L’orologeria meccanica di alta gamma ha un rapporto piuttosto “schizofrenico” con la tradizione e con il suo passato. Nel senso che, anche quando questo passato non esiste, gli uffici marketing di alcune marche se lo inventano di sana pianta o quasi, arrampicandosi sugli specchi con collegamenti spericolati per dare continuità a manifatture artigianali che hanno serrato i battenti da cento e rotti anni o rispolverando nomi di antichi maestri – spesso anche dimenticati – che nulla hanno a che vedere con le relative realtà odierne, se non giusto un nome e un cognome da spendere per questioni di storytelling a uso e consumo di un pubblico non particolarmente competente in materia.
I nostri cugini d’Oltralpe questa curiosa abitudine non l’hanno da oggi, ma da almeno un secolo e l’aspetto davvero bizzarro è che di tali escamotage “iper-genealogici”, attualmente, non ce ne sarebbe nemmeno più bisogno, perché le produzioni contemporanee di queste aziende sono perlopiù di ottimo profilo qualitativo. Insomma, siamo dinanzi ai misteri del marketing orologiero, forse poco propenso alle novità o soltanto avaro di fantasia. E ciò, nella divulgazione odierna, ci deve bastare. D’altro canto sono diverse le case svizzere di orologi con una storia pluricentenaria vera e propria alle spalle e la ginevrina Vacheron Constantin ha addirittura in “vetrina” il cartello con la scritta “aperto” ininterrottamente dal 1755, tanto per sgombrare il campo da equivoci.
IL PAESAGGIO CIRCOSTANTE Di fronte a questo mare magnum generalizzato e storicizzato di comunicazioni non propriamente veritiere, nasce la necessità di dotarsi di enti terzi che certifichino con oggettività i valori aggiunti di taluni modelli, come la precisione di marcia, la maestria delle finiture o un mix di entrambe le eccellenze. Nel primo caso, quando un segnatempo meccanico ottiene la certificazione ufficiale della sua precisione di marcia si fregia del titolo di “cronometro” (“chronometre” in francese o “chronometer” in inglese). E dal 1973 l’unica associazione autorizzata a rilasciare tale certificato è il Cosc (Contrôle Officiel Suisse des Chronomètres), un ente indipendente con sedi a Bienne, Ginevra e Le Locle, che nei suoi laboratori testa per 15 giorni il movimento (non l’orologio assemblato ma soltanto il movimento), che viene “promosso” nel caso in cui lo scarto medio resti compreso fra -3 e +6 secondi al giorno. Badate bene: parliamo di cifre enormi; sono annualmente, infatti, oltre 1 milione e 300 mila i movimenti certificati dal Cosc (di cui 800 mila circa appartengono al Gruppo Rolex). Mentre in termini di certificazione “totale” (per un range che va dalla qualità delle finiture estetiche alla precisione dell’orologio in ogni circostanza, dalla robustezza alla durata nel tempo) è almeno da menzionare la “Qualité Fleurier”, avviata nel 2004 dai “colossi” dell’omonima regione svizzera – ossia Chopard e Parmigiani – ma poi estesa a tutti i produttori svizzeri di alta orologeria meccanica (e quindi non solo alle manifatture di Fleurier), perché all’epoca il Punzone di Ginevra verificava ancora unicamente il movimento.
Il logo del Punzone di Ginevra, che possono sfoggiare solo i modelli in grado di rispettare i suoi rigidi criteri. Dopo lo “scisma” di Patek Philippe, a oggi sono solo quattro le maison che compaiono nei registri ginevrini: Vacheron Constantin, Roger Dubuis, Chopard e Cartier
SAVOIR FAIRE ELVETICO Questa lunga premessa per arrivare al “nocciolo” del Poinçon de Genève, che in italiano, per l’appunto, viene tradotto nel meno poetico Punzone di Ginevra. La sua eccellenza e la sua capacità di sopravvivere a cambiamenti epocali è dettata da regole ferree che hanno, però, saputo assecondare le innovazioni e le necessità figlie del progresso, come, da ultima, la verifica di tutto l’orologio e non soltanto del suo movimento.
La sua nascita, logicamente, deriva da esigenze di “oggettività” dell’epoca, perché nel XVII secolo la città di Ginevra si impone come marchio di qualità superiore per i movimenti orologieri, ma alcuni fabbricanti non ginevrini fanno i “furbi” e si spacciano per tali. Per questo, nel 1886, la Société des horlogers de Genève richiede al parlamento cittadino una misura protettiva ed esso, prontamente, decide di combattere l’uso illecito del nome “Ginevra” per proteggere la sua fiorente industria. E a 130 anni dalla nascita, il Punzone di Ginevra rappresenta tuttora la somma del miglior savoir faire orologiero.
Per comprendere appieno quanta acqua è passata sotto i ponti, basta fare un paio di esempi efficaci. Quando, nel 1886, il Gran Consiglio della Repubblica Elvetica e le autorità dell’omonimo Cantone istituiscono il Punzone, la certificazione di qualità più antica – e, ribadiamo, più prestigiosa – ad appannaggio degli orologi meccanici progettati e assemblati nel relativo Cantone, Karl Benz brevetta la Motorwagen – ossia la prima vettura a motore con accensione elettrica, carburatore, due posti a sedere con freno e acceleratore che si azionano a mano – e contemporaneamente, di fronte all’isola di Manhattan, viene inaugurata la Statua della Libertà. In sintesi, un altro mondo. E il Punzone di Ginevra, dopo tutto questo tempo, è sopravvissuto in gran forma, per una esclusività che oltre è dettata da numeri inequivocabili. Difatti, in 130 anni di storia i marchi che figurano nei registri ginevrini sono soltanto cinque: Patek Philippe, Vacheron Constantin, Roger Dubuis, Chopard e Cartier. E, addirittura, fino al 1996 erano solo due le maison a poterselo “permettere”: Patek Philippe e Vacheron Constantin.
IL POINÇON DE GENÈVE DI OGGI Dal 1886 al 2009 la gestione del Punzone di Ginevra è stata affidata all’École d’Horlogerie per criteri che riguardavano solo il movimento. Poi, anche a causa dello “scisma” che si è verificato nel 2009, con la manifattura della famiglia Stern che ha deciso di abbandonare il Punzone di Ginevra – dopo esserne stata una “ambasciatrice” più che centenaria – per stilare al proprio interno il Sigillo Patek Philippe, ossia una “autocertificazione” di qualità per i suoi orologi meccanici, controllando l’orologio nella sua globalità (dalla creazione fino alla consegna, garantendo la manutenzione e la riparazione di tutti gli orologi realizzati dalla nascita della casa, avvenuta nel 1839, a oggi), le autorità ginevrine hanno deciso di affidare la gestione della prestigiosa certificazione al laboratorio indipendente Timelab e dal 2011 i criteri includono oltre al movimento anche l’orologio nella sua interezza.
NORME AUREE Il Poinçon de Genève, innanzitutto, garantisce l’autenticità e l’identità regionale, attestandone l’origine, nonché il rispetto delle più nobili tradizioni dell’orologeria meccanica e la perizia dei maestri orologiai ginevrini. Sostanzialmente comporta il rispetto di tre condizioni iniziali fondamentali e di ulteriori criteri qualitativi. I segnatempo che ambiscono al marchio scudettato devono essere stati assemblati e regolati nel Cantone di Ginevra, essere numerati e soddisfare i criteri manifatturieri stabiliti dal comitato tecnico. Come già accennato, per quanto riguarda il movimento, il comitato tecnico si riserva il diritto di adattare in qualsiasi momento i criteri relativi ai nuovi materiali in base alle innovazioni tecnologiche sorte nel settore (e in 130 anni è ovviamente cambiato il mondo). In ogni caso vi sono regole fondamentali per tutti i singoli componenti, tra montaggio, finiture e decorazioni, oltre che per l’orologio nella sua totalità. A riguardo della finitura dei componenti, esistono dodici criteri: smussatura e disegno manuale dei ponti, lucidatura dei bordi e smussatura del ruotismo; le loro caratteristiche: tipo di bilanciere-spirale, tipo di indici, spessore della ruota di scappamento. E l’assenza di determinati elementi non di livello (come le molle a filo). Seguono test di precisione (l’orologio non deve superare il minuto di scarto nell’arco di una settimana), impermeabilità (deve resistere almeno alla pressione dichiarata dal marchio), riserva di carica (almeno quella dichiarata dal fabbricante) e altri controlli funzionali. Infine i tecnici di Timelab visitano le manifatture dei marchi per controlli a sorpresa.
Per una esclusività, lo ribadiamo, ancora sancita dall’oggettività dei numeri. Annualmente, infatti, sono soltanto 24 mila – lo 0,0008% dei 30 milioni di orologi “Swiss Made” – quelli marchiati con il Punzone di Ginevra, appannaggio, nel mercato odierno, di un numero di marchi che stanno larghi nelle dita di una mano. Perché l’orologeria meccanica di alta gamma ha una qualità complessiva considerevole. Poi, sopra, parecchio sopra, vengono gli standard del Poinçon de Genève. Perciò, buon compleanno e lunga vita!
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