Ritorno al futuro

Moderne con uno sguardo al passato, ibride nel motore e nello stile: la sfida per le vetture di domani comincia adesso. Ma una tendenza è chiara: ogni automobilista avrà il suo marchio su misura

I cervelli degli strateghi del marketing fumano, le matite dei designer si consumano come non mai. Perché ai piani alti delle grandi case automobilistiche si sente profumo di ripresa delle vendite e l’imperativo categorico è riuscire ad azzannare il maggior numero possibile di nuovi clienti, naturalmente ammaliandoli oggi con quella che loro, gli automobilisti, vedono come un’auto proiettata a ruote fumanti nel domani. In parole povere, si tratta di azzeccare la formula del futuro, l’auto 4.0. Già, ma come fare? Le strade intraprese dai vari marchi sono molte, spesso divergenti tra loro. La ricerca di un cocktail di stili, un mix tra familiare, monovolume, compatta, fuoristrada, motori, cambi che si riveli una schedina del Superenalotto vincente. Partiamo da chi ha applicato la prima legge del design industriale, quella che per avere successo occorre raggiungere l’essenziale perfezione di una macchina per scrivere Olivetti Lettera 22 o di una lampada Arco, quella firmata Castiglioni che da più di quarant’anni nobilita i salotti di vip o presunti tali in tutto il mondo.

Ian Callum (Jaguar)

Gilles Vidal (Peugeot)

Nel dna di casa Fiat puntare all’essenziale è una vecchia regola, non per niente nel 1967 un umile cerchione in lega leggera targato Torino e montato, tra le altre, dalle A112 Abarth, ha vinto il Compasso d’oro, l’Oscar del design. E allora ecco l’intuizione dei caporioni dell’équipe di Marchionne: cercare il futuro guardando al passato, togliendo, per prima cosa, il divano posteriore. Risultato: un capolavoro minimal chic costruito a partire dalla Fiat 500, la Abarth 695, la citycar da corsa. Ecco i suoi numeri: due posti secchi, 997 chilogrammi, 190 cavalli, 230 chilometri orari e 5,9 secondi per arrivare col tachimetro a quota 100 quando scatta il verde. «Andare di corsa resterà sempre per gli appassionati di belle auto uno stile di vita», dice Carlo Magnanini, artefice del progetto della microcar al pepe verde, piuttosto piccante anche nel prezzo, fissato in 39.900 euro. La 695 merita un marchio tutto suo, quello, appunto, dello scorpione nero in campo giallorosso.

Perché una delle tendenze che vanno per la maggiore è dare non solo un’auto ma anche un marchio su misura a ogni automobilista. Ed ecco che Citroën si divide e fa nascere il brand Ds per la sua produzione top, basata su tanta sostanza e sull’esclusività, che resta un formidabile argomento di vendita. L’ultima Déesse (in lingua originale Dea) è la 5, dimostrazione ambulante che anche una crossover può essere elegante, da preferire con la motorizzazione ibrida dieselelettrica, quella che sembra più promettente per i prossimi anni. Per la versione lusso e sfarzo (a quattro ruote motrici) il preventivo sfiora i 47 mila euro, ma una delle leggi eterne del mercato recita che «il bello si paga» e la Ds5 è bella sia fuori sia dentro con un abitacolo da haute couture.

LA PRIMA LEGGE DEL DESIGN

INDUSTRIALE? PUNTARE

SULL’ESSENZIALE

Preferite la formula low cost, peraltro destinata a bissare i successi aerei anche sulle strade? A partire da 14.950 euro c’è la sorellastra più accessibile della Ds, la Citroën Cactus, che alcuni maligni nei blog definiscono un clone della prima Audi A3. In realtà la personalità è di prima mano, con le ruote alte e il corrimano sul tetto che cavalcano la moda del momento e tanti dettagli fatti apposta per contenere il prezzo. Certo, ritrovarsi a viaggiare dietro in piena estate e scoprire che i vetri si aprono a compasso, roba che non si vedeva dalle Y dei primi anni Duemila, non è un’esperienza esaltante, ma basta scorrere il libretto di uso e manutenzione per scoprire chicche come l’airbag del passeggero che scende dal padiglione per risparmiare spazio o le protezioni laterali che proteggono dai piccoli urti e dai graffi, che c’è da giurarci, piaceranno poco ai carrozzieri… In questo caso la formula del futuro è tanto valida quanto vecchia come il mondo: offrire al cliente il miglior rapporto qualità-prezzo.

Il futuro è qui

In perfetta sintonia con il progetto Ds è, invece, la Vignale, una super-Mondeo con cui debutta il brand di lusso della galassia Ford. «Con questa vettura siamo entrati nel mondo del sartoriale a quattro ruote», dice Jim Farley, vicepresidente della company statunitense, «un universo in cui ogni acquisto è un fatto unico… Il futuro? Proporre ai clienti anche servizi a valore aggiunto che rendano l’esperienza Vignale una parte importante della loro vita». Ovviamente viene da chiedersi quale possa essere (e per chi) il valore aggiunto di cui parla Farley. Per chiarire le cose ecco un sempio lampante: la borsa Vignale Weekender, con un prezzo al chilo da capogiro ma molto ben fatta, capostipite di una valanga di oggetti che, sperano in casa Ford, nessun cliente vorrà farsi sfuggire, ma anche la presa e consegna a domicilio quando occorre fare un tagliando.

Entrate nel futuro, signori, e in attesa che nell’after market ci vendano anche una linea dedicata e griffata di prosciutti di cinta senese o un orologio con il calendario perpetuo, perché questa è la tendenza inesorabile, entriamo nei porti sicuri della terra d’Albione, dove Land Rover traccia una strada non inedita, ma originale con la Evoque Cabriolet. Il trucco? Semplice, almeno in apparenza, togliere il tetto a un Suv. Già visto, verrebbe da sentenziare, ma stavolta l’operazione è perfettamente riuscita, almeno a giudicare dalle fotografie passate sul Web, dato che la vettura si potrà comprare solo l’anno prossimo. Il suo punto di forza? La capote in tela che scompare nel bagagliaio, alternativa ai tetti d’acciaio che vanno per la maggiore fin dagli anni ‘90, che sono tanto belli da vedere ma hanno come effetto collaterale notevoli aumenti di peso.

UNA DELLE FORMULE DEL FUTURO

E’ VECCHIA COME IL MONDO:

OFFRIRE IL MIGLIOR RAPPORTO

QAULITA’-PREZZO

C’è, poi, chi crede fermamente che le tecnologie di domani siano quelle di ieri. Ecco che cosa risponde André Abboud, responsabile del progetto della Renault Kadjar, a chi gli chiede se la crossover francese avrà motorizzazioni ibride o elettriche: «Perché mai dovremmo farlo?», dice secco il manager, «quando con il gasolio otteniamo livelli di anidride carbonica inferiori a 100 grammi al chilometro? Preferiamo sviluppare un’ampia gamma di modelli a basse emissioni che poche varianti a presunto impatto zero». Abboud, dunque, non ha paura di andare controcorrente, di preferire l’uovo Kadjar oggi a un’ipotetica gallina elettrica di domani.

Ma che dire del coraggio della Mercedes che per conquistare nuovi clienti ha cancellato la classe A che tanto piaceva alle donne? La sostituta Cla Shooting Brake è stata sviluppata in una gamma con allure e prestazioni fatta di vetture piccole ma Mercedes a tutti gli effetti, riconosciute dagli automobilisti a colpo sicuro. Ricetta tedesca con cui si va sul sicuro come con lo stinco alla bavarese. Infatti, l’ha cucinata anche Bmw con la monovolume formato famiglia Gran Tourer, che offre il plus delle prestazioni e della guida sportiva, due ingredienti eterni come pomodoro e basilico. E le spider? E le coupé? Piccoli numeri destinate a palati fini…

© Riproduzione riservata