Orologi di lusso di lunga durata

Viaggio alla scoperta dei segnatempo con riserva di carica quasi infinita

Il piacere di guidare una utilitaria o il lussuoso sfizio di spingere l’accele­ratore di una fuoriserie è condizio­nato – anche – dalla frequenza con cui è necessario “sostare ai box” per rifornirsi di carburante, perché in en­trambi i casi non è mai piacevole avere una scarsa autonomia di marcia. In que­sto caso l’orologeria assomiglia al settore automobilistico.

Nei segnatempo da polso la riserva di marcia tradizionale va indicativamente dalle 30 alle 50 ore e, per questo motivo, è consigliabile per tale categoria ricarica­re l’orologio a carica manuale una volta al giorno. Allo stesso tempo anche quel­li a carica automatica necessitano di una giusta dose di energia data dal movimen­to del polso altrimenti – come magari ca­pita quando andiamo al mare e non lo in­dossiamo per molte ore della giornata – dopo un paio di giorni li troviamo scari­chi o indietro rispetto all’ora corretta.

Questo tipo di problematiche si as­sottigliano di fronte a riserve di carica che raddoppiano o triplicano l’autono­mia consueta quando non vanno anco­ra decisamente oltre. Nella rassegna di questo mese presentiamo il meglio del mercato mondiale della “lunga dura­ta”, con la vetta rappresentata dal Lan­ge 31 di A. Lange & Söhne, che raggiunge lo stratosferico dato di un mese senza bisogno di nessuna ri­carica manuale.

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Se guardiamo ai “semplici”, ore, minuti e secondi (al centro o “piccoli”, a ore 6), datario (a ore 3 o al 6) e riserva di carica di otto giorni sono la scelta in “purezza” di Blancpain, con il Villeret in oro rosso dal quadrante bombato in smalto bian­co grand feu (che opta per la carica au­tomatica), e di Iwc, con il Portoghese in acciaio che invece preferisce la più clas­sica carica manuale.

Sul fronte dei “complicati”, Panerai, con il Radiomir 1940 Equation Of Time in ac­ciaio, abbina otto giorni di autonomia con l’“equazione del tempo” – che regi­stra la differenza in minuti tra tempo so­lare e tempo medio – attraverso un mo­vimento a carica manuale che indica an­che il mese oltre alla data. Altri due su­blimi calendari a carica manuale, en­trambi con sette giorni di riserva di cari­ca, per Audemars Piguet, con il Millenary Quadriennium in oro rosa, che consen­te di reimpostare l’ora una sola volta ne­gli anni bisestili, e per H. Moser & Cie., con l’Endeavour Black Golden Edition, un perpetuo con grande datario e visua­lizzatore della riserva di carica in edizio­ni limitata a dieci esemplari.

In una rassegna simile non poteva poi mancare una riserva di carica di (addirit­tura) 14 giorni in abbinamento al tourbil­lon, nel “trionfo” di scheletrature e inci­sioni artigianali del Vacheron Constantin Métiers d’Art Mécaniques Gravées.

VERSO LA SOLUZIONE DI UN PROBLEMA

Caricare ogni giorno l’orologio manuale attraverso la corona consuma guarnizioni, lubrificanti e relativa tenuta stagna ben più di una carica settimanale. Così, per fare un celebre esempio, Panerai nei suoi orologi storici da polso per la Regia Marina Militare Italiana aveva incassato l’Angelus, un movimento da tasca con riserva di carica di ben otto giorni.Oggi, con l’evoluzione dei materiali, la problematica relativa all’usura di guarnizioni e lubrificanti è ridimensionata, ma il valore aggiunto di una lunga riserva di marcia è rimasto intatto, anche perché influisce sulla precisione dell’ora (a fine carica l’orologio è meno puntuale). In generale, la riserva di carica “allungata” si ottiene con un doppio bariletto che utilizza gradualmente l’energia immagazzinata dalla carica della corona o della massa oscillante nei movimenti automatici.

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