Centoventicinque anni fa (per l’esattezza il 30 novembre 1900) moriva Oscar Wilde, uno dei più affascinanti e complessi scrittori irlandesi. La sua vita, segnata da un’irresistibile ricerca del bello e da una sfida alle convenzioni sociali e morali, ha lasciato un’impronta indelebile non solo nella letteratura, ma anche nella cultura contemporanea. Esteta provocatore e uomo di straordinaria intelligenza, Wilde ha incarnato il paradosso stesso della sua epoca, e vale allora la pena ripercorrere la sua esistenza così brillante, eppure tragicamente destinata a spegnersi nell’isolamento.
La vita di Oscar Wilde
Nato a Dublino il 16 ottobre 1854, Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde – questo il suo nome completo – proviene da una famiglia borghese ma intellettualmente stimolante. Suo padre, William Wilde, era un rinomato chirurgo e suo madre, Jane Elgee, una poetessa e attivista politica. Sin da giovane, Wilde si distinse per il suo ingegno e la sua passione per le arti, coltivando una particolare predilezione per la letteratura e la filosofia estetica.
Nel 1874, dopo gli studi al Trinity College, si trasferì a Oxford, dove studiò letteratura classica: fu in quegli anni che iniziò a coltivare l’immagine di esteta che lo avrebbe caratterizzato per tutta la vita, predicando il “culto del bello” e rifiutando la moralità convenzionale (non dimentichiamoci che all’epoca l’Inghilterra era impregnata di puritanesimo). Questo spirito di ribellione lo portò a sviluppare un gusto per la provocazione che avrebbe fatto parte integrante della sua persona e della sua opera, una caratteristica che lo rende ancora oggi, a più di un secolo di distanza, profondamente contemporaneo.
Dopo la laurea, Wilde iniziò a farsi conoscere come scrittore e critico letterario, ma fu soprattutto la sua attività teatrale a consacrarlo come una delle figure più brillanti della cultura vittoriana. Opere come Il ritratto di Dorian Gray (1890) e le sue commedie, come la deliziosa pièce L’importanza di chiamarsi Ernesto (1895), gli garantirono fama e successo. Un’ascesa interrotta dalla condanna per atti di omosessualità (gross public indecency dice la sentenza, perché all’epoca essere dichiaratamente gay equivaleva a un crimine): nel 1895, Wilde fu condannato a due anni di lavori forzati e questo segnò l’inizio della sua fine. Lo scrittore, provato dall’esperienza carceraria, andò in esilio in Francia dove visse un paio d’anni in isolamento. Morirà nel 1900, a soli 46 anni.
Un artista radicale
In Wilde vita e arte dovevano coincidere. «L’arte è la sola cosa che esiste, ed è unica. Il resto non conta», sosteneva l’autore irlandese, uno dei principali esponenti dell’estetismo, un movimento che privilegiava il concetto di “arte per l’arte”. Oggi lo definiremmo un artista radicale: per Wilde, l’opera d’arte doveva essere valutata esclusivamente per il suo valore estetico, non per un presunto messaggio morale o tantomeno educativo. Se pensiamo che in quegli stessi anni Edmondo De Amicis dava alle stampe in Italia il libro Cuore, è evidente quanto la posizione di Wilde fosse fin troppo avanzata in un’Europa ancora molto conservatrice… Che dire, infatti, del leggendario Il Ritratto di Dorian Gray, in cui Wilde esplora il tema dell’estetismo portato all’estremo, attraverso la figura di un giovane che vive una vita senza scrupoli, la cui bellezza esteriore è immutabile grazie a un ritratto che invecchia al suo posto? Il romanzo, che non risparmia critiche alla bigotta società vittoriana, è anche una riflessione sulla pericolosità del culto dell’apparenza e della bellezza fine a sé stessa e dimostra la complessità di un autore come Oscar Wilde, che ha davvero pochi pari.
Se pensiamo poi agli ultimi anni e al suo scritto-testamento, quel De Profundis che è di fatto una lunga lettera all’amato Douglas (lo stesso Lord Alfred Douglas, suo amante, colui che lo accusò pubblicamente di omosessualità, favorendone la condanna), Wilde resta ancora oggi il paladino dell’amore che non bada alle convenzioni, alla morale comune, alle comode ipocrisie. Che sacrifica sé stesso pur di non tradire sé stesso. Anticonformista sarcastico, ribelle ma amante del buon gusto, scrittore colto e raffinato, Oscar Wilde è diventato un’icona di indipendenza e libertà di pensiero: «Sii te stesso; tutti gli altri sono già occupati», una delle sue massime più note (e ce ne ha lasciate tante).
Sulle orme del mito
Il modo migliore per celebrare questo importante anniversario? Visitare i suoi luoghi più cari nella terra che gli ha dato i natali. L’Irlanda, e Dublino in particolare, quest’anno lo celebra in modo speciale: da questo mese e fino a dicembre sono tante le mostre e gli eventi che omaggiano lo scrittore.
Si può cominciare dal mitico Trinity College di Dublino, di cui l’autore è stato uno degli allievi più noti: qui Wilde ha vissuto alcuni dei suoi anni migliori, impegnato nello studio dei classici. Entrare nella famosa Long Room dove si trova il prezioso e antico codice minato Book of Kells, realizzato dai monaci irlandesi che avevano evangelizzato l’isola, è sempre un’emozione (e lo era anche per Wilde).
Il MoLI Museum of Literature Ireland, sempre nella capitale irlandese, fino al 1° ottobre propone invece una riflessione legata al De Profundis: una nuova video-installazione esplora i significati più densi del testo, attraverso le voci della comunità Lgbtq+ di Dublino, in particolare di scrittori, artisti e attivisti. Terminata la mostra, in autunno il Festival Oscariana omaggia la vita e l’eredità culturale di Wilde con una serie di rappresentazioni delle sue opere teatrali, concerti, dibattiti e proiezioni cinematografiche.
La visita stessa di Dublino si può trasformare in un tour sulle orme di Oscar Wilde, tanto è ancora viva la memoria dei luoghi in cui è vissuto lo scrittore. Visitabile tutto l’anno a Merrion Square, c’è ad esempio la casa della famiglia Wilde, nota come vivace centro culturale nella Dublino vittoriana: tour guidati della casa sono disponibili tutti i sabati e a raccontare l’incredibile storia della famiglia è Martin Burns, profondo conoscitore della vita e delle opere di Wilde e direttore della casa-museo. Sempre a Merrion Square, poco distante dalla dimora di famiglia, si trova la fotografatissima statua dello scrittore, qui rappresentato in una delle sue languide pose (è anche una delle meglio riuscite talking statues di Dublino: usando lo smartphone è possibile ascoltare i pensieri di Wilde espressi attraverso i testi del celebre autore irlandese contemporaneo John Banville, interpretati dall’attore Andrew Scott).
Tappa obbligata poi è l’Ulysses Rare Books, in Duke Street: la libreria, già storico punto di riferimento letterario della capitale irlandese, è un vero e proprio paradiso per gli appassionati di libri rari e tra gli scaffali si possono ammirare edizioni uniche delle opere più famose di Wilde, tra cui una versione splendidamente illustrata della sua controversa opera teatrale Salomé, e una rara copia del suo primo romanzo, Il ritratto di Dorian Gray.
La passeggiata dublinese sulle orme di Wilde non può tralasciare lo Shelbourne Hotel, oggi un albergo a cinque stelle che ha mantenuto quell’atmosfera dandy tra specchi, velluti e marmi, che tanto piaceva allo scrittore che spesso passava di qui per un drink. È una delle tante storie che vengono raccontate dai Dublin Literary Pub Crawl, passeggiate da un pub all’altro della città in compagni di attori professionisti che leggono estratti dai romanzi e dalle opere teatrali di Oscar Wilde. A 125 anni dalla sua morte, il suo spirito gagliardo aleggia più che mai tra le vie di Dublino.
Articolo pubblicato su Business People di maggio 2025, scarica il numero o abbonati qui