La Biennale di Venezia fuori dall’Arsenale

Le mostre più intriganti si trovano fuori dai percorsi tradizionali, tra palazzi storici, calli e campielli. Vi consigliamo quelle da non perdere

Oltre la Biennale c’è di più. Se l’arte contemporanea domina l’Arsenale e i Giardini di Venezia sotto la guida del direttore Ralph Rugoff (interessante fin nel titolo questa 58esima edizione: May You Live In Interesting Times, fino al 24 novembre), è tra palazzi storici, calli e campielli che si trovano le mostre più intriganti.

Punta della Dogana, ad esempio, celebra i dieci anni del suo innovativo progetto culturale su cui il magnate François Pinault ha investito energie, denari e dedizione con la poetica mostra Luogo e Segni. Da non perdere a Palazzo Grassi, gioiello della Pinault Collection, la personale del belga Luc Tuymans, tra i migliori artisti contemporanei in circolazione: s’intitola La Pelle come il romanzo di Curzio Malaparte cui è ispirata (fino al 6 gennaio 2020). La sua pittura soave emoziona in modo indicibile.

E poi ci sono i “magnifici tre” del recente passato: Alberto Burri (1915-1995), Arshile Gorky (1904-1948) e Jean Dubuffet (1901-1985), una miscellanea di talenti che dimostra la complessità e varietà dell’arte del Secondo Novecento. Burri. La pittura, irriducibile presenza (fino al 28 luglio) alla Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore mette in mostra una cinquantina di opere dell’artista dei “sacchi” e delle combustioni che fu capace di plasmare la materia come un demiurgo. Ca’ Pesaro risponde con la prima, magnifica retrospettiva italiana su Gorky (fino al 22 settembre). Da autodidatta geniale, attraversa il Surrealismo, il Cubismo, la Ritrattistica, l’Astrazione: è il precursore dell’Espressionismo Astratto americano, un portento di emozioni e turbamenti (muore suicida nel ‘48, ad appena 44 anni) davanti al quale è impossibile rimanere indifferenti.

Infine, ma non meno importante, il ritorno in Laguna di Dubuffet grazie a una raffinata esposizione a Palazzo Franchetti, organizzata da ACP e dalla Fondazione Dubuffet, per la curatela di Sophie Webel e Frédéric Jaeger, tra i massimi esperti del campione dell’“ art brut” (fino al 20 ottobre). Sono riportate in Laguna le opere che l’artista stesso aveva presentato alla Biennale di Venezia del 1984, insieme a foto, lettere e articoli dell’epoca, oltre ai lavori presentati a Palazzo Grassi nel ‘64, per la sua personale. Dubuffet sconcertò tutti con le sue intuizioni, i suoi grafismi, la sua arte affollata e a tratti scomposta: in pochi lo apprezzarono negli anni ‘60, negli anni 80 era considerato un eccentrico. Oggi osserviamo – di nuovo a Venezia – i suoi lavori e non possiamo che definirlo un visionario.

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