Flotte aziendali: i nuovi trend del noleggio a lungo termine

Grandi aziende hanno mollato gli ormeggi e rinnovato il parco auto, mentre anche pmi e professionisti si aprono al settore: il noleggio a lungo termine va a gonfie vele (+14%). Ma tra ibride e car sharing, si potrebbe fare molto di più con un piccolo aiuto del governo

Gli ultimi colpi che hanno fatto notizia nel mondo delle flotte sono stati messi a segno da Renault, che ha fornito 746 Clio all’Arma dei Carabinieri, e da Fiat Professional, che consegnerà 5 mila tra Fiorino e Panda alla Tim. Sono le ciliegine sulla torta del mercato del noleggio che quest’anno, dopo un primo trimestre partito con calma (+5%), a fine agosto ha fatto registrare una nuova accelerazione che ha portato la crescita – rispetto al corrispondente periodo del 2015 – a quota 14%: una percentuale che nel totale si traduce in 220 mila veicoli all’anno. Queste cifre si vanno a inquadrare nel mercato complessivo delle quattro ruote, che dopo il crollo del 47,7% registrato tra il 2007 e il 2013 è in una clamorosa ripresa, culminata nel +18,6% del primo quadrimestre di quest’anno. «Lo sviluppo della flotta, che ha superato le 610 mila unità, è il risultato di diversi fattori», sottolinea Pietro Teofilatto, direttore noleggio a lungo termine dell’Aniasa (Associazione nazionale industria dell’Autonoleggio e Servizi automobilistici). «Per prima cosa le grandi aziende, dopo mesi di rinvii, hanno rinnovato il proprio parco auto, ma il dato più promettente riguarda l’arrivo nel mondo del long term di una nuova clientela formata da professionisti e piccole e medie aziende».L’allargamento delle categorie di utenti richiede, ovviamente, nuovi approcci. La battaglia tra i vari protagonisti del settore, quindi, oggi si combatte soprattutto sul fronte della flessibilità dell’offerta, che spazia su durate comprese tra un mese e sei anni, con ampie possibilità di riprogrammare servizi e assistenza nel corso del contratto. «È sempre più indispensabile un rapporto diretto e continuo con i fleet manager per rispondere in anticipo alle mutevoli esigenze di mobilità», dice Teofilatto. «E con l’aumento dell’interesse verso il noleggio da parte dei privati, si intercetta una domanda di trasporto in ambito cittadino, basata su city car e chilometraggi annui medi di 10 mila chilometri».

INVESTIMENTI IN PROSPETTIVAAndrea Cardinali – Alphabet

CONNETTERSI ALLA QUALITÀAlberto Cestaro – Audi

OFFERTE IMPAREGGIABILILeonardo Cesarini – Europcar

OFFERTA COMPLETAFabrizio Quinti – Ford

TECNOLOGIA ALL’AVANGUARDIAGabriele Bitti – Kia Motors

OGNI CLIENTE È DIVERSOMarco Dainese – Maserati

HYBRID POWERGiuseppe D’Angelo – Toyota Lexus

Anche l’orizzonte del rent-a-car è tinto di rosa. La flotta è salita nel periodo estivo a quasi 145 mila unità e il numero di contratti stipulati nel 2015 è cresciuto di circa 4,6 milioni, per un totale di quasi 31 milioni di giornate di noleggio (+8%). Ancora una volta fondamentali sono le nuove formule contrattuali, low cost compreso. Europcar, per esempio, fa pagare solo un euro i clienti che guidano le sue vetture su determinate tratte. «È decisivo anche semplificare la vita agli utenti», dice Leonardo Cesarini, Sales&Marketing Director di Europcar Italia, «e su questo fronte noi abbiamo lanciato il progetto Kiosk: una postazione interattiva permette al cliente di dialogare in remoto con un operatore e di scannerizzare documenti e patente. Al termine dell’operazione ritira le chiavi, compiendo dunque tutto il processo all’insegna del fai-da-te». Se il settore del noleggio ha le vele spiegate, il car sharing corre alla velocità di un fuoribordo d’altura. A fine 2015 gli iscritti ai servizi pay per use erano 647 mila con circa 11 milioni di noleggi e quasi 4.500 mezzi in flotta. Milano è la città in cui il servizio è più utilizzato, seguita da Roma e Torino, mentre la percorrenza-tipo è di 24 chilometri per una spesa media di sette euro a viaggio. «Peccato che in Italia manchino una definizione normativa di vehicle sharing e una cornice legislativa unica per gli operatori che si confrontano nelle varie città», fa notare Giuseppe Bitti, l’amministratore delegato di Kia Motors Italia, «e queste carenze ostacolano una maggiore diffusione del car sharing, che potrebbe essere un’opportunità anche per Kia». Per un decisivo passo in avanti ci vorrebbe l’inclusione di questo servizio tra quelli di pubblica utilità, con annessa la possibilità di godere di un regime fiscale agevolato al 10%.Che il noleggio a lungo termine tra i privati stenti a decollare è un dato di fatto, ma all’Aniasa preferiscono vedere il bicchiere mezzo pieno perché, conti alla mano, nell’ultimo triennio la crescita è stata del 300% e i clienti sono diventati circa 10 mila. «Per conquistare chi sente ancora il bisogno di avere un’auto di proprietà, è decisivo sfruttare tutte le potenzialità della digitalizzazione», dice Andrea Cardinali, presidente e amministratore delegato di Alphabet Italia. Sì, perché nei nove anni che sono passati dall’inizio della diffusione di massa degli smartphone, le nostre abitudini si stanno ridisegnando anche quando si tratta di prendere una vettura a noleggio. La nuova offerta di servizi consente, per esempio, a dipendenti e collaboratori senza auto aziendale di averne una per le necessità private, ma dà anche la possibilità di cambiare la tipologia della vettura in relazione alle esigenze di mobilità o di trasporto, oppure di sospendere temporaneamente il periodo di locazione scelto in un primo momento. Tutto con app dedicate, consentendo servizi particolari e immediati a una clientela che, ormai, esplora, sceglie e decide in tempo reale.La digitalizzazione sta ridisegnando le città, rendendole sempre più smart. Merito anche della crescente diffusione delle ibride e delle elettriche che, coscienza ecologica a parte, hanno il fondamentale vantaggio di poter circolare anche in zone a traffico limitato come la milanese Area C. «A oggi quasi il 40% dei capoluoghi di provincia prevede agevolazioni per le ibride e circa la metà delle Regioni ha deciso l’esenzione dal pagamento del bollo per tre o cinque anni», dice Giuseppe D’Angelo, Fleet, Lcv & Re-marketing General Manager di Toyota Lexus Italia, che ci tiene a sfatare una leggenda metropolitana: «Non è vero che i costi di manutenzione ordinaria delle auto “verdi” siano superiori a quelli delle motorizzazioni diesel, mentre quelli della manutenzione straordinaria sono notevolmente più bassi grazie a una serie di componenti meccanici di cui una hybrid può fare a meno, come per esempio, la frizione e a una minore usura di alcuni pezzi tipo pastiglie e dischi dei freni, che vengono stressati di meno grazie alla frenata rigenerativa».Un ghiotto argomento per i fleet manager che, non a caso, credono sempre di più nelle ibride. Le stime Aniasa sul 2016 indicano un aumento del 100% delle immatricolazioni uso noleggio di queste motorizzazioni, con oltre 6 mila unità circolanti tra auto e van. Le elettriche dure e pure, invece, sono ancora delle mosche bianche. Se si chiede agli addetti ai lavori il perché di questo mancato decollo, rispondono in coro che «è colpa delle infrastrutture», ed è chiaro che non si riferiscono né al Ponte sullo stretto né alla Tav, bensì alle colonnine di ricarica che in Italia sono più rare dei panda giganti in Cina. Se le flotte sono ancora povere di green car e le scelte politiche non aiutano a diffondere non solo auto elettriche, ma neanche quelle a metano (nel Sud d’Italia i distributori sono mosche bianche), «Ford non lesina nell’investire grandi risorse per sviluppare modelli ecocompatibili», dice , Fleet, Rental e Remarketing General Manager Ford Italia. «Non si tratta di una politica di piccoli passi. Già oggi, in casa Ford l’approccio a una flotta efficiente ed ecologica si traduce in un risparmio importante per i nostri clienti, ma entro il 2020 saremo in grado di offrire il 40% dei nostri veicoli ibridi o elettrici, grazie a una somma stanziata per la ricerca in questo settore di 4,5 miliardi di dollari». In ogni caso, la corsa alla riduzione delle emissioni di CO2 è diventata una tale priorità da contagiare anche chi non ti aspetti. «Maserati sta prestando grande attenzione al green e ancora di più lo farà in futuro, con lo sviluppo dei nuovi modelli», dice il responsabile marketing. «Attualmente con la Ghibli Diesel si parla già di emissioni ridotte a 158 grammi di CO2 al chilometro e di un consumo di soli 5,9 litri ogni 100 chilometri».Passando alle tipologie di auto preferite, c’è un dato che colpisce più di tutti: nel 2015 le station wagon sono cresciute nelle flotte del 25,8% nonostante questo tipo di carrozzeria fosse stata data per spacciata con l’avvento dei Suv e dei crossover. Come spiegare questa inattesa resurrezione? «Quelle che una volta venivano chiamate familiari o giardinette continuano a piacere perché possono essere al tempo stesso funzionali, ma anche eleganti e sportive», spiega Alberto Cestaro, responsabile flotte Audi. Per quanto riguarda, invece, le marche preferite, la posizione più alta del podio è saldamente occupata dai brand del Gruppo Fiat, che nel 2015 hanno rappresentato quasi il 22% del totale, sia pure con una flessione del 6,3% rispetto al 2014. Medaglia d’argento a Volkswagen (8,4%), mentre il bronzo spetta alla Peugeot con il suo 7,4%. Tra i modelli, continua a farla da padrona la Panda, che l’anno scorso ha trovato più di 14 mila nuovi posti nelle flotte, precedendo la compagna di colori 500L.Si tratta di modelli che, purtroppo, sono in cima anche alla hit parade dei ladri. «Il settore del noleggio è diventato uno dei principali bacini di rifornimento delle organizzazioni criminali che negli ultimi anni hanno aumentato l’interesse sul redditizio business dei furti di auto», conferma Teofilatto, «e su questo fronte l’Italia è maglia nera in Europa. I dati relativi ai primi cinque mesi del 2016 registrano un’ulteriore crescita, addirittura del 13%, degli episodi criminali, mentre le attività di recupero confermano comunque la loro efficacia con percentuali di ritrovamento dei veicoli rubati che si aggirano attorno al 45%». E qui il cerchio si chiude: le vetture che finiscono nelle flotte di Polizia e Carabinieri contribuiscono alla ricerca e, spesso, al ritrovamento delle cugine finite nelle mani dei topi delle quattro ruote. Su questo fronte, dunque, le istituzioni si stanno dimostrando efficaci.

Ma che cosa succede sul fronte delle normative che hanno penalizzato fino a oggi il settore soprattutto con una tassazione ben superiore a quella che si registra negli altri grandi Paesi europei? Cosa cambierà con la manovra finanziaria? «Sono anni che in tutte le sedi illustriamo le nostre proposte per un riequilibrio della fiscalità sull’auto aziendale, che purtroppo da sempre in Italia sconta pregiudizi negativi come addirittura quello di essere un sistema per eludere le tasse», argomenta Teofilatto, il direttore noleggio a lungo termine dell’Aniasa, «ma è vero l’esatto contrario. Tutto quello che riguarda il noleggio di un veicolo, dall’acquisto alla sostituzione di uno specchietto, è fatturato e tracciabile. Non solo: il settore contribuisce a diffondere il senso civico sulla correttezza amministrativa e tributaria».Adesso, però, qualcosa potrebbe muoversi. «Dopo tanti incontri e interminabili file nei corridoi del Parlamento e dei ministeri è arrivato il super ammortamento del 140% stabilito dalla Legge di Stabilità per il 2016 che auspichiamo venga rinnovato per il 2017. Anzi, ci vorrebbe un iper ammortamento con aliquota al 250% per i veicoli a basse emissioni, come succede per i dispositivi altamente tecnologici», propone Teofilatto, «ma c’è ben altro da fare: manca una maggiore consapevolezza del fatto che si tratta di dare competitività alle aziende italiane, quando quelle tedesche, francesi, spagnole beneficiano della detraibilità dell’Iva sulle auto aziendali del 100% e non del 40%, come succede da noi». L’Italia ha, infatti, chiesto e ottenuto in questi giorni una proroga della detraibilità dell’Iva al 40% fino al 2019. Praticamente dal 2007, di triennio in triennio, il Governo chiede di applicare nel nostro Paese un regime forfettario sull’Iva, derogando alle disposizioni comunitarie che fissano l’aliquota al 100%, percentuale invece applicata in Germania, Spagna e Francia. «Questa situazione si traduce in maggiori costi di beni e servizi prodotti in Italia», dice Teofilatto. «E poi ci meravigliamo del surplus commerciale della Germania?».

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