Global Risks Report 2023: servono lungimiranza e unità di intenti

Il punto di vista di Rocco Ciciretti, Professore Associato di Politica Economica, Università Roma Tor Vergata

Rocco-Ciciretti

Questa intervista è parte di 
Global Risks Report 2023: le principali sfide per governi e imprese

Come reagisce il mondo della finanza a previsioni come quelle del Global Risks Report?
I mercati reagiscono immediatamente davanti a ogni previsione, soprattutto di lungo periodo. E reagiscono anche in maniera poco razionale. Poi, nel tempo, aggiustano la loro valutazione del rischio. Il vantaggio che ha la finanza rispetto all’economia di produzione è che riesce a reagire e ricalibrarsi molto più velocemente. La produzione si adatta alla finanza proprio perché questa riesce ad anticipare quale può essere la produzione futura in base al rischio delle informazioni che gestisce.

I rischi nel breve periodo sono di tipo economico…
E qui la finanza ha già reagito. Nel mese di gennaio ha invertito subito il trend. Le previsioni di crescita per il 2023 erano di circa l’8% e gennaio ha visto in media un 5-6%, è come se il mercato avesse già scontato le aspettative a breve termine di inflazione o recessione. Queste tendenze si riaggiusteranno con l’evolversi della situazione geopolitica. La guerra in Ucraina è uno shock esterno all’economia, non appena dovesse esserci un inizio di accordo per risolvere la situazione, subito produzione e inflazione si riaggiusterebbero. Attenzione: al netto di possibili storture indotte. Io non voglio parlare né di speculazione né di

Ci sono rischi a breve termine da affrontare oggi e rischi a lungo termine che comunque richiedono interventi immediati. Come si fa?
Bisogna porsi obiettivi di breve termine che siano coerenti con quelli a lungo termine. Il che significa dover intraprendere azioni strutturali oggi per arrivare preparati alle sfide di domani. E questo ha un costo, anche politico, per i governi. L’emergenza climatica non dovrebbe essere sopravvalutata rispetto all’emergenza sociale. Una società non sostenibile non può dedicarsi a un ambiente non sostenibile. Se io oggi mi dedico alle problematiche sociali, sto già lavorando anche per gli obiettivi a lungo termine. È necessaria un’informazione migliore, così come un’educazione al consumo. E serve unità di intenti a livello istituzionale. Non è possibile che se cambia il governo si rischino stop o passi indietro su politiche di questo tipo.

Davanti a queste emergenze ha ancora senso inseguire la crescita economica?
Probabilmente sarebbe più utile creare dei nuovi indicatori al posto di pil, bes e similari. Quei “numeretti” +1, +3, -2 dovremmo usarli piuttosto per misurare la coerenza fra gli obiettivi di breve periodo e quelli di lungo periodo. Il + indicherebbe che stiamo andando nella direzione corretta di lungo periodo.

E le aziende come devono reagire?
In Italia ci sono tante imprese “buone”, aziende che sanno fare impresa. Queste società sono riuscite a superare tanti momenti di crisi. Devono continuare a fare impresa. Devono saper comunicare i propri sforzi verso la direzione comune, la lotta contro l’emergenza climatica, far capire ai propri clienti che stanno facendo qualcosa anche per loro.

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