Mettere le mani in pasta

La riscoperta del lavoro manuale in primis. Ma anche il culto della bellezza, racchiusa nella cultura e nelle arti, e la valorizzazione dei talenti giovanili, specie quelli appartenenti alle fasce disagiate della società. Tutti mezzi per conseguire un fine ben preciso: raggiungere l’eccellenza. Diventando così un modello ispiratore, anche al di fuori del capoluogo piemontese.

Dario Odifreddi, presidente dell’associazione Piazza dei mestieri di Torino, ama citare Antoine de Saint-Exupery per spiegare la mission della realtà che guida: «Se vuoi costruire una nave non radunare gli uomini per raccogliere la legna e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito». E se «le cose essenziali sono invisibili agli occhi», sempre per ricordare l’autore del Piccolo principe, ben visibili sono, invece, i risultati conseguiti dalla Piazza dal 2004, anno in cui ha aperto i battenti nel capoluogo piemontese in memoria di Marco Andreoni, un giovane scomparso prematuramente anni prima. Quasi tremila – di cui il 15-20% stranieri – i ragazzi che finora hanno frequentato un luogo diventato simbolo per la città dell’inclusione sociale, dell’opportunità formativa e dell’inserimento lavorativo degli adolescenti tra i 14 e i 18 anni, specie quelli in difficoltà. Nel 2011, nelle botteghe artigiane dell’associazione, che sono diventate via via delle vere e proprie business unit, si sono prodotti 5 mila kg di cioccolato e 70 mila litri di birra. Il ristorante aperto al pubblico ha servito 14 mila pasti, la mensa interna ne ha erogati 24 mila e sono stati oltre 40 mila i clienti del pub. C’è poi anche una tipografia, che lavora sia per la Piazza che per l’esterno.

Come si articolano, nello specifico, le attività formative?I ragazzi studiano e imparano un mestiere, raggiungendo la qualifica o il diploma professionale dopo rispettivamente un triennio e un quadriennio. Accanto alla didattica, che spazia dalla matematica alla letteratura, fino alle lingue straniere, facciamo fare loro tanta pratica in laboratori che riproducono reali ambienti di lavoro, perché si specializzino come cuochi, barman, camerieri, pasticceri, panettieri, cioccolatieri… Per appassionare i ragazzi, e ottenere da loro il massimo, occorre che siano guidati da professionisti esperti, come appunto accade. Organizziamo anche tornei, incontri sportivi, laboratori di teatro, di danza e di musica e concorsi di poesie. Contiamo anche su un cartellone di oltre 70 eventi aperti alla cittadinanza.

Ma una volta terminati i percorsi, in quanti trovano poi collocazione lavorativa al di fuori?Fino al 2008 erano oltre l’80%. Negli ultimi tre anni, con il sopraggiungere della crisi, c’è stato un calo e la percentuale è scesa al 67%. Ma non ci siamo persi d’animo e anche per questo, nel 2010, è nato uno specifico job center con l’obiettivo di seguire i ragazzi per i due anni successivi alla loro uscita dalla Piazza dei mestieri.

Vendete con un certo successo i prodotti delle botteghe…Vede, un principio che noi troviamo intollerabile da sempre è che, poiché si fa impresa sociale, qualsiasi articolo va bene. No, i clienti esterni devono comprare gli alimenti non solo per aiutare l’associazione, ma soprattutto perché li trovano buoni. Il nostro scopo è far raggiungere ai giovani l’eccellenza.

Immagino che, però, non bastino tali proventi per tenere in piedi la Piazza. In quali altri modi vi siete sostenuti in questi anni?L’investimento iniziale, pari a 2,5 milioni di euro per l’acquisto dell’immobile dove abbiamo sede, una vecchia conceria industriale di 7 mila mq, è stato affrontato senza ricorrere a sovvenzioni pubbliche. Queste sono state invece richieste e ottenute per far fronte alla ristrutturazione e ottenere le attrezzature necessarie all’avvio delle attività (per un costo complessivo di oltre 10 milioni di euro), coinvolgendo enti pubblici e fondazioni bancarie, ovvero Comune di Torino, Regione Piemonte, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Tuttavia, abbiamo sempre voluto, accanto a un modello aperto e trasparente, anche autonomia, per cui non c’è nessun rappresentante di queste realtà nei nostri consigli direttivi. Per il resto, il nostro obiettivo è raggiungere il pareggio tra i ricavi delle attività produttive e i costi relativi.

LA PIAZZA DEI MESTIERI IN NUMERI

550 i ragazzi che annualmente frequentano i percorsi formativi, a fronte di oltre mille richieste l’annopiù di 3 mila i giovani che hanno studiato e si sono specializzati nell’associazione dal 200465 le persone che ogni giorno vi lavorano stabilmentecirca 100 i soggetti che collaborano a vario titolo70 gli eventi culturali annui, aperti alla cittadinanzaNel 2011 sono stati prodotti internamente 5 mila kg di cioccolato e 70 mila litri di birra

E da parte delle aziende, che tipo di risposte avete avuto?Fondamentale resta il sostegno degli sponsor. Siamo aiutati da oltre 700 piccole imprese. E anche da grandi realtà come L’Oreal, partner storico fin dal 2004, con cui abbiamo aperto tutta l’area beauty e personal care, e come Iren, che opera nel campo dell’energia elettrica e termica. Nel 2011 ha debuttato la Piazza 2, un nuovo complesso di circa 5 mila mq, in cui è nato un istituto tecnico superiore per le Tecnologie della comunicazione e informazione, per i ragazzi già in possesso di diploma. È stato possibile con l’appoggio del Politecnico di Torino, l’Itis Pininfarina, la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo ed Enarmonia, azienda specializzata nel cinema d’animazione.

Progetti futuri?Intendiamo esportare il modello della Piazza dei Mestieri, ma non tanto come format, non siamo interessati ad attività di franchising… Piuttosto puntiamo a essere ispiratore di policy. Come nel caso di Catania dove, entro gennaio, apriremo una nuova realtà per 150 giovani sul territorio, in collaborazione con l’associazione Arché.

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