Come aprire un’impresa in Italia: la guida completa

Tutto quello che devi sapere per avviare un’attività in Italia: iter burocratico, costi, forme giuridiche e incentivi per nuove imprese e startup

Come aprire un'impresa in Italia: la guida completa© Shutterstock

Avviare un’attività in proprio in Italia è il sogno di molti aspiranti imprenditori. Aprire un’impresa significa però intraprendere un percorso fatto di pianificazione accurata, scelte importanti e diversi step burocratici da seguire per rispettare la legge. La buona notizia è che negli ultimi anni questo iter è stato semplificato grazie alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, pur restando una sfida impegnativa per chi non conosce bene normative e adempimenti.

In questa guida completa spiegheremo cosa serve per aprire un’attività in Italia, passo dopo passo: dalla fase di ideazione e business plan, alla scelta della forma giuridica, fino agli obblighi burocratici per costituire l’impresa e alle agevolazioni statali disponibili. L’obiettivo è fornire una panoramica chiara e accessibile su come avviare un’impresa di successo in Italia, sia che si tratti di una piccola attività artigianale che di una start up innovativa nel settore tecnologico.

Indice dell’articolo:

Dall’idea imprenditoriale al business plan

Ogni nuova impresa nasce da un’idea imprenditoriale. Avere un’idea significa aver individuato qualcosa su cui vuoi lavorare – che sia un prodotto, un servizio o una soluzione – in grado di soddisfare un bisogno del mercato. È importante validare la tua idea attraverso ricerche di mercato e feedback dei potenziali clienti, assicurandoti che abbia reali potenzialità di successo e rappresenti magari una proposta innovativa rispetto a ciò che già esiste. Questa analisi preliminare ti aiuterà a capire se la tua idea può davvero diventare una propria attività sostenibile.

Una volta confermata la fattibilità dell’idea, il passo successivo è pianificare nei dettagli come realizzarla. In questa fase diventa fondamentale preparare un business plan, ovvero il documento che contiene le informazioni chiave della tua azienda. Il business plan mette nero su bianco la strategia e gli elementi essenziali del progetto imprenditoriale: ad esempio il modello di business, gli obiettivi a medio e lungo termine, i prodotti e servizi offerti, il target di clientela e le previsioni economico-finanziarie (piano finanziario). Si tratta di una vera e propria roadmap che ti guiderà nelle decisioni e sarà utile anche per presentare l’impresa a potenziali soci o investitori. Oltre al business plan, è consigliabile definire anche un piano di marketing, cioè le strategie operative per promuovere il prodotto/servizio e raggiungere i clienti prefissati. Una pianificazione approfondita iniziale è cruciale, perché idee imprenditoriali valide, accompagnate da un piano solido, aumentano le chance di successo dell’impresa.

Per approfondire questo passaggio: sni.unioncamere.it

La scelta della forma giuridica

Scelta l’idea e delineato il piano, chi desidera aprire un’azienda deve decidere la forma giuridica con cui costituirla. La forma giuridica è la tipologia di struttura legale che assumerà l’impresa, e va scelta con grande attenzione, perché da essa derivano molte conseguenze su responsabilità, regime fiscale, modalità di gestione e costi di avvio. In altre parole, gli obblighi e requisiti per aprire un’attività variano in base al tipo di forma societaria prescelta, così come possono dipendere dal settore e dal luogo in cui si opera.

Le principali forme giuridiche d’impresa in Italia sono: impresa individuale, società di persone e società di capitali. Ecco in estrema sintesi le loro caratteristiche:

  • Ditta individuale (impresa individuale): è la forma più semplice, adatta a chi vuole avviare un’attività da solo. Il titolare è l’unico proprietario e responsabile dell’impresa, quindi risponde di obblighi e debiti illimitatamente con il proprio patrimonio personale. Non c’è un capitale minimo da versare né l’obbligo di costituire atti societari complessi. Basta aprire una partita Iva a proprio nome e iscriversi come imprenditore individuale. Il vantaggio è la snellezza burocratica e gestionale, ma lo svantaggio è il rischio personale: l’imprenditore individuale deve essere consapevole che il proprio patrimonio e i suoi beni sono esposti alle obbligazioni dell’azienda.
  • Società di persone: è una forma collettiva costituita da almeno due soci. Appartengono a questa categoria la Società in Nome Collettivo (Snc) e la Società in Accomandita Semplice (Sas). Nelle società di persone i soci hanno responsabilità illimitata e solidale: rispondono con il proprio patrimonio personale dei debiti sociali, oltre al patrimonio societario. In una Snc tutti i soci sono illimitatamente responsabili, mentre in una Sas vi sono soci accomandatari (illimitatamente responsabili e amministratori) e soci accomandanti (che rispondono limitatamente alla quota conferita, ma non possono amministrare). Le società di persone non richiedono un capitale minimo per legge e hanno una gestione interna più flessibile, però non offrono protezione del patrimonio personale. La costituzione richiede la redazione di un atto costitutivo (un contratto sociale) preferibilmente per atto notarile, da registrare al Registro delle Imprese.
  • Società di capitali: è la forma più strutturata, in cui l’impresa acquista personalità giuridica distinta dalle persone dei soci. Fanno parte di questa categoria la Società a Responsabilità Limitata (Srl) – inclusa la variante Srl semplificata (Srls) – la Società per Azioni (Spa) e la Società in accomandita per azioni (Sapa). Nelle società di capitali vige il principio della responsabilità limitata: i soci non rispondono con il loro patrimonio personale, ma il rischio economico è limitato al capitale conferito nella società. Ad esempio, nella Srl e Spa per i debiti risponde solo la società con il suo patrimonio, non i soci. Questo tutela i soci sul piano personale, ma richiede maggiori formalità. Per costituire una società di capitali è necessario un atto costitutivo notarile e versare un capitale sociale minimo: ad esempio la Srl ordinaria prevede un capitale minimo di 10.000 euro, mentre la Spa richiede almeno 50.000 euro per legge. La Srl semplificata (Srls), introdotta nel 2012, consente di partire con un capitale anche simbolico di 1 euro ed elimina alcuni costi di costituzione, mantenendo però la responsabilità limitata come una Srl. Le società di capitali comportano inoltre obblighi contabili più rigorosi (bilanci, libri sociali) e costi annuali maggiori, ma permettono una crescita più strutturata e l’ingresso di nuovi soci investitori in futuro.

Perché è importante scegliere bene la forma giuridica? Perché da questa scelta discendono costi e adempimenti iniziali differenti e un diverso assetto di responsabilità e governance dell’impresa. Ad esempio, aprire una società di capitali comporta costi notarili e un capitale da investire, ma limita i rischi personali; una società di persone evita il capitale minimo ma espone maggiormente i soci; una ditta individuale è immediata da aprire ma il titolare non ha distinzione patrimoniale tra sé e l’azienda. È dunque fondamentale valutare questi fattori (numero di soci, capitale disponibile, propensione al rischio, regime fiscale più conveniente) magari con l’aiuto di un commercialista o consulente esperto, così da individuare la struttura più adatta al proprio progetto.

Qualunque forma giuridica si scelga, tutte le imprese, di qualsiasi natura, devono essere iscritte al Registro delle Imprese gestito dalle Camere di Commercio. L’inquadramento in una forma giuridica non è solo una formalità, ma un obbligo di legge che garantisce la legittimità e trasparenza dell’attività imprenditoriale.

Requisiti burocratici: cosa serve per aprire un’attività in Italia

Una volta definita forma giuridica e organizzazione, passiamo agli adempimenti burocratici necessari per aprire concretamente un’impresa in Italia. In linea generale, i principali passaggi burocratici per avviare una nuova attività (ad esempio un’impresa commerciale classica) sono i seguenti:

  1. Apertura della Partita Iva presso l’Agenzia delle Entrate.
  2. Iscrizione al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio competente per territorio.
  3. Invio della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) al Comune di competenza.
  4. Apertura delle posizioni Inps e Inail (previdenza e assicurazione) qualora si preveda di assumere personale.
  5. Scelta ed eventuale comunicazione del regime fiscale d’esercizio più adatto (ad es. regime forfettario se se ne hanno i requisiti).

Vediamo nel dettaglio ciascun punto. Innanzitutto, aprire la Partita Iva è un requisito imprescindibile: ogni attività economica esercitata in forma di impresa necessita di una partita IVA attiva. La partita Iva è il numero di identificazione fiscale dell’azienda, che servirà per fatturare e pagare le imposte. La procedura per ottenerla dipende dal tipo di attività: un imprenditore individuale può richiederla presentando l’apposito modulo all’Agenzia delle Entrate (anche tramite posta elettronica certificata o con il supporto di un intermediario), mentre per le società la partita IVA viene spesso attribuita automaticamente durante la pratica di iscrizione al Registro delle Imprese (essendo inclusa nella comunicazione unica).

In fase di apertura della partita Iva bisogna indicare il codice Ateco, cioè il codice che identifica il tipo di attività economica che si andrà a svolgere. Scegliere il codice Ateco corretto è importante perché da esso dipendono alcuni obblighi fiscali e contributivi specifici legati al settore di attività. Può essere utile farsi consigliare dal commercialista per individuare il codice più appropriato.

Parallelamente, va effettuata l’iscrizione dell’impresa al Registro delle Imprese tenuto dalla Camera di Commercio locale. Si tratta dell’atto formale di costituzione dell’impresa: solo dopo l’iscrizione la nuova azienda ottiene l’esistenza legale. Oggi questa procedura si svolge interamente online tramite la piattaforma di Comunicazione Unica d’Impresa (ComUnica), che rappresenta un’importante semplificazione introdotta negli ultimi anni. In pratica, la Comunicazione Unica è una pratica digitale che include tutte le informazioni sulla nuova azienda e le trasmette contestualmente ai vari enti: Camera di Commercio (Registro Imprese), Agenzia delle Entrate, Inps e Inail. In un unico invio telematico, quindi, si assolvono più obblighi contemporaneamente. Ad esempio, attraverso ComUnica si ottiene l’iscrizione camerale (con relativa posizione Rea, il Repertorio Economico Amministrativo), l’attribuzione della partita Iva, l’apertura delle posizioni previdenziali/assicurative e la registrazione ai fini fiscali.

La domanda di iscrizione al Registro Imprese va corredata dai documenti richiesti che servono per aprire l’attività, variabili a seconda della forma giuridica e del tipo di attività svolta. Per una società di capitali, ad esempio, è obbligatorio allegare l’atto costitutivo redatto dal notaio; per un’impresa individuale, la procedura è più snella e non richiede atto costitutivo ma solo i dati del titolare. Di norma la Camera di Commercio esamina e perfeziona l’iscrizione entro pochi giorni (generalmente entro 5 giorni dalla ricezione della domanda, se completa). Eventuali errori o integrazioni possono essere sanati su richiesta dell’ufficio del Registro Imprese senza dover ricominciare da capo. È importante ricordare che l’iscrizione al Registro Imprese comporta il pagamento di un diritto annuale camerale (importo variabile per settore e forma, qualche decina o centinaio di euro).

Ottenuta l’iscrizione dell’impresa, prima di poter iniziare l’attività operativa vera e propria bisogna presentare la Scia – Segnalazione Certificata di Inizio Attività al Comune dove ha sede l’azienda (o dove si svolgerà l’attività). La Scia è una dichiarazione ufficiale con la quale si comunica all’amministrazione comunale l’inizio della propria attività produttiva o commerciale. Si presenta solitamente in via telematica tramite lo Sportello Unico per le Attività Produttive (Suap) del Comune, spesso accessibile attraverso il portale impresainungiorno.gov.it. Nella Scia l’imprenditore attesta il possesso dei requisiti di legge per esercitare l’attività (ad esempio requisiti professionali, tecnici o di sicurezza) e allega eventuali documenti o certificazioni richieste per quello specifico settore. Una volta inviata la Scia completa, l’avvio dell’attività è immediato: coincide con il giorno di presentazione della segnalazione. Ciò significa che, salvo diversa indicazione, non bisogna attendere ulteriori autorizzazioni per partire: vige il principio del silenzio-assenso. Tuttavia, entro 60 giorni dal ricevimento della Scia gli enti competenti (il Suap, Asl, Vigili del Fuoco ecc., a seconda dell’attività) effettuano i controlli sulle dichiarazioni e possono chiedere integrazioni o rettifiche. Se dalla verifica emergono irregolarità e l’imprenditore non provvede a regolarizzare quanto richiesto, il Comune può disporre la sospensione dell’attività. È quindi fondamentale compilare con attenzione la Scia e assicurarsi di soddisfare tutti i requisiti normativi (es.: agibilità dei locali, autorizzazioni sanitarie, certificati di prevenzione incendi, ecc. a seconda del caso). Alcune attività particolari sono escluse dalla Scia e richiedono invece autorizzazioni preventive (ad esempio settori regolamentati come farmacie, istituti di vigilanza privata, ecc.): in tali casi bisogna ottenere la licenza/autorizzazione prima di poter iniziare. Ma per la grande maggioranza delle attività commerciali o artigianali comuni, la Scia è lo strumento abilitante standard.

Infine, se l’impresa avrà dipendenti o collaboratori, oppure se l’imprenditore stesso è tenuto a iscriversi a una gestione previdenziale specifica (come spesso accade), occorre procedere con l’apertura delle posizioni Inps e Inail. Attraverso la Comunicazione Unica o direttamente tramite gli enti, si attiva la posizione Inps dell’azienda (ad esempio la gestione commercianti o artigiani per l’imprenditore individuale, o la posizione aziendale per versare contributi dei dipendenti). Analogamente, la posizione Inail viene aperta per assicurare contro gli infortuni sul lavoro i lavoratori dell’azienda (obbligatoria se si hanno dipendenti o si svolge attività a rischio). L’Inps assegnerà una matricola o codice contributivo all’azienda, e da quel momento l’impresa dovrà rispettare gli obblighi contributivi (pagamento periodico dei contributi previdenziali per sé e i lavoratori, denunce mensili Uniemens, ecc.). Anche questo adempimento oggi viene in buona parte gestito online, spesso con l’ausilio del consulente del lavoro.

Per approfondire questo passaggio: sni.unioncamere.it

Regime fiscale e obblighi contabili

Parallelamente agli step burocratici amministrativi, chi apre una nuova impresa deve anche scegliere il regime fiscale con cui operare. Per le imprese individuali e le società di persone di piccole dimensioni, in molti casi è possibile aderire al regime forfettario, un regime fiscale agevolato previsto per i nuovi imprenditori con ricavi fino a 85.000 euro annui. Il forfettario prevede una tassazione fissa al 15% (imposta sostitutiva) sui profitti calcolati in maniera forfettaria, con varie semplificazioni contabili (niente Iva a debito e a credito, esonero da molte dichiarazioni).

Inoltre, se si tratta di una nuova attività e si rispettano certe condizioni (non aver esercitato attività simile nei tre anni precedenti, etc.), l’aliquota forfettaria è ridotta al 5% per i primi 5 anni di attività, come incentivo di avviamento. Questo significa che una startup individuale potrebbe pagare solo il 5% di imposte sui redditi d’impresa inizialmente – un notevole vantaggio fiscale per chi inizia.

La scelta del regime fiscale deve essere fatta all’inizio dell’attività (di solito comunicandola nella dichiarazione di inizio attività all’Agenzia Entrate o nella Comunicazione Unica). In alternativa al forfettario c’è il regime ordinario, obbligatorio per società più strutturate o per chi supera i limiti: in tal caso l’impresa sarà soggetta a Iva, contabilità ordinaria e tassazione Ires/Irpef e Irap secondo le regole generali. È importante valutare con un consulente la convenienza del regime forfettario rispetto all’ordinario, in base alle prospettive di fatturato e costi dell’azienda.

Da notare che, indipendentemente dal regime fiscale scelto, aprire un’impresa oggi implica anche dotarsi di alcuni strumenti digitali obbligatori. Tra questi: un indirizzo di Posta Elettronica Certificata (Pec) dell’impresa (va comunicato al Registro Imprese al momento dell’iscrizione) e una firma digitale per firmare gli atti e inviare pratiche telematiche.

Tutto questo può sembrare complesso, ma grazie alla Comunicazione Unica e ai servizi online oggi gran parte dell’iter è guidato e centralizzato. In caso di dubbi, è consigliabile farsi affiancare da un professionista (commercialista o consulente) che possa occuparsi della pratica burocratica in tua vece, evitando errori.

Costi iniziali per aprire un’impresa

Un aspetto da non trascurare quando si avvia un’attività è la stima dei costi iniziali. Avviare un’impresa comporta infatti dei costi, talvolta anche significativi, anche se molto dipende dal tipo di attività e dalla scala del progetto. Si va dalle spese burocratiche e amministrative ai costi per locali, attrezzature, materie prime e così via. In generale possiamo distinguere due categorie: costi burocratici di costituzione e costi di investimento per l’avvio operativo.

Costi burocratici e amministrativi: comprendono tutte le spese necessarie per espletare gli adempimenti di legge. Tra le voci principali ci sono:

  • Imposta di registro per l’apertura della nuova posizione: circa 200-400 euro a seconda della forma societaria.
  • Attivazione di Pec e firma digitale per l’impresa e per i soci: circa 50 euro a persona.
  • Spese notarili per la costituzione (atto costitutivo, statuto): possono variare indicativamente tra 1.000 e 2.500 euro in base al tipo di società e alla complessità dell’atto. Da ricordare che questa voce si applica solo si costituisce una società mediante notaio; non serve invece per la ditta individuale.
  • Diritti di segreteria e costi Camera di Commercio (pratica di iscrizione con Comunicazione Unica): in totale circa 100-200 euro. La Comunicazione Unica ha costi contenuti, legati alle tasse di concessione governativa e diritti camerali di prima iscrizione.
  • Compenso per l’assistenza di un commercialista o altro professionista che curi le pratiche di apertura: mediamente 500-1.500 euro a seconda dei servizi richiesti. Questa spesa è facoltativa ma spesso consigliabile, soprattutto per chi non ha esperienza con la burocrazia.

Oltre a queste, va ricordato il diritto annuale camerale dovuto ogni anno alla Camera di Commercio (circa 50-120 euro per le imprese individuali, più alto per società di capitali) – comunque per il primo anno spesso è dovuto solo pro quota se l’iscrizione avviene in corso d’anno. Come menzionato, le start-up innovative godono di esenzioni su diversi di questi costi nei primi anni.

Costi di investimento e avvio operativo: sono molto variabili e dipendono dal tipo di impresa. Includono ad esempio: l’affitto o acquisto di un locale (negozio, ufficio, capannone), l’acquisto di attrezzature, macchinari, arredi, l’acquisto di materie prime o merci iniziali per partire, le utenze (energia, internet), eventuali spese per permessi speciali o formazione (es. corsi obbligatori come Haccp se apri un’attività alimentare), i costi per iniziare il marketing e far conoscere la nuova impresa. Qui le cifre oscillano moltissimo: aprire un piccolo e-commerce da casa richiederà poche centinaia di euro per un computer e un sito web, mentre avviare un ristorante può richiedere decine di migliaia di euro di attrezzature e lavori.

Secondo alcune stime, per aprire una micro-impresa o ditta individuale sono necessari circa 10.000-15.000 euro almeno, considerando un minimo di scorte e spese iniziali. Invece la costituzione di una società di capitali con un prodotto/servizio innovativo può facilmente superare i 50.000 euro di investimento, specie se sono necessari investimenti in ricerca e sviluppo, tecnologie o personale qualificato. Queste cifre possono salire ulteriormente in settori ad alta intensità di capitale (es. manifattura avanzata, produzione industriale, ecc.).

Naturalmente si tratta di medie indicative: variano in base al tipo di attività e alle strategie dell’imprenditore. Un accurato budget nel business plan aiuta a capire cosa serve per aprire un’attività in termini finanziari e ad evitare di trovarsi senza risorse a metà percorso.

Suggerimento: prima di partire, assicurati di avere un capitale iniziale sufficiente o accesso a finanziamenti per coprire sia i costi di avvio che qualche mese di gestione senza entrate. È prudente prevedere un fondo di riserva perché i ricavi potrebbero tardare a stabilizzarsi. Spesso nuove imprese sottovalutano i costi o sovrastimano gli incassi iniziali: un errore da evitare per non trovarsi in difficoltà economica subito dopo l’avvio.

Agevolazioni e incentivi per nuove imprese

Lo Stato italiano e le varie istituzioni locali mettono a disposizione diverse agevolazioni, incentivi e finanziamenti per chi decide di aprire una nuova impresa, specialmente se innovativa o guidata da giovani e categorie speciali. Ecco alcune opportunità da considerare, che possono dare una “spinta” iniziale al tuo progetto:

  • Finanziamenti agevolati Invitalia (Nuove Imprese a Tasso Zero): si tratta di un programma nazionale dedicato agli under 36 e alle donne di qualsiasi età che avviano nuove imprese. Nel 2025 questo strumento continua a essere attivo e offre finanziamenti a tasso zero (senza interessi) fino a coprire il 90% delle spese ammissibili per l’avvio, con piani di rimborso molto favorevoli. È un prestito agevolato erogato da Invitalia, spesso combinato con una quota di contributo a fondo perduto. Può essere un’ottima fonte di capitale iniziale per start-up giovanili in settori tradizionali o innovativi.
  • Contributi a fondo perduto e bandi regionali: molte Regioni e enti locali pubblicano periodicamente bandi che offrono fondi a fondo perduto (cioè somme di denaro che non vanno restituite) per sostenere la creazione di nuove imprese e idee imprenditoriali sul territorio. Spesso questi bandi sono rivolti a start-up innovative o imprese in settori considerati strategici (es. digitale, green economy, imprese femminili, ecc.). Ad esempio, il fondo nazionale Smart&Start Italia gestito da Invitalia eroga contributi e finanziamenti per start-up tecnologiche innovative in tutta Italia. Altre iniziative come Resto al Sud offrono incentivi finanziari a giovani imprenditori che aprono attività nelle regioni meridionali. È bene informarsi presso la propria Camera di Commercio, Regione o su portali come il Mimit sulle opportunità attive al momento dell’avvio.
  • Regime fiscale forfettario al 5%: come già detto, chi avvia una nuova attività individuale (o professionale) e rientra nei requisiti può beneficiare della tassazione forfettaria al 5% per i primi 5 anni. Questo è un incentivo fiscale molto potente, perché riduce drasticamente il carico tributario iniziale, lasciando più risorse finanziare all’imprenditore per reinvestire nella crescita. Dopo i 5 anni l’aliquota passerà al 15%, ma resta comunque vantaggiosa rispetto al regime ordinario Irpef.
  • Incentivi per le assunzioni: periodicamente lo Stato introduce sgravi contributivi per le aziende che assumono determinate categorie (giovani under 30, disoccupati da lungo tempo, donne in rientro al lavoro, ecc.). Quando pianifichi il tuo business, verifica se sono attivi incentivi sulle nuove assunzioni che potrebbero ridurre il costo del personale per i primi anni (ad esempio decontribuzioni totali o parziali). Questo può aiutare una nuova impresa a permettersi di allargare il team.
  • Fonti alternative di finanziamento privato: oltre al sostegno pubblico, oggi è sempre più diffuso il ricorso a investitori privati. Ad esempio il crowdfunding, ossia la raccolta di capitali tramite piattaforme online, permette a chi ha un progetto valido di ottenere fondi direttamente da una “folla” di finanziatori in rete. Ci sono piattaforme di reward crowdfunding (in cui offri un prodotto o ricompensa in cambio del finanziamento) e di equity crowdfunding (in cui cedi quote della start-up in cambio di capitale): queste ultime sono regolamentate in Italia e adatte a startup innovative. Un’altra via sono i business angel e i venture capitalist, investitori istituzionali o individui facoltosi disposti a investire capitale di rischio in nuove imprese con alto potenziale, in cambio di una partecipazione societaria. Molte aziende famose (anche internazionali come Airbnb, Dropbox ecc.) sono decollate proprio grazie al supporto iniziale di investitori visionari. Certo, ottenere capitali privati richiede di avere un progetto molto convincente e scalabile, ma vale la pena conoscere queste possibilità se il tuo obiettivo è crescere velocemente.

Le startup innovative in Italia e i relativi vantaggi

Negli ultimi anni si sente spesso parlare di start-up innovative in Italia. Non si tratta solo di un termine di moda: esiste proprio una qualifica giuridica di “startup innovativa” introdotta dal legislatore nel 2012, pensata per favorire la nascita di imprese ad alto contenuto tecnologico. Una startup innovativa è essenzialmente una società di capitali (tipicamente una Srl) che possiede specifici requisiti di innovatività (ad esempio sviluppa prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, ha un certo volume di spese in ricerca e sviluppo, impiega personale altamente qualificato, ecc.).

Queste società possono iscriversi in una sezione speciale del Registro delle Imprese dedicata alle startup innovative entro 5 anni dalla loro costituzione. Perché conviene rientrare tra le startup innovative? Perché la normativa prevede numerose agevolazioni e semplificazioni per incentivarne la crescita. In particolare, le startup innovative sono esonerate da alcune spese burocratiche: ad esempio non pagano bolli né diritti di segreteria per l’iscrizione al Registro Imprese e per gli atti successivi. Inoltre, sono esentate dal pagamento del diritto annuale camerale per i primi 5 anni di attività. Si tratta di risparmi piccoli in valore assoluto, ma simbolicamente importanti (costituire una Srl startup innovativa è praticamente gratuito dal lato oneri di registro).

Ma i vantaggi non finiscono qui: le startup innovative godono di incentivi fiscali per chi investe nel loro capitale (detrazioni/deduzioni Irpef/Ires per i soci investitori), possono accedere a finanziamenti agevolati dedicati a livello nazionale e regionale, hanno la possibilità di raccogliere capitali tramite equity crowdfunding in deroga alle norme ordinarie, beneficiano di regole del lavoro più flessibili (possono ad esempio assumere personale con contratti a tempo determinato più lunghi del normale), possono portare perdite oltre il limite senza dover ricapitalizzare subito, e in caso di insuccesso hanno procedure concorsuali semplificate (principio del fail-fast). Tutto ciò ha l’obiettivo di creare un ecosistema favorevole all’innovazione, sul modello di quanto avviene in altri Paesi. Dunque, se il tuo progetto rientra nei canoni dell’innovatività, valutare la strada della start-up innovativa può essere molto conveniente.

Tieni presente però che per mantenere lo status di startup innovativa occorre rispettare annualmente i requisiti di legge (che vengono monitorati) e che tale status è temporaneo: dopo 5 anni (o al superamento di certe soglie di fatturato/dipendenti) l’azienda uscirà dalla sezione speciale, potendo eventualmente passare allo status di Pmi innovativa se ne ha i requisiti, o diventando una normale società di capitali.

Conclusione

In conclusione, aprire un’impresa in Italia richiede impegno su diversi fronti: bisogna avere una visione chiara (idea valida e business plan), scegliere con attenzione la veste giuridica più appropriata e navigare con pazienza tra gli adempimenti burocratici iniziali. Grazie alle riforme recenti, molti passaggi sono stati digitalizzati e semplificati – ad esempio la Comunicazione Unica consente di costituire l’impresa in tempi rapidi e con meno moduli rispetto al passato. Tuttavia, restano molti aspetti normativi da rispettare, e la conoscenza di ogni passaggio è fondamentale per evitare errori che potrebbero compromettere il progetto.

Il consiglio pratico è di pianificare tutto nei dettagli e, quando necessario, affidarsi a professionisti qualificati (commercialisti, consulenti del lavoro, notaio, associazioni di categoria) che possano guidarti. Dalla scelta del regime fiscale più conveniente alla compilazione di una Scia corretta, dal calcolo del capitale iniziale alla fruizione di un incentivo pubblico, l’aiuto giusto può farti risparmiare tempo e risorse preziose. Aprire un’impresa è certamente una sfida, ma con la giusta preparazione e supporto può diventare un percorso sostenibile e ricco di soddisfazioni. L’Italia offre opportunità interessanti per chi ha spirito imprenditoriale: con idee innovative, una buona esecuzione e l’uso accorto di incentivi e strumenti disponibili, la tua nuova attività può partire con il piede giusto e crescere con successo nel mercato.

Resta sempre aggiornato con il nuovo canale Whatsapp di Business People
© Riproduzione riservata