Happy birthday mr. Sting!

I 60 anni di un eroe (qualche volta un po’ borghese) del pop-rock. Una voce inconfondibile, un’attitudine a invecchiare poco e bene

Prima o poi la si smetterà di considerare gli anni ‘80 come un decennio insostenibilmente leggero. L’eredità che questa decade ha lasciato, anche in campo musicale, è enorme. Non si tratta di rivalutarla. Prendiamone semplicemente atto. Il signore in questione, nato Gordon Matthew Thomas Sumner e celebre in ogni angolo del pianeta con il nome di Sting, va anch’esso annoverato tra gli artisti “figli” del tanto vituperato decennio. Negli anni ‘80 per Sting è accaduto infatti molto: il successo con i Police, nati peraltro nel ‘77, così come l’inizio della fortunata carriera solista che lo ha consegnato alle cronache come un protagonista assoluto dello show business. Molti lo accusano di essersi progressivamente “adagiato e imborghesito” ma si tratta della solita polemica, un po’ logora, alimentata da puristi della prima ora. Sting, in realtà, è stato ed è tuttora un grande amministratore di se stesso, una star che dal proprio (notevole) talento sembra aver centellinato, periodicamente, lo stretto necessario per essere sempre e comunque un artista di primo piano.I suoi 60 anni, portati egregiamente, sono tutti lì a dimostrarcelo.Oltre alla musica ha frequentato anche il cinema debuttando nel cult Quadrophenia per poi essere protagonista in Dune di Lynch e avere della parti in Stormy Monday di Mike Figgis, Le avventure del barone di Münchausen e Lock & Stock – Pazzi scatenati.Nato a Newcastle il 2 ottobre 1951, fece da giovane anche il maestro elementare, prima di intraprendere la carriera musicale. Iniziò con il jazz suo primo amore, mai abbandonato, con varie e nutrite formazioni. Fu in questi anni che nacque il soprannome: glielo affibbiò un collega-musicista a causa di una maglietta a righe gialle e nere che ricordava tanto un’ape… Da lì, nomignolo di pungiglione non lo abbandonò più…

I POLICE

Uno dei fenomeni rock (anche commercialmente) più rilevanti degli anni ‘80 stava proprio per nascere in quei giorni. Erano i Police. Mentre il punk scardinava ogni regola e la new wave, a fatica, cercava di ricostruire, ecco il “reggae bianco” della band che nel giro di pochi dischi conquistò il pianeta. I Police nacquero dall’incontro di Sting con il batterista americano (ex Curved Air) Stewart Copeland, autentico genio dello strumento e vera spina dorsale del loro suono. All’inizio non si trattò di un trio ma di un quartetto, alla chitarra, oltre al talentuoso Andy Summers vi era anche il corso Henry Padovani con cui venne inciso solo il singolo Fall Out. Rimasti in tre, i Police scalarano le classifiche di mezzo mondo a partire dal ‘78 con Outlandos D’amour, Reggatta de Blanc, Zenyatta Mondatta, Ghost in the Machine e Sinchronicity. Brani eccellenti come Roxanne, Message in the Bottle, Walking on the Moon, Driven to Tears, Invisible Sun ed Every Breath You Take (per citare i migliori, tra i più famosi) li hanno consegnati alla storia. Si divisero (mai ufficialmente, peraltro) dopo il tour di Synchronicity, nel 1983. Per poi ri-incontrarsi nel 2007 (30° anniversario di Roxanne) per una reunion con annesso tour mondiale che, tanto per cambiare, fruttò tanti bei soldi.

LA CARRIERA DA SOLO

Sting iniziò la sua carriera solistica nel 1985 con l’album The Dream of The Blue Turtles al cui interno c’era la celebre Russians. Successo immediato replicato e amplificato da Nothing Like the Sun che contiene alcuni dei suoi brani più belli (Fragile) e famosi (Englishman in New York e We’ll be Together). Sting è una popstar mondiale, piace non più solo “alle gente che piace” ma un po’ a tutti, anche per il suo impegno in frequenti campagne tra cui quella contro la deforestazione dell’Amazzonia; (con la seconda moglie Trudie Styler ha intanto fondato la Rainforest Foundation).

I dichi successivi The Soul Cages e Ten Summoner’s Tales non fanno che rendere più solido il suo impero. Collabora con diversi artisti, ottiene premi a valanga. Ma pur avendo scritto e interpretato ancora grandi pezzi (Mad About You, If I Ever Lose My Faith in You) l’originalità sembra sempre più latitare. Con il successivo Mercury Falling c’è un tentativo di uscire dagli schemi, le vendite non sono eccezionali, ma il disco del ‘99 Brand New Day lo riporta agli antichi fasti. Dopo una serie di pubblicazioni antologiche Sting fa veramente qualcosa di diverso: Sacred Love del 2003 è una esperimento frutto di varie collaborazioni (tra cui Mary J. Blige e il maestro di sitar Anoushka Shankar). I lavori successivi evidenziano ancora di più la voglia di cambiare: in Songs From The Labyrinth vengono rilette le composizioni di John Dowland (autore inglese del 1600) e in If on a Winter’s Night, la stagione invernale ispira l’ex Police per un’altra opera di rivisitazione di classici. Entrambi i dischi escono per la Deutsche Grammophone. E anche Symphonicities del 2010 sembra più che altro un esercizio stilistico con vecchie canzoni rielaborate con la Royal Philharmonic Orchestra.Il suo 60° compleanno coincide anche con il 25° anniversario della carriera solistica celebrato proprio in questi giorni da un progetto che prevede un ricchissimo cofanetto in edizione limitata e, il 18 ottobre, l’uscita di una raccolta in doppio Cd.

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