Guido Castagna, il mago del cioccolato

Grazie al suo personale metodo di produzione, messo a punto nel laboratorio di Giaveno, nel torinese, è divenuto un campione mondiale del settore. Oltre che un esempio della possibile convivenza tra qualità e sostenibilità

Guido Castagna è una presenza fissa nell’elenco dell’International Chocolate Awards, il concorso nato nel 2012 per riconoscere l’eccellenza nella produzione artigiana di cioccolato fine. Le sette medaglie ottenute nell’edizione 2016, quattro ori e tre argenti, rappresentano l’ennesimo successo colto in un percorso iniziato nel 2002, anno in cui Castagna ha aperto un suo laboratorio a Giaveno (Torino). Qui ha iniziato a produrre cioccolato «senza fretta e senza compromessi», ottenendo riscontri tali da convincerlo ad aggiungere i due punti vendita: uno proprio a Giaveno e l’altro a Torino. In oltre dieci anni di ricerca ha messo a punto un sistema di produzione chiamato Metodo Naturale Guido Castagna, che ha inizio con l’acquisto delle fave di cacao da cooperative certificate e si conclude almeno 12 mesi dopo con il confezionamento a mano dei prodotti in pack made in Italy. Ed è proprio questo metodo a garantirgli l’interesse dei media e, in particolare, della Tv che lo vede protagonista in diverse trasmissioni. Non solo, il suo Metodo Naturale viene catalogato dal Politecnico di Torino come un esempio di approccio sistemico basato sul rispetto della materia prima, delle persone e, anche, dell’ambiente ed è stato argomento di diverse tesi di laurea.

Cosa le ha consentito di ottenere questi risultati?Il merito va a un insieme di fattori: la passione, la determinazione, tantissimo lavoro, una buona dose di fortuna e, aggiungerei, il fatto di non essere figlio d’arte. In una regione come il Piemonte, che è forse la più rinomata per quanto riguarda la pasticceria, questo ha fatto sì che nell’ambiente fossi accolto con diffidenza. Oltre a dispiacermi, questa “ostilità” mi ha reso ancora più determinato nella decisione di lavorare il cioccolato utilizzando le tecniche più tradizionali e accettando la sfida di calarle nel contesto contemporaneo. Mi ha aiutato molto anche il fatto di essere curioso: è la molla che mi spinge ad approfondire tutte le tematiche legate alla mia attività, dalla lavorazione della fava di cacao fino all’upgrade dei macchinari utilizzati per la produzione. Il mio assunto di partenza è che il sistema può essere automatizzato, ma soltanto a patto che sia la macchina ad adattarsi agli standard del prodotto e non viceversa. Questo ci ha portato, ad esempio, a richiedere al produttore di modificare il mulino a sfere che utilizziamo, inserendo dei raschiatori e degli insufflatori d’aria. Come ripeto spesso, mi piace lavorare “da pigro”, sperimentando e ricercando continuamente, senza forzature e senza compromessi.

ESSERE CURIOSO

MI HA SPINTO

AD APPROFONDIRE

TUTTE LE TEMATICHE

LEGATE ALLA MIA ATTIVITÀ

Cosa intende?La buona riuscita di una ricetta dipende per il 50% dall’eccellenza degli ingredienti e per la restante parte dalla capacità di chi la esegue di lavorarli e trasformarli senza intaccarne le qualità. Negli otto anni in cui ho fatto il consulente per una multinazionale del settore, prima di aprire il mio Atelier del cioccolato, ho avuto modo di constatare che la maggior parte dei pasticceri non sentiva il bisogno di sapere da dove proveniva e come era stato prodotto il cioccolato che stava usando. Si accontentava che la ricetta funzionasse. Quasi nessuno era al corrente del fatto che quasi tutte le varietà di cioccolato in commercio sono potassate. Si tratta di un trattamento lecito, però rispetto a un cioccolato prodotto senza l’aggiunta di sali la differenza è la stessa che esiste tra un buon vino in cartone e un ottimo barbera in bottiglia. Nel primo, le uve sono raccolte, pastorizzate e trattate per ottenere un vino che soddisfa uno standard qualitativo che resta invariato negli anni. Il barbera in bottiglia è molto più aromatico e vivo, ma può essere degustato solo se si rispettano i tempi necessari alla sua maturazione. Nel cioccolato la potassatura serve a neutralizzare l’acidità del cacao, anche a scapito delle componenti aromatiche. Le stesse che io punto a valorizzare, in modo da offrire un’esperienza di gusto unica.

Lei è uno dei pochi in Italia a utilizzare solo prodotti crudi. Come mai?La maggior parte dei pasticceri acquista dei semilavorati direttamente dalle multinazionali che, inevitabilmente, garantiscono uno standard qualitativo uguale per tutti. Ho deciso di utilizzare prodotti crudi – le nocciole, ma anche le fave di cacao – perché solo così è possibile ottenere un cioccolato capace di fare davvero la differenza. Questo, insieme al fatto che per me il legame con il territorio è un valore imprescindibile, ha fatto sì che decidessi di utilizzare esclusivamente la nocciola Piemonte Igp e di eseguire internamente tutte le fasi della sua trasformazione, in modo da mantenerne inalterati sapore e profumi. Lo stesso schema è stato applicato anche alla fava del cacao, nonostante le complessità da superare fossero maggiori. Non le nascondo che, essendo piccolini, all’inizio la vera sfida è stata riuscire a trovare piccoli lotti di fave di cacao di qualità. Mano a mano che la conoscenza del nostro particolare metodo di lavorazione si è diffusa, abbiamo cominciato a essere contattati da produttori interessati a farci assaggiare i loro cacao più pregiati.

Da cosa nasce la scelta di rifornirsi solo da cooperative certificate?I nostri cacao fini più pregiati, come il Criollo e il Trinitario, provengono da aziende che non sfruttano il lavoro minorile o forme di lavoro negative per l’uomo e per l’ambiente. Per me è una conditio sine qua non. Tanto che, per quanto possa essere lontana la piantagione, almeno una volta l’anno si va a constatare di persona che queste condizioni siano rispettate. Applico questo rigore anche a me stesso. Normalmente un’azienda che produce cioccolato utilizza personale stagionale in una percentuale che può arrivare anche al 50% o al 70%. Invece, proprio perché nel mio laboratorio la metodologia applicata è diversa, il mio personale lavora per tutto l’anno.

In che cosa consiste la sua collaborazione con l’Istituto Latino Americano?L’impegno profuso nell’acquisire una competenza specifica nella lavorazione della fava di cacao ha convinto l’Istituto Latino Americano a selezionarci in Europa come tecnici del cacao. In diverse occasioni ci hanno chiesto di tenere corsi ai campesinos per aiutarli ad affinare il loro prodotto in modo da preservarne ed elevarne la qualità. Lo scorso anno, per esempio, abbiamo organizzato due incontri in Salvador e in Guatemala in cui abbiamo proposto agli agricoltori di assaggiare un cacao sottofermentato, che ha delle note acetiche molto forti, uno sovrafermentato, che invece ha dei retrogusti di formaggio, e vari esempi di cacao torrefatti in modo diverso per far loro capire quale impatto ha tutto questo sul prodotto. È stata un’importante occasione di confronto e di crescita.

Il Metodo Naturale Guido Castagna è un sistema di produzione sviluppato con il Politecnico di Torino e l’Università del Gusto di Pollenza. Si basa su un rigoroso rispetto dei tempi in tutte le fasi di lavorazione e copre un arco temporale di almeno 12 mesi. Al loro arrivo le fave di cacao vengono sottoposte a scrupolosi controlli qualitativi per verificare definitivamente la loro idoneità e, quindi, vengono lasciate a riposare per tre mesi così da ottenere un gusto più delicato. Successivamente, vengono tostate lentamente e a bassa temperatura in modo da valorizzare la parte aromatica. A questo punto il cacao cotto è pronto per essere decorticato e utilizzato in tutte le sue parti, visto che la buccia diventa compost naturale di un’azienda agricola. Dopo essere stato temperato, il cioccolato viene modellato in forme e riposto in ambiente climatizzato per almeno sei mesi in modo da mitigarne l’astringenza/acidità a favore di uno sviluppo naturale degli aromi secondari molto pregiati, lasciando che sia il tempo a mitigarne il gusto altrimenti troppo acerbo.

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