Nel 2023, la spesa mondiale per la difesa ha raggiunto un record storico, con 2.443 miliardi di dollari spesi, un incremento che non solo riflette l’escalation dei conflitti globali, ma anche l’evoluzione del settore della difesa verso una nuova era di riarmo.
A riportarlo è il report sul Sistema Difesa presentato da Mediobanca in occasione dell’evento The Defense era: capital and innovation in the current geopolitical cycle tenutosi a Milano, durante il quale sono stati esaminati i dati finanziari di 40 multinazionali e di 100 aziende italiane che operano nel comparto della sicurezza.
Secondo il rapporto di Mediobanca, la cifra di 2.443 miliardi di dollari è paragonabile alle spese militari degli Stati Uniti durante periodi di massima tensione, come dopo l’11 settembre. A fronte di un incremento dei conflitti geopolitici, come la guerra in Ucraina e le crisi in Medio Oriente e Africa, i governi hanno risposto con aumenti significativi nella spesa per la sicurezza e si prevede che entro la fine del 2024, i ricavi delle aziende del settore cresceranno del 9%, con un ulteriore 12% nel 2025, ben oltre il tasso di crescita globale del PIL.
Guardando ancora più attentamente ai dati, il report fa notare che il settore della difesa sta vivendo una fase di espansione senza precedenti, alimentata dall’intensificarsi delle minacce internazionali e dalla corsa al riarmo. Le aziende di armi sono diventate tra le più redditizie del mondo, con un giro d’affari globale che ha sfiorato i 615 miliardi di euro nel 2023. Un trend che sembra destinato a proseguire, con i ricavi delle principali imprese del settore intenti a continuare a crescere a un ritmo superiore a quello del PIL mondiale.
Uno degli aspetti più evidenti dell’analisi è il divario tra le capacità di spesa e innovazione degli Stati Uniti e dell’Europa. Gli Stati Uniti continuano a dominare il settore, con i cinque principali produttori di armamenti (Lockheed Martin, RTX, Boeing, Northrop Grumman e General Dynamics) che detengono una quota di mercato superiore al 60%.
In termini di ricerca e sviluppo, il divario è ancora più marcato: mentre l’Unione Europea spende circa 10,7 miliardi di euro in R&S nel campo della difesa, gli Stati Uniti investono oltre 130 miliardi di euro, un rapporto che evidenzia il ritardo significativo in termini di innovazione e competitività. La differenza tra le due sponde dell’Atlantico si riflette anche nei bilanci delle imprese.
Le aziende europee hanno registrato performance azionarie superiori rispetto a quelle statunitensi dal 2022, con rendimenti eccezionali derivanti dalla crescita dei conflitti globali. Tra le aziende europee, spicca Leonardo, con ricavi di 11,5 miliardi di euro nel settore della difesa, e Fincantieri, con 2 miliardi. Eppure, nonostante questi successi, la necessità di una maggiore integrazione industriale e di una visione sovranazionale in Europa rimane cruciale per affrontare il deficit di innovazione e la frammentazione del settore.
E per quanto riguarda l’Italia? Anche la nostra Penisola ha visto un significativo aumento delle sue spese militari negli ultimi anni. La spesa per la difesa è cresciuta del 60% negli ultimi dieci anni, e nel 2024 rappresenterà l’1,42% del PIL, avvicinandosi al 2% richiesto dalla NATO. Nel contesto della crescente tensione geopolitica, l’Italia ha dovuto fare i conti con una crescente domanda di investimenti nel settore della difesa.
Le aziende italiane sono ben posizionate nel panorama europeo della difesa, con Leonardo e Fincantieri che rappresentano due dei principali attori a livello globale. Leonardo, in particolare, ha ottenuto risultati significativi, con un fatturato di 11,5 miliardi di euro nel 2023, mentre Fincantieri ha generato 2 miliardi. L’Italia è anche un player fondamentale per quanto riguarda la produzione di elicotteri, elettronica e cantieristica navale, settori in cui eccelle a livello mondiale.
Le 100 maggiori aziende italiane della Difesa, ognuna con fatturato maggiore di 19 milioni di euro e con una forza lavoro superiore alle 50 unità nel 2023, sono tipicamente dual use, ovvero venditrici di prodotti e servizi sia nel mercato civile che in quello della sicurezza. Per questa ragione, il loro fatturato aggregato, pari a 40,7 miliardi di euro nel 2023, non è attribuibile interamente alla Difesa, ma solo in una sua porzione, stimabile nel 49% del totale e pari a circa 20 miliardi (+6,6% sul 2022 e +14,7% sul 2021).
Anche per la forza lavoro, che ammonta complessivamente a oltre 181mila persone nel 2023, la quota riferita alla sola Difesa e basata in Italia si stima si attesti a oltre 54mila unità. Il valore aggiunto attribuibile all’industria della Difesa è pari a circa lo 0,3% del Pil italiano nel 2023. Va infine precisato che il settore è ancora fortemente legato allo Stato, che controlla circa il 59% dei ricavi attraverso partecipazioni pubbliche. Il rimanente 25% è nelle mani di gruppi esteri, con una crescente partecipazione di investitori internazionali.
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