Viaggio allo Zeits Mocaa Museum: l’arte riscopre l’Africa

L’hanno già ribattezzato il Tate Modern di Città del Capo: è il più grande museo di arte contemporanea del continente e promette di diventare una tappa obbligata per gli appassionati del settore

Non è proprio a portata di mano. E il suo nome non è facilissimo – un intreccio di “z”, “t” e vocali che rendono la pronuncia assai ostica – tuttavia lo Zeitz Mocaa Museum di Cape Town (Sudafrica) è una tappa (quasi) obbligata per gli appassionati d’arte contemporanea, che rimarranno affascinati, oltre dalle collezioni esposte, anche dalla storia della struttura. Partiamo da quest’ultima: altro non è che un ex silos di grano abbandonato, nel cuore dell’Africa. Edificio simbolo degli anni ‘20, poi caduto in disuso negli anni ‘90, dal 2017 il Grain Silo Complex ha cambiato pelle grazie al lavoro, in chiave neo-brutalista, dell’architetto e designer inglese Thomas Heatherwick. Ora questo colosso di cemento, alto 60 metri, è la sede del più grande museo di arte contemporanea africana.

I numeri e la storia dello Zeitz Mocaa Museum

La sua realizzazione non è stata facile: ci sono voluti nove anni di lavori, 500 milioni di Rand (32 milioni di euro circa) e la volontà di più soggetti, non solo africani. Se oggi, infatti, il Zeitz Mocaa Museum svetta su Cape Town lo si deve al collezionista tedesco Jochen Zeitz. Brillante uomo d’affari (a soli 30 anni è stato a.d. di Puma), da tempo Zeitz stava collezionando opere di arte contemporanea legate all’Africa e agli artisti appartenenti alla Diaspora, con l’ambizione di restituire tali capolavori ai cittadini africani. Cercando una sede in grado di ospitare la propria collezione si è imbattuto nel curatore Mark Coetzee, di origine sudafricane, e poi nello staff di V&A Waterfront, una delle zone più turistiche e visitate del Sud Africa. L’affarista ha così appreso della volontà autoctona di riqualificare il Grain Silo Complex, in modo però da conferirgli una funzione sociale. Il museo era la soluzione perfetta: l’ex granaio era sufficientemente grande per ospitare le opere d’arte e, al contempo, queste avrebbero valorizzato culturalmente un edificio simbolo del continente. Dalla partnership tra Zeitz è V&A Waterfront è nata così l’associazione pubblica non profit Zenitz Mocaa. Se la V&A Waterfront si è fatta carico dei costi di riqualificazione del Silos, donando poi l’edificio alle istituzioni, il tedesco Zeitz ha invece dato vita alla collezione permanente presente all’interno del museo, concedendola in prestito a lungo termine e assumendosi il compito di aggiornare le opere nel tempo, con la consulenza di Coetzee. L’affarista tedesco si è detto disponibile anche a sostenere parte dei costi di gestione. Il risultato? Un colosso di 9.500 metri quadri, sviluppato su nove piani (due interrati e sei in altezza) che ospitano quasi 100 gallerie, oltre a un hotel di lusso a 5 stelle, un giardino di sculture situato sul tetto, ristoranti stellati, una libreria, svariati laboratori e sale lettura. Lo spazio espositivo occupa, da solo, oltre 6 mila metri quadri e viene introdotto da un imponente atrio, di grande impatto visivo: sfruttando i 42 cilindri di cemento che compongono il silos e giochi di luce, l’architetto Thomas Heatherwick ha trasformato l’ingresso in un’enorme cattedrale dal sapore industriale.

La riscoperta degli artisti contemporanei africani

Ed è proprio varcando la soglia del Mocaa che si comprende l’ambizione di Zeitz: dare corpo e voce all’immaginario africano, valorizzandone il genio creativo. Non che questo sia sconosciuto al mercato internazionale. Anzi. Gli artisti contemporanei africani sono sempre più rivalutati tanto che, nelle aste, le quotazioni delle loro opere sono cresciute dalle cinque alle dieci volte nell’ultimo decennio. Quello che però manca è una piattaforma che riunisca le opere, finora disperse tra i musei del mondo, esponendole in maniera continuativa e promuovendole a livello globale. Il Zeitz Mocaa ambisce a colmare tale vuoto. Dei suoi nove piani, due sono infatti dedicati alla collezione permanente, mentre un altro paio è destinato alle mostre temporanee. Tantissimi gli artisti rappresentati, tutti appartenenti alla Diaspora e al 21esimo secolo: tra questi, Nicholsa Hlobo, la cui opera Dragon apre la mostra; Athi-Patra Ruga, performer e videomaker amato da Louis Vuitton; cui si aggiungono Kudnazai Chiurai, Danilla Mooney, Isaac Julien, Liza lou, solo per citarne alcuni. Non mancano peraltro i nomi di esordienti, che non avevano mai avuto una galleria personale in cui esporre. Poco importa: il collezionista Zeitz dà spazio anche a loro, perché il museo vuole essere un magmatico serbatoio della creatività autoctona. Qui si sperimenta, si guarda al futuro, osando persino giocare tra le arti.

Cinema e fotografia protagonista al Mocaa

Al Mocaa non troverete infatti solo l’arte contemporanea, quadri, sculture e pitture: il museo spazia dal cinema alla fotografia, ospitando al suo interno i Centre for the moving image, Centre for performative Practice, Roger Ballen Foundation Center for Photography e il Costume Istitute. Il primo è dedicato all’immagine in movimento intesa sia in chiave classica, ossia come pellicola cinematografica, sia come installazioni realizzate con l’ausilio dei new media. Ben cinque le sale proiezioni disponibili, che ripropongono i film cardine della filmografia del continente. Tra l’altro l’area del Centre for the moving Image è l’unica ad avere mantenuto l’aspetto originale del Silos, per dare vita a un gioco di specchi tra storia e progresso. Il Centre for performative Practice approfondisce, invece, i rapporti interdisciplinari e le arti performative, affrontando anche temi scottanti come l’immagine del corpo delle donne di colore. Spazio inoltre alla fotografia, con il Roger Ballen Foundation, e alla storia del costume, a cui è dedicato l’istituto presente al secondo piano. Ma non è finita: per promuovere la cultura sul territorio, il Mocaa ospita anche un laboratorio rivolto alla professione del curatore, workshop e programmi per le scuole. Proprio per diffondere la conoscenza dell’arte tra la popolazione, l’ingresso è accessibile a tutti, sono previste forte agevolazioni per i giovani e il mercoledì mattina il biglietto è sempre gratuito. Naturalmente lo spirito sotteso non è solo filantropico: stando a quando dichiarato dallo stesso Zeitz, la regola su cui poggia il Mocaa è quella delle quattro C, ossia Conservazione, Comunità, Cultura e Commercio. Tradotto: la memoria delle opere va tutelata, l’ingresso è gratuito e la cultura è il mantra ispiratore, ma non esiste una reale promozione senza business. Chiunque voglia comprare le opere esposte si prepari a un’agguerrita contrattazione…

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