In mare si impara a fare economia

Giovanni Soldini, 45 anni, è uno dei navigatori solitari più famosi del mondo. Nato a Milano, ha cominciato a navigare da bambino sulla barca del padre Adolfo, imprenditore nautico. Insofferente al liceo, a 16 anni si è costruito da sé la prima barca («Avevo voglia di viaggiare, di scoprire e vederecose nuove, di girare il mondo in silenzio») e oggi non si contano i primati e le regate oceaniche vinte. La prima volta in solitario, alla “La Baule-Dakar 1991”, era al timone di Sponsor Wanted (perché non li aveva) «ed è stato un grande successo di marketing». E quando fece il giro del mondo con Stupefacente Kodak («la barca più speciale che io abbia mai avuto») riuscì a mettere insieme 300 milioni di lire grazie a 48 piccoli finanziatori. Tra i suoi numerosi successi, il più celebrato è senza dubbio l’Around alone, conquistato nel 1999, anno tra l’altro del noto salvataggio della velista francese Isabelle Autissier che si era rovesciata a Capo Horn. Oggi Giovanni Soldini ha quattro figli, dai quattro ai 15 anni, ed è un piccolo imprenditore: grazie alla sua Mira srl fa tutto da solo, dalla ricerca degli sponsor agli acquisti tecnici. L’unica cosa che lo tiene legato a Milano (e alle città in generale) è il legame con i due fratelli milanesi, il regista Silvio ed Emanuele, direttore di una scuola di design. Ecologista convinto, tecnologico quanto basta, informale nel vestire ed essenziale nel quotidiano, testimonial di numerose campagne sociali, ci ha messo un attimo a dire di sì al progetto (che dir originale è poco) di Oscar Farinetti (fondatore di Eataly), di fare da capitano ad una “ciurma pensante” e portarla da Genova a New York, in una traversata in quattro tappe. Partita simbolicamente il giorno della Liberazione, 25 aprile, e approdata nella Grande Mela il 2 giugno, Festa della Repubblica, aveva l’obiettivo di scrivere un documento che risvegliasse «quell’altra Italia, coraggiosa, creativa, dei bei valori e che lavora sodo. In sintesi? Su una Ocean 71 del ‘68, sono stati invitati uomini e donne di pensiero e di azione (si sono alternati di tappa in tappa: Ugo Alciati, Luca Baffigo, Alessandro Baricco, Mario Brunello, Moreno Cedroni, Lella Costa, Luciana delle Donne, Guido Falck, Giorgio Faletti, Bruno Fieno, Maria Giua, Beatrice Iacovoni, Riccardo Illy, Marella Levoni, Matteo Marzotto, Teo Musso, Paolo Nocivelli, Piergiorgio Odifreddi, Simone Perotti, Francesco Rubino, Davide Scabin, Antonio Scurati e Daniel Winteler) con il compito di interrogarsi e confrontarsi per dar vita ad un documento,“7 mosse per l’Italia” (ora anche libro), da offrire prima all’ambasciatore di New York e tramite lui al Presidente Napolitano,«per contribuire al bene del nostro Paese». I 37giorni di mare sono stati allietati da una cambusa rifornita di ottimi cibi (ma razionati per una spesa di 4,5 euro a testa al giorno), cucinati da tre grandi chef. Gli autori dei testi sono stati aiutati da migliaia di italiani che attraverso www.7mosse.it hanno inviato i loro suggerimenti.

LE 7 MOSSE

  1. La riforma della politica MENO politici PIÙ politica

  2. Ridurre la spesa corrente COME SI FA IN FAMIGLIA

  3. Migliorare le entrate CHIEDERE PER STIMOLARE

  4. L’esercito e la democrazia SMETTIAMOLA di giocare alla GUERRA

  5. L’Italia nel Mondo INVESTIAMO sulle nostre VOCAZIONI

  6. La giustizia, l’integrazione, l’ambiente, l’energia PER LA QUALITÀ DELLA VITA

  7. Per la semplificazione, verso la laicità MENO leggi PIÙ disciplina – MENO Chiesa PIÙ Gesù

Capitan Soldini, che senso ha avuto per lei questo insolito viaggio?

Ho partecipato a questa avventura nella speranza che un viaggio simbolico e un documento del genere possano contribuire al risveglio delle coscienze e a fare in modo che le persone ricomincino a parlare e occuparsi delle cose importanti. Ma per me è stata soprattutto un’esperienza unica dal punto di vista umano. Il fatto di avere a bordo persone così speciali, ognuna con la propria storia, è stato un privilegio. All’inizio temevo che non si sarebbero adattati facilmente alla vita in barca a vela, fatta di privazioni e di regole severe. Ma è stata una bella scoperta vedere che tutti, ma proprio tutti, hanno collaborato di buon grado.

Tra le 7 mosse (Meno politici più politica, Meno sprechi più responsabilità, Meno bombe più diplomazia, Meno invocazioni più vocazioni, Meno liti più accoglienza, Meno io più noi, Meno leggi più disciplina), qual è quella che a lei sta più a cuore?

Sono tutte importanti. Forse quella che io personalmente ho come priorità è quella che Farinetti ha chiamato “Meno io, più noi” che tratta delle questioni ambientali ed energetiche e della gestione intelligente delle risorse. Oggi le energie rinnovabili sono una grande opportunità: dobbiamo solo sfruttare meglio le nostre conoscenze. E tenere ben presente che anche le risorse alimentari non sono infinite. Con la pesca intensiva abbiamo massacrato i mari. Oggi dobbiamo imparare a vivere dando la giusta attenzione alla natura, al nostro pianeta e alle sue ricchezze. E il protagonista deve diventare il cittadino responsabile e competente.

E in questo lei è un vero esempio…

Da sempre mi interesso di problemi energetici anche perché la barca a vela riproduce in piccolo tutti i problemi del mondo. Acqua, energia e cibo. In mare si impara a fare economia, non si può sfidare l’oceano con troppe zavorre. L’energia è il problema cruciale del mondo. E una delle strade è consumare il meno possibile.

Lei come fa?

La mia barca è piena di pannelli solari. Li ho studiati con un ricercatore Cnr e con una grossa società li abbiamo fatti leggeri e stagni. In una barca da regata l’energia serve: fa funzionare strumenti, pilota automatico, radar, computer. Nel giro del mondo avevo anche un generatore eolico.

Se dovesse sintetizzare la sua posizione con un “meno” e un “più”, nello stile di Farinetti, il suo quale sarebbe?

“Meno speculazioni a breve termine e più coscienza”. Più investimenti di lungo periodo. Abbiamo vissuto troppo tempo in un modello che ci impedisce di fare scelte buone e giuste in nome del reddito. Abbiamo sostituito la coscienza, la cultura, il buon senso con il guadagno a breve termine. È una corsa folle. Oggi è urgente puntare alla giusta crescita. Il profitto fine a se stesso ha una visione corta, mentre con un po’ di coscienza dentro gli si allunga la prospettiva. E anche i guadagni, quelli veri e duraturi. Sono sicuro che questa è già la mission di molti imprenditori in Italia, imprenditori che hanno e fanno coscienza. Anche se, nel nostro Paese, oggi sembra la non coscienza all’ordine del giorno. E ne paghiamo le conseguenze.

Qual è la responsabilità di chi fa impresa nel determinare il bene del Paese?

È grande, ma penso che ognuno debba semplicemente partire da se stesso, dando l’esempio, mostrando rispetto a 360°, da se stesso fino all’ambiente e al pianeta. Gli imprenditori e i manager dovrebbero liberarsi dalla schiavitù alle trimestrali della Borsa e fare scelte consapevoli e intelligenti. Dovrebbero avere ancora più coraggio di sempre.

A proposito di coraggio, è del giugno scorso un suo intervento a una giornata di formazione per dirigenti (organizzata dall’Adecco Managment School) dal titolo “Capitani coraggiosi, come prendere la decisione giusta e metterla in pratica”. Le capita spesso di fare training per manager? E chi sono, a suo parere, i veri capitani coraggiosi?

Sì, mi capita di tanto in tanto di raccontare la mia esperienza in questi contesti e in effetti ci sono molte più affinità di quanto si pensi tra un capitano di una nave e un capitano d’azienda. Ma tutti pensano che sia il navigare in solitario la mia più grande sfida. Oppure che la mia più grande dimostrazione di coraggio sia stato il salvataggio della collega francese a Capo Horn. Ma non è così. Il coraggio per me è scegliere, non farsi trasportare in una direzione che non è la tua. È seguire davvero quello che senti dentro. Così penso che il momento di maggior coraggio della mia vita l’ho avuto a 15 anni, quando mi sono innamorato della barca a vela e sono partito. Contro tutto e tutti. E avevo ragione.

Tornando alle 7 mosse, per un vero cambiamento, a suo parere, è più importante l’iniziativa personale o un intervento politico?

Tutti e due insieme: non c’è l’uno senza l’altro. Ma è anzitutto una questione culturale: e infatti il filo che lega tutte le mosse è l’attenzione alla formazione e alla scuola.

Le mosse sono consequenziali l’una all’altra?

Sì. Senza una riforma profonda del sistema politico, la prima mossa, non andremo da nessuna parte. Ma più che di riforma dovremmo parlare di una vera rivoluzione culturale che ci riporti all’idea di politica come servizio al Paese.

Lei ha detto: «In mezzo al mare il contatto con la natura e il confronto con gli elementi, oltre che un diverso rapporto col tempo, ci metteranno in una condizione di privilegio, dove le cose importanti appaiono ovvie e l’uomo trova una dimensione più giusta e più vera». È andata così? Il mare, la distanza vi hanno aiutato?

Sì. Ci si poteva trovare anche in una sala riunioni di un Hotel di Milano, ma non sarebbe stato lo stesso. Non avremmo vissuto quell’aspetto di sfida e di limite (di cibo, di acqua, di spazio, di energia) che ci ha unito e ha creato apertura e disponibilità verso gli altri. Il mare ha messo a posto tutto, come sempre.

Ma ci sono stati momenti di tensione o di disaccordo?

Sì, ma ironia e leggerezza hanno prevalso. Il confronto era pacato e rispettoso delle opinioni degli altri, non per formalità ma per sostanza. Questa è una bella cosa. Mettere insieme persone come Antonio Scurati e Riccardo Illy e vedere che non si menano non è male. Scherzi a parte, anche questo è un insegnamento che ci viene dal fatto di stare tutti sulla stessa barca. Una barca che si chiama Italia.

Cosa farete perché questo viaggio non cada nel vuoto?

So che Farinetti sta lavorando per continuare a parlare di 7 mosse in molte occasioni pubbliche, attraverso incontri e Web. E spero che qualcuno di coloro che fanno politica se ne interessi. Io per conto mio continuerò a fare quello che ho sempre fatto: il navigatore.

E in questo senso, a quali progetti sta lavorando e quali sono i suoi programmi futuri?

Sto preparando il VOR 70 con cui quest’inverno ho tentato con il mio team di fare la Volvo (Volvo Ocean Race) e tre record nell’Atlantico. A fine ottobremetteremo la barca in acqua e faremo dei test di navigazione e allenamento; poi da gennaio/febbraio 2012 tenteremo l’impresa.

C’è una regata a cui non ha ancora partecipato e alla quale ambisce?

Sono due anni che cerco finanziatori e sponsor proprio per la Volvo Ocean Race.

Ha novità per la prossima edizione del 29 ottobre?

Ci sono stati dei passi avanti. Per partecipare a una Volvo ci vogliono circa 20 milioni e il momento non è dei più prolifici per chiedere budget così importanti. Ma non mi demoralizzo. Al momento abbiamo la fortuna di avere una barca importante che ha comprato John Elkann, abbiamo l’appoggio della federazione italiana vela e del suo presidente Carlo Croce; l’intenzione è di fare questo record in Atlantico anche per iniziare a creare un gruppo che funzioni, che faccia esperienza e che stia insieme. E poi vedremo.

Qual è stato il momento più formativo della sua storia di navigatore e perché?

I due giri del mondo in solitario. Sono momenti di contatto profondo con una natura imprevedibile che ti aiuta a divenire sempre più consapevole dei tuoi limiti.

Dopo aver sfidato più e più volte la potenza degli oceani, c’è ancora qualcosa di cui ha paura?

Un sacco di cose. Dell’uomo ad esempio…

Le Passioni di Giovanni Soldini

LIBROUn altro giro di giostra di Tiziano Terzani

FILMQuelli di mio fratello Silvio

MUSICAJovanotti

PROGRAMMA TVReport

LUOGOCapo Horn

HOBBYLa meccanica

PIATTORiso integrale

SPORTIl mio

AUTOQuelle che consumano meno

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