Il lato b dell’alta orologeria

È stata nascosta per decenni, privando l’appassionato della vista di meccanismi perfetti e decorazioni sopraffine. Poi d’un tratto lo spettacolo del tempo in movimento si è spostato più sul retro che sul quadrante

Prima tra le celebrità, poi tra la gente comune, è esplosa la mania del selfie – l’au­toscatto ai tempi dei so­cial – e subito dopo è ar­rivato il belfie, ossia il selfie del “lato B”. Anche nell’orologeria meccanica da polso, che pur ha una storia cente­naria alle spalle, la scoperta del “lato oscuro della luna” è piuttosto recen­te. Il motivo è soprattutto pratico. Fino a qualche decennio fa, i materiali uti­lizzati non consentivano a un fondel­lo in vetro zaffiro un’impermeabili­tà soddisfacente o una robustezza de­gna di orologi che, nell’aspettativa dell’acquirente, devono rimanere in atti­vità anche per le future generazioni, come per altro auspica una fortunata quanto efficace campagna pubblicita­ria di un noto marchio di alta gamma: «Ogni tradizione ha un suo inizio. Un … non si possiede mai completamen­te. Semplicemente, si custodisce. E si tramanda».

The dark side of the moon

In realtà, per questa chiusura a prio­ri, c’entrava anche un aspetto legato alla tradizione. Il fondello è da sempre chiuso, tanto basta, sia ai costrutto­ri sia agli appassionati più reazionari, per non accettare l’idea di un tale sve­lamento delle “parti intime” dell’ama­to segnatempo. In questo senso i “pa­neristi” – ovvero gli amanti degli oro­logi Panerai – più integralisti e i colle­zionisti di orologi d’ispirazione milita­re in genere tuttora gradiscono decisa­mente di più i modelli con fondo chiu­so rispetto a quelli con oblò traspa­rente e vista sul treno del tempo che fa muovere le lancette. Così nelle aste internazionali abbiamo ancora oggi esemplari dalla meccanica sopraffi­na, realizzata rigorosamente a mano, come cronografi e tourbillon e ripeti­zioni minuti, risalenti ai primi venti o trent’anni del ‘900 che, come massi­mo spettacolo, sul retro della cassa in metallo prezioso hanno inciso il nome e cognome del magnate, dell’attore o del musicista che hanno acquistato – e spesso commissionato su misura – quella meravigliosa creatura. È dai primi anni del nuovo millennio che si è diffusa la pratica di mo­strare il movimento attraverso la tra­sparenza di un vetro zaffiro (e nei mo­delli meno costosi, grazie a un ve­tro minerale, molto meno resisten­te ai graffi rispetto allo zaffiro sinteti­co, in sostanza inscalfibile, usato abi­tualmente anche per proteggere il qua­drante) e ora, in certi casi, quasi se ne abusa. Nel senso che un movimento industriale senza nessuna decorazio­ne e con finiture standard è probabil­mente più opportuno tenerlo nasco­sto. Come andrebbero tenuti nascosti i movimenti troppo piccoli e i relati­vi anelli di contenimento, detti “ciam­belle”, che li bloccano al centro del­le casse sovradimensionate che sono in voga ai nostri giorni. Dovete sape­re, per l’appunto, che progettare, co­struire e industrializzare un movimen­to da zero, che indica anche solo le ore e i minuti, costa diversi milioni di euro. Spesso, quindi, le case acquista­no movimenti base da altre manifattu­re e li adattano ai loro modelli e non è raro trovare sul mercato movimen­ti con 50 e oltre anni di storia dentro a casse ultramoderne. Il problema, però, è che questi movimenti sono nati per stare dentro a casse di 34 millimetri – o anche meno – e incassarli oggi in diametri di 46 o 49 millimetri compor­ta, come detto, l’utilizzo di antiesteti­che ciambelle contenitive sul fondello e, peggio ancora, fa sì che sul lato del quadrante si vedano il datario o i con­tatori dei piccoli secondi o dei secon­di cronografici più vicini al perno cen­trale delle lancette di ore e minuti che ai margini ester­ni, intorno agli indici delle ore, dove dovrebbe­ro stare. Poi però ci sono vere e pro­prie opere d’ar­te meccani­ca, dove tutto è dove dovrebbe essere. Spettaco­li funambolici di ruote e ingranag­gi in continuo movimento che potreb­bero aver realizzato i padri nobili del­l’orologeria, come Abraham Louis Bre­guet, e non dei super-artigiani in am­bienti sterili di stabilimenti modernis­simi in una qualche valle svizzera l’inverno scorso. Finiture mozzafiato. De­corazioni a mano fatte da uomini e donne con decenni di esperienza per quella specifica mansione. E soluzio­ni tecniche fantascientifiche, inimmaginabili anche soltanto dieci anni fa, grazie all’utilizzo di idee e tecnologie prese in prestito – si fa per dire – dal­l’industria aerospaziale. Insomma, sul fondello di certi orologi, in stile Blade Runner, possiamo ben dire: «Ho visto cose che voi umani…».

FONDELLO TITANICO

Il Rolex Oyster Perpetual Deepsea è l’unico orologio di questo articolo che ha il fondello chiuso (guarda gli altri). E il motivo è semplice. È anche l’unico orologio di questo articolo in grado di scendere a 3.900 metri sotto la superficie del mare senza esplodere

Il nome stesso di questo modello riporta al Deep Sea Special, prototipo sperimentale che nel 1960 ha raggiunto la profondità di 10.916 metri nella Fossa delle Marianne nell’Oceano Pacifico. Le differenze sostanziali con gli altri “cugini” subacquei – Submariner e Seadweller – sono la cassa sovradimensionata (da 40 a 44 mm), l’anello in acciaio ad alta resistenza (e trattato all’azoto) collocato tra il vetro e il fondo della cassa, il vetro zaffiro leggermente bombato e notevolmente più spesso rispetto agli altri Oyster e, per finire, appunto, il fondello (caso unico per i modelli Rolex) realizzato con una lega in titanio, inossidabile ed estremamente resistente. Tutto ciò per contrastare l’enorme pressione esercitata dall’acqua a tali profondità (cassa in acciaio Ø 44 mm, euro 9.900).

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