«Dai libri che leggi, posso giudicare della tua professione, cultura, curiosità, libertà. Dai libri che rileggi, conosco la tua età, la tua indole, quello che hai sofferto, quello che speri», sentenziò lo scrittore e giornalista Ugo Ojetti. Niente di più vero. I titoli che amiamo (o detestiamo!) dicono molto di noi: chi siamo, come affrontiamo la vita, cosa desideriamo e temiamo. E possono aiutarci parecchio anche a capire gli altri. Non si tratta di una semplice opinione personale, ma di un dato scientifico. Due ricercatori della New School for social research, Emanuele Castano e David Corner Kidd, hanno messo in campo ben cinque esperimenti prima di trarre queste conclusioni: più divoriamo pagine di alta letteratura – niente saggi e romanzetti di “basso profilo” dunque – tanto più, di pari passo, migliora una specifica abilità, definita Theory of mind (in italiano Teoria della mente, ndr), ossia quella che ci permette di prevedere azioni e reazioni delle persone con le quali abbiamo a che fare. Merito del coinvolgimento nelle vicende dei protagonisti, del naturale istinto che ci porta a cercare di intuire cosa accadrà loro, che funziona poi come allenamento anche per la vita reale. Una qualità senza dubbio utile nella vita privata, così come in quella lavorativa. Soprattutto se ci si trova a gestire un’azienda, e quindi un team di collaboratori, ma anche clienti, investitori e chi più ne ha più ne metta. Ma cosa e quanto leggono i nostri manager? Lo abbiamo chiesto a dieci di loro.
PER EVADERE O PER RIFLETTEREÈ inevitabile, non manca una componente di indispensabile aggiornamento professionale. Lo confermano Andrea Persegati, General Manager di Nintendo; Marco Riboli, Vice President Symantec Mec Region, e Francesca Benati, direttore generale e a.d. di Amadeus. Simona Zanette, presidente Iab Italia, ammette addirittura che oggi il suo tempo dedicato alla lettura «si concentra al 90% sui questo tipo di testi con, purtroppo, poco spazio per l’intrattenimento», mentre Gherardo Magri, a.d. di Vaillant, arriva ad affermare «la letteratura manageriale mi ha un po’ stufato», salvo poi citare alcuni titoli del settore che ha molto apprezzato, come quelli di Edward De Bono dedicati al lateral thinking o One minute manager di Kenneth Blanchard e Spenser Johnson. Ma al di là degli obblighi lavorativi, ciò che emerge è che la lettura per i manager italiani è soprattutto una passione o, in alternativa, un passatempo.Nel primo partito si collocano, oltre allo stesso Magri, Nicola Ciniero, a.d. di Ibm Italia – «perché mi permette un’astrazione dal quotidiano bombardamento mediatico che assorda senza approfondire. E perché spesso fermarsi è indispensabile per poter apprezzare ciò che si ha e per comprendere quanto è accaduto» –, Carlo Purassanta, a.d. di Microsoft Italia – «vorrei che le giornate fossero più lunghe per poter leggere molto di più!» – e Brunello Cucinelli, fondatore dell’omonima maison del cachemire, che parla di «un amore nato a 10-12 anni, quando la sera mia madre, in attesa che rincasassero mio padre e mio fratello, mi leggeva i grandi classici, come la Divina Commedia e L’Orlando furioso». E aggiunge «per me la lettura dei grandi libri è la migliore fonte di ispirazione, lo strumento da utilizzare per comprendere il senso della vita».Più vicini a una visione della lettura come momento di relax ed evasione, Persegati, amante della fantascienza e del noir («in particolare quelli scritti dal marsigliese Jean Claude Izzo») e Alberto Balocco, a.d. dell’omonima azienda di famiglia, che ammette: «per me la lettura è un passatempo, una valvola di sfogo, un modo per “isolare la mente” dallo stress. Mi fa sentire “in vacanza” anche solo per mezz’ora».
STORIE INDIMENTICABILIMa quali sono poi, nel concreto, le opere più apprezzate, quelle che in alcuni casi (soprattutto per gli appassionati) hanno lasciato una traccia indelebile? Daniela Sacerdote, Ceo di Collistar, rivela: «il libro della mia vita, quello che preferisco in assoluto e che ho letto innumerevoli volte è Se questo è un uomo di Primo Levi», mentre Nicola Ciniero ricorda in particolare «Anni beati di Carlo Castellaneta, mi ha insegnato che le grandi cose della vita possono essere costruite solo con umiltà e desiderio di confronto». Non solo. Un testo a lui caro è anche Romba il motore di Alessandro Marzo Magno, incentrato sulle storie dei più coraggiosi piloti italiani delle due guerre mondiali, conflitti che lo interessano particolarmente anche per ragioni “di famiglia”: «mio nonno paterno è caduto nell’adempimento del proprio dovere a bordo di una nave silurata nel ’44, mio zio ha combattuto a El Alamein, mio padre era tenente di artiglieria e porto il nome di un altro zio, grande generale, noto con il nome di Leone di Cheren».Molti ricordano con particolare affetto libri letti da adolescenti o poco più avanti. Forse perché sono proprio quelli gli anni più importanti per la nostra formazione, quelli in cui si definisce chi saremo da adulti. Così Carlo Purassanta racconta di aver letto in quel periodo le Lezioni americane di Italo Calvino e di portarsi sempre dentro da allora «la ricerca dell’essenziale» (anche se poi di recente ha trovato «veramente illuminante per capire il modo di ragionare dell’essere umano» Thinking, fast and slow del premio Nobel Daniel Kahneman), mentre Cucinelli ricorda I pensieri di Marco Aurelio come «il libro che mi ha cambiato la vita. Dell’imperatore romano ho amato il distacco nell’affrontare i problemi della vita, quel suo splendido “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, ma progetta come se vivessi per l’eternità”».
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI (IN LIBRERIA)E se la lettura è sicuramente un momento molto personale, che inizia già dalla scelta del volume – «la bellezza di una scoperta in libreria non ha eguali!» sottolinea Purassanta – chi non ha mai consigliato un titolo particolarmente apprezzato a un amico, un famigliare, un collega? O addirittura ha avuto il piacere di donarglielo, come Brunello Cucinelli, che considera un libro addirittura «il più bel regalo dell’umanità» (dona sempre libri anche ai dipendenti, che quest’anno a Natale riceveranno il Don Chisciotte, ndr)?Se siete in cerca di ispirazione segnatevi pure queste dritte. Gherardo Magri “prescrive” due opere di Oriana Fallaci, una delle prime e una delle ultime: Se il sole muore e Un cappello pieno di ciliegie. Anche Ciniero cita la Fallaci, ma per La forza della ragione, e aggiunge Il sangue dei vinti di Gianpaolo Pansa. Daniela Sacerdote, propone invece i libri dello scrittore israeliano Abraham Yehoshua «per la loro contemporaneità. Il fulcro è la questione del rapporto tra popoli diversi per cultura e religione, e i suoi personaggi, pur nella difficoltà di costruire relazioni umane profonde, sfuggono al pregiudizio e all’intolleranza». E se Simona Zanette «sottolinea quanto sia importante ritrovare una propria spiritualità» e consiglia «vivamente Osho a questo scopo», Alberto Balocco conferma la sua preferenza per la lettura d’evasione e propone Il pugno di Dio e Dossier Odessa di Frederick Forsyth, Paura senza limite e Debito d’onore del recentemente scomparso Tom Clancy e Le gazze ladre di Ken Follet: «un inno al femminismo, da far legge-re alle figlie». Ma non finisce qui. Persegati, appassionato di fantascienza, consiglia la Trilogia della Fondazione di Isaac Asimov – anche per la «componente scientifica non basata sul-la pura fantasia, ma anche la sorpre-sa e l’intrigo» – laddove Marco Riboli punta invece sulle storie vere, come Di roccia e di ghiaccio dello scalatore Enrico Camanni: «mi piace il concetto della conquista dell’inutile, fatta solo per sfidare se stessi, capire i propri li-miti». Infine, si dice «onnivora» Francesca Benati che cita L’uomo che ridedi Victor Hugo, i libri di Cesare Pavese, ma anche I quasi adatti di Peter Hoeg («regalo sorprendente di un collega») e i libri di Niccolò Ammaniti e Margaret Mazzantini.
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