Volkswagen, Berlino ammette: «Test truccati anche in Ue»

Volkswagen ha manipolato i test sulle emissioni anche in Europa. Lo ha detto il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt. «Siamo stati informati che anche in Europa i veicoli con motori diesel 1.6 e 2.0 sono stati manipolati», ha detto il ministro a Fox News, aggiungendo che non è ancora chiaro quanti veicoli siano coinvolti. E arrivano anche le ammissioni di Audi: sono 2,1 milioni le auto con Quattro cerchi coinvolte.

COMPLICITÀ. Lo scandalo, intanto, si allarga: Francia, Germania e Gran Bretagna che oggi approvano l’indagine Ue, «avrebbero fatto lobby per mantenere l’escamotage nei nuovi test delle vetture, così da consentire le emissioni reali del 14% superiori», srive il Guardian. I test risalgono infatti al 1970, mentre i nuovi esami saranno disponibili solo dal 2017.

Intanto, il pm Raffaele Guariniello di Torino ha aperto un’inchiesta sul caso Volkswagen a proposito delle vetture in circolazione. Si ipotizzano i reati di frode in commercio e disastro ambientale tra i reati ipotizzati.

DIMISSIONI A RAFFICA. Matthias Mueller prende il posto di Martin Winterkorn (che intanto finisce sotto indagine) al vertice di Volkswagen. Il Ceo di Porsche viene chiamato per prendere le redini aziendali in pieno scandalo, mentre prosegue il repulisti dei responsabili della truffa sui test anti inquinamento: lasciano il cda anche Wolfgang Hatz di Porsche e Ulrich Hackenberg di Audi. A rischio anche Heinz-Jakob Neußer e Michael Horn, responsabile del gruppo tedesco negli Usa.

Intanto, Auto Bild getta ombre anche sui concorrenti di Bmw. Secondo la testata, i veicoli bavaresi produrrebbero emissioni 11 volte superiori ai test su strada. Il titolo crolla del 10%, ma la società smentisce: «Bmw non manipola i suoi veicoli». Ma la Commissione Ue non sembra intenzionata a lasciar cadere le accuse nel vuoto.

LE AMMISSIONI. Il Ceo di Volkswagen, Martin Winterkorn, si era dimesso in seguito allo scandalo per superare i test anti inquinamento negli Usa e non solo. «Non ero a conoscenza di alcun comportamento scorretto», il suo messaggio di addio, «mi dimetto perché il Gruppo ha bisogno di un nuovo inizio». Intanto, il governo di Berlino nega di essere mai stato informato dei trucchi utilizzati dalla casa automobilistica.

Lo scandalo Volkswagen aveva infatti assunto i contorni della caccia alle streghe. Stando infatti a quanto riportato dal sito Die Welt, il governo tedesco era a conoscenza della controlli falsati sui gas di scarico della Volkswagen effettuati in Usa. La prova sarebbe da rintracciarsi in una dichiarazione del ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, rilasciata nel corso di una interrogazione dei Verdi del 28 luglio: alla richiesta, sollevata dai politici ecologisti, di prendere posizione sul problema di manipolare gli impianti capaci di riconoscere se una vettura si trova in un test di prova, Dobrindt aveva risposto di condividere «l’opinione della Commissione Europea, che ha sottolineato come l’impegno volto a eliminare i meccanismi manipolativi non si sia ancora del tutto affermato nella prassi comune». Da qui, la conclusione del sito Die Welt: «Al ministero dei Trasporti era chiara l’esistenza della tecnica di spegnimento, cioè in gergo tecnico il riconoscimento del test, come è stato scoperto negli Usa sui veicoli Volkswagen».

CONTROLLI ANCHE IN ITALIA. Nel frattempo, il dieselgate si estende a macchia d’olio: il numero dei veicoli truccati sarebbe pari a 11 milioni di vetture secondo le ammissioni della casa di Wolfsburg. Più di quanto la Volskwagen riesce a immatricolare in un anno solare. In tutto il mondo sono quindi scattati i controlli, Italia compresa: «Nei prossimi giorni avvieremo delle verifiche che consentano di stabilire se c’è stato un fenomeno di questo genere anche da noi», dichiara Claudio De Vincenti, sottosegretario della presidenza del Consiglio. «Si tratta di un caso molto importante perché, per un verso, è ambientale e per un altro è anche di concorrenza: truccando i dati, ci si avvantaggia rispetto ai concorrenti».

INCHIESTA UE. E i guai non si fermano: Bernard Sapin, ministro francese delle Finanze, ha chiesto «un’inchiesta europea per rassicurare i cittadini». E da Bruxelles sembra farsi largo questa idea: «Andremo in fondo», aveva fatto sapere la Commissione Ue prima delle ultime ammissioni, «è prematuro dire se sia necessaria qualsiasi misura di sorveglianza specifica anche in Europa e se i veicoli Volkswagen venduti in Europa abbiano lo stesso difetto. Stiamo comunque prendendo in esame la questione molto sul serio. Siamo in contatto con l’azienda e l’Agenzia Usa per l’Ambiente (Epa). Per il bene dei nostri consumatori e dell’ambiente, abbiamo bisogno di avere la certezza che l’industria rispetti scrupolosamente i limiti sulle emissioni delle auto».

IL TONFO. Volkswagen ha infatti accusato pesanti perdite in Borsa nella prima parte della settimana. Pesa in particolare la maximulta che l’ente americano di controllo, l’Epa, comminerà per la truffa: si potrebbe arrivare fino a 18 miliardi di dollari, ma potrebbe arrivare anche un grosso sconto se verranno considerati solo i numeri delle immatricolazioni sul territorio americano.

Per uno scandalo analogo, Toyota sborsò 1,2 miliardi di dollari nel 2010. Alla cifra andranno in ogni caso aggiunti i costi per il richiamo delle auto e le penali. Come pena accessoria – come già accaduto per Gm (blocchetti di accensione difettosi, 900 milioni di dollari di multa) e per i giapponesi (accelerazioni improvvise indipendenti dal conducente), i dirigenti di Vw potrebbero essere costretti a chiedere scusa davanti al Congresso.

LO SCANDALO. Grazie a un software installato appositamente nella centralina, il motore riconosceva le condizioni di test e “truccava” le emissioni di azoto facendole risultare inferiori al normale grazie ai dispositivi anti inquinamento, che venivano poi disattivi nella marcia normale arrivano a far sprigionare inquinanti da 10 a 40 volte superiori a quelle dichiarate. Una vera e propria frode ideata per spingere la vendita dei motori diesel nel Nord America dove non avevano mai spopolato proprio perché considerati “sporchi”.

LE CONSEGUENZE. Intanto, Volkswagen ha annunciato che bloccherà la vendita dei modelli motorizzati diesel a marchi Volkswagen e Audi (Golf, Jetta, Passat, Maggiolino e Audi A3), cioè qualcosa come il 23% delle vendite complessive del gruppo negli Stati Uniti (dati di agosto). «Il board della Volkswagen prende molto sul serio le violazioni accertate. Io sono personalmente profondamente dispiaciuto che abbiamo deluso la fiducia dei nostri clienti e del pubblico», aveva detto domenica il poi dimissionario Winterkorn. «Volkswagen collabora con le autorità per chiarire la cosa completamente e il più presto possibile».

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