L’importanza di essere Freddie Mercury

Il ricordo di uno dei più grandi artisti del rock. Che oggi avrebbe compiuto 65 anni

Avrebbe l’età giusta per il pensionamento… Oggi Farrokh Bulsara, ossia Freddie Mercury, compirebbe infatti 65 anni, se una broncopolmonite, resa letale dalla sua condizione di sieropositività, non lo avesse ucciso. Erano, circa, le 19 del 24 novembre 1991 e il mondo del pop-rock perdeva in quell’istante una voce unica, un personaggio in grado come pochi di essere al contempo osannato dalle masse e considerato un autentico numero uno anche dalla critica.Se pensiamo ai Queen è la sua voce, unica e indistinguibile, a venirci in mente. Su tutto. Anche sulla chitarra sapiente, impeccabile, di Brian May che, pur nella sua smagliante foggia stilistica si è sempre accontentata di un ruolo da comprimaria dinanzi a “cotanta voce”.Accompagnata da una fortissima presenza scenica la voce di Mercury è stata la vera cifra artistica di una band entrata dritta nella leggenda, sin dagli esordi – il periodo artisticamente più interessante – in cui nacque il pezzo più pregiato della discografia, quel Bohemian Rhapsody da A Night at The Opera considerato giustamente un capolavoro dell’intera storia del rock.

Ma sono tante, innumerevoli, le gemme che la voce di Mercury ha impreziosito (la migliore l’abbiamo appunto già citata), da Keep Yourself Alive, Seven Seas of Rhye, We Will Rock You, We are The Champions, Somebody to Love, a Killer Queen, Don’t Stop Me Now, Sheer Art Attack. Passando poi per brani molto meno “coraggiosi” come Antoher One Bites The Dust, Radio Ga Ga, Crazy Little Thing Called Love o Body Language; canzoni a cui solo una voce pazzesca come quella di Mercury poteva permettere un destino non anonimo. Ma pescare nel repertorio una canzone piuttosto che un’altra dei Queen è esercizio davvero improbo…

Nato in Sudafrica a Stone Town da genitori, Bomi e Jer Bulsara, appartenenti all’etnia parsi e di religione zoroastriana trascorse l’infanzia nell’isola di Zanzibar (nelle scuole locali già il suo talento vocale era stato notato) all’età di 18 anni dovette trasferirsi con la famiglia a Londra. Qui conobbe molti musicisti, provò diverse band come gli Ibex e i Sour Milk Sea, e conobbe i suoi futuri compagni Brian May e Roger Taylor (allora negli Smile). I Queen nacquero nell’aprile del 1970, per idea di Mercury, May e Taylor e il bassista John Deacon entrò l’anno seguente per iniziare il fortunatissimo percorso artistico del quartetto. Un percorso non sempre facile, ma in cui l’epicentro artistico era proprio Freddie con il suo granitico talento e una personalità eccentrica. I suoi abiti esagerati (la sua stilista di riferimento era Zandra Rhodes), e le sue mosse, i suoi riferimenti a un sessualità perlomeno ambigua catalizzarono l’attenzione su una band che sulle note di un glam rock di sicuro impatto stava scalando i gradini della fama e accresceva via via il proprio conto in banca. Stupisce ancora oggi il divario tra la compostezza formale dei tre altri Queen (non so se avete presente John Deacon… ) e l’esuberanza di Mercury; elementi inconcialibili solo in apparenza ma che hanno garantito una lunga vita artistica alla band. Camaleontico, bizzoso il giusto per una popstar del suo livello, Mercury ha sempre creduto nei Queen pur intraprendendo anche una carriera solistica. Già sul finire degli anni ‘80 (decennio che peraltro lo consacrò a livello planetario con esibizioni live memorabili) però Freddie si ritirò dalle scene, le sue apparizioni avvennero con il contagocce accrescendo le voci sulla gravità delle sue condizioni fisiche. L’ultima volta che fu visto in pubblico in diretta TV fu il 18 febbraio 1990, per ricevere un premio per il contributo dei Queen alla musica britannica ai Brit Awards. Poi, come già detto, la morte, il 24 novembre 1991. Non si contano gli omaggi artistici a lui dedicati, gli artisti che hanno tributato riconoscenza e gratitudine per la suo opera artistica. Anche così si spiega la grandezza di Freddie Mercury. Vera e immortale pop star.

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