenti eseguiti da professionisti.

SkinCeuticals si distingue oltre che per la qualità dei prodotti, per quella dell’assistenza al consumatore, a partire dall’analisi preventiva della pelle. Come hanno influito su questo aspetto le limitazioni imposte dalla pandemia?
È vero, per SkinCeuticals il primo passo è la diagnosi, che parte sempre con l’utilizzo di un esclusivo strumento, lo SkinScope, che permette, grazie alla tecnologia led di scoprire anche gli inestetismi che si celano sotto la pelle. In questo modo viene identificato un protocollo personalizzato da seguire a casa, unito a trattamenti specifici eseguiti da professionisti in studio e in cabina. Tutto questo durante il lockdown è stato inevitabilmente sospeso, ma già dal maggio dello scorso anno, per non perdere il contatto con i consumatori, la marca si è reinventata mettendo a disposizione consulenze gratuite online con le nostre esperte. E anche oggi che sono riprese le attività in presenza, abbiamo deciso di continuare a offrire questo servizio a supporto delle farmacie.

Oltre alla sostenibilità, cui abbiamo già accennato, un altro tema chiave del post-pandemia è quello della diversity. Per tradizione l’industria della bellezza è considerata più “femminile” e di conseguenza più attenta a questo aspetto, è davvero così?
Sono fiera di affermare che L’Oréal è un esempio in tema di diversity. Siamo convinti che le aziende e le comunità più forti si creino quando persone di ogni cultura, background e stile di vita vengono accettate e valorizzate. Inoltre, il nostro gruppo crea prodotti per persone di tutto il mondo, per garantire che soddisfino le esigenze di ogni forma di bellezza in ogni cultura dobbiamo avere team diversi e inclusivi come il mondo stesso. Per raggiungere questo obiettivo promuoviamo luoghi di lavoro in cui tutte le persone di ogni etnia, estrazione sociale, religione, sesso, età o disabilità si sentano accolte e apprezzate. Questo nostro impegno è stato riconosciuto, tra gli altri, dall’ente indipendente Refinitiv che ha inserito L’Oréal tra le dieci migliori aziende al mondo del Diversity & Inclusion Index 2020. Anche nella nostra divisione il gender balance è rispettato, sia a livello globale che in Italia. Ho avuto la fortuna di lavorare in un gruppo che mi ha sempre supportata e valorizzata, e che non mi ha costretto a scegliere tra vita privata e professionale, ma mi ha lasciato libera di essere al contempo una manager e una mamma a tutto tondo.

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