Versace, l’imperativo è tutelare il made in Italy

L’imprenditore della moda e parlamentare Pdl contro il Decreto Sviluppo che così come formulato «priverebbe di ogni protezione molte opere del design industriale italiano che sono divenute negli anni una bandiera della nostra creatività»

Per Santo Versace l’imperativo deve essere la tutela del made in Italy. L’imprenditore, a capo dell’omonima maison di moda, nonché parlamentare Pdl è chiaro, per difendere realmente la nostra creatività bisogna fare di più. Quanto previsto dal Decreto Sviluppo al vaglio della maggioranza, della quale egli stesso fa parte, necessita di correttivi. E Versace non esita a proporli e lo fa attraverso una lettera aperta pubblicata da Il Sole 24Ore. Sotto accusa la norma inserita all’art. 8, comma 10, quella che dovrebbe sostituire l’art. 239 del Codice della proprietà industriale, eliminando dalla precedente formulazione il riferimento alle opere che “erano” di pubblico dominio, in quanto mai registrate come disegni e modelli prima del 19 aprile 2001 (data di entrata in vigore del d.lgs. n. 95/2001, di recepimento della Direttiva design n. 98/71/CE). Secondo Versace tale norma, se approvata definitivamente «priverebbe di ogni protezione molte opere del design industriale italiano che sono divenute negli anni una bandiera della nostra creatività e del Made in Italy», ovvero tutte quelle creazioni antecedenti al 2001. Secondo l’imprenditore la norma così come formulata presenterebbe altresì «profili di incostituzionalità (per violazione dei principi di uguaglianza, parità di trattamento e legittimo affidamento) e di incompatibilità rispetto sia alle direttive comunitarie sul copyright che escludono, che il diritto d’autore possa essere subordinato a qualsiasi formalità di registrazione». Insomma per Versace la norma va soppressa, altrimenti in Italia nessuno sarà più incentivato a puntare sul made in Italy. Il rischio è che si perda il primato dell’innovazione, della creatività e del gusto.

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