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Lifestyle

Le auto del futuro? Salotti a quattro ruote

La parola d’ordine per le vetture di domani è comodità. In tutti i sensi: dalle tecnologie per la sicurezza agli accessori extra lusso, lo stress al volante sarà solo un ricordo. E c’è perfino chi monta un impianto audio da sala concerti

Da sempre un’auto è quella cosa su quat­tro ruote che ti porta da un punto A fino a un punto B. A cam­biare nel tempo è sta­to il come: fino agli anni ‘80 la stragran­de maggioranza degli uomini avrebbe risposto «il più velocemente possibile», esprimendo un concetto che è finito se­polto sotto montagne di autovelox, tutor, pistole laser e altre diavolerie tecnologi­che assortite. Usciti dunque, spesso mal­volentieri, dall’era sociologica dei record da casello a casello, non restava che rassegnarsi. Che cosa cercare, allora, dalle macchine costrette a non passare i 130 all’ora pena sonore mazzate al conto in banca? Semplice: che non ci mettano fu­ria, che non incitino alla competizione con gli altri automobilisti, che siano con­fortevoli ai massimi livelli e, per concen­trare il tutto in un’unica parola, che sia­no “antistress”.

Pietro Innocenti (Porsche Italia)

Andrea Tozzi (Istituto Piepoli)

Fatto che non ha intaccato il fascino del­le supercar, che hanno solo ampliato la gamma delle loro lusinghe. Sentite, per esempio, come Pietro Innocenti, diretto­re di Porsche Italia, invita a consolarsi gli orfani dei 200 e rotti all’ora: «Chi ha la passione per le grandi auto ama anche la grande musica e adesso che l’Hi-Fi ca­salinga è praticamente estinta, surclas­sata da playlist e cuffiette, non c’è oc­casione migliore di un viaggio per go­dere di un ascolto da sala concerti. Noi diamo la possibilità di ordinare i sistemi Bose o Burmester e quest’ultimo, nella Panamera e nella 911, ha 16 casse e mil­le watt di potenza. Un’esperienza uni­ca…». I puristi potrebbero obiettare che alla Scala non si sentono né il motore né il rotolamento degli pneumatici e allo­ra eccoli serviti: anche sulla Tesla Model S, l’elettrica californiana che accelera da zero a 100 in tre secondi e può raggiun­gere i 250 all’ora, si ascolta musica a li­vello esoterico, con in più il vantaggio di avere come sottofondo solo il soffio del­l’aria che accarezza le forme della car­rozzeria. E siccome siamo in tema di antistress, il geniale fondatore della socie­tà, Elon Musk, ha investito milioni per eliminare la principale remora nei con­fronti delle elettriche dure e pure: quella dell’autonomia. Che fare se si resta sen­za elettricità in una città italiana in cui le colonnine di ricarica sono rare come i panda? Tesla risponde con quasi 500 chi­lometri da percorrere tutti d’un fiato pri­ma di trovare una spina cui attaccarsi per fare il pieno di watt. Lo stress, semmai, si è riversato sui conti dell’azienda, che nel secondo trimestre di quest’anno sono ri­sultati in rosso per circa 184 milioni di dollari a causa degli immensi costi di ri­cerca e sviluppo di nuovi prodotti.

Sì, è vero, probabilmente chi possiede gli 80 mila euro necessari per portarsi in ga­rage la creatura di Musk di motivi per es­sere stressato non ne ha poi molti. E allo­ra ecco il comfort e l’assistenza alla gui­da in versione low cost sotto forma del­la Kia Optima nella versione 2016. A un prezzo più che ragionevole, la casa co­reana offre cruise control di ultima gene­razione, sistema di frenata automatica nei casi di emergenza, telecamera che scru­ta il mondo a 360 gradi attorno alla vet­tura, rilevatore dei veicoli che ci seguo­no e stanno negli angoli morti degli spec­chi retrovisori e un sistema che impedi­sce l’abbagliamento dei guidatori provenienti in senso contrario, il tutto coordinato da un display da otto pollici e an­che sensori radar che fanno restare auto­maticamente in corsia, a meno che non si giri il volante. Insomma, se non si gui­da da sola, poco ci manca e l’intercon­nessione è sviluppata ai massimi livelli. «Stiamo entrando nell’epoca dell’Internet of Things, quella in cui tutto sarà connes­so con tutto», conferma Andrea Tozzi, vi­cepresidente e direttore del dipartimen­to marketing dell’Istituto Piepoli, uno dei più attenti osservatori delle nuove ten­denze italiane e internazionali. «L’utiliz­zo delle nuove tecnologie per migliora­re l’esperienza alla guida e il comfort per l’automobilista saranno, quindi, gli ele­menti chiave delle case costruttrici per avere successo nei prossimi anni. Tenete conto che questo vale ora per le auto di lusso, ma nel giro di pochi anni diventerà la norma anche per quelle di fascia me­dia o bassa…».

C’è, poi, una marca che fin dagli albo­ri ha come missione quella di toglie­re preoccupazioni a chi sceglie una del­le sue vetture. Si tratta della Volvo, sto­ricamente sinonimo di sicurezza, sem­pre prodiga di parole quando si tratta di snocciolare i suoi primati. Solo per cita­re qualche evento saliente nell’avventu­ra del costruttore svedese, nel 1959 sono state introdotte le cinture a tre punti d’at­tacco per i sedili anteriori, un anno dopo i cruscotti imbottiti e nel ’64 il primo pro­totipo di un seggiolino per bambini posi­zionato in senso opposto a quello di mar­cia. Niente male come antistress: non te­mere più di spaccarsi la faccia contro il parabrezza, poter mettere il pupo in cassaforte… Oggi, naturalmente, i principa­li sistemi di sicurezza sono alla portata di molti se non di tutti e la Volvo che ti fa? Crea un’atmosfera unica, che ti toglie davvero ogni smania di arrivare un mi­nuto prima a scapito dello stato di salu­te delle coronarie. Merito di interni ac­coglienti e razionali, disegnati in base ai più avanzati concetti ergonomici. Descri­vere a parole quello che si prova stando al volante di una V60 Cross Country non è facile. Proviamo a farlo dicendo che la nuca percepisce un poggiatesta diver­so da tutti gli altri, più user friendly, che i materiali che ti circondano non “urlac­chiano” con il linguaggio del lusso cafo­ne, ma rassicurano con la concretezza del bello in versione scandinava. Aggiun­gete la trazione integrale e il gioco è fat­to, la strada filerà via liscia sotto alle ruo­te di grande diametro.

L’ultima segnalazione la merita la Infini­ti Qx30, in grado di sfatare il luogo co­mune che dipinge le crossover come piuttosto scomode perché sacrifica­no gli spazi interni sull’altare del desi­gn della carrozzeria. Qui i sedili sono particolarmente confortevoli e c’è tan­to spazio per le gambe sia davanti sia dietro anche per gli over uno e 80. Gra­zie agli accordi tra Nissan (di cui Infini­ti è il marchio top) e Daimler, poi, nel­l’abitacolo è profusa a piene mani tec­nologia Mercedes. Già, ma quale ver­sione scegliere? Il due litri turbo a ben­zina da 211 cavalli o il 2.2 turbodiesel da 170? Dati alla mano, si parte con i confronti: un piccolo stress, è vero, ma sarà l’ultimo…