Il mercato dell’arte, questo sconosciuto. Georgina Adam sul Financial Times, qualche tempo fa, introducendo una riflessione sulle case d’asta lo ha definito l’ultimo dei mercati finanziari non regolamentato. La trasparenza non è certo una qualità tipica del settore, che spesso finisce per muoversi in acque torbide, cercando di scansare le secche di un regime fiscale considerato dagli operatori, specie nel nostro Paese, cervellotico e vessatorio. Su alcune questioni di merito abbiamo interpellato Paolo Ludovici, specialista nella pianificazione fiscale, la finanza strutturata e i fondi di investimento, collaboratore e socio di Maisto e Associati, tra i principali studi italiani in materia tributaria. Fondata nel 1991, attualmente Maisto conta 28 professionisti (avvocati e dottori commercialisti) dislocati tra le sedi di Milano, Roma e Londra. A livello internazionale, lo studio annovera tra i propri clienti nove delle prime 20 società della classifica Fortune 500.
Le plusvalenze realizzate dai privati nell’attività di compravendita non sono soggette a tassazione. Ci spiega questa anomalia?
L’imposizione dei redditi è informata a un criterio di elencazione casistica delle fattispecie imponibili. Nell’ambito di tale casistica non figurano le plusvalenze derivanti dalla cessione di opere d’arte, così come non rilevano, per esempio, le cessioni di gioielli, autovetture o oggetti di antiquariato. Queste plusvalenze si possono rilevare soltanto se realizzate nell’ambito di un’attività di impresa anche occasionale. A tale ultimo riguardo, la giurisprudenza ha ritenuto tassabili le plusvalenze nei casi di contribuenti che operano professionalmente o di ripetitività delle compravendite. Secondo un precedente sarebbe inoltre a rischio di tassazione il collezionista che non reinvesta i proventi derivanti dalla vendita delle opere per migliorare o accrescere la collezione.
Vi sono molte gallerie, pienamente attive sul mercato, iscritte come associazioni culturali. Come mai?
Le associazioni, caratterizzate da uno scopo non lucrativo, sono riconducibili alla categoria degli enti non commerciali. Proprio per le finalità non lucrative da esse perseguite, beneficiano di un regime generale agevolato di tassazione rispetto alle attività svolte nell’ambito della vita associativa e nell’ambito dei propri soci associati e partecipanti. Per esempio, le operazioni effettuate nell’ambito dell’attività istituzionale non rilevano ai fini Iva. Ancora, non vengono considerate commerciali le attività svolte dalle associazioni culturali in attuazione degli scopi istituzionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti di altre associazioni che esercitino la medesima attività e dei propri associati o partecipanti.
Nel 2004 è stata presentata una proposta di Legge promossa da Enzo Carra (Pd) per affrontare i problemi fiscali nel comparto dell’arte contemporanea. Nel 2008 è stata ripresentata: vi si legge che «L’aspetto maggiormente penalizzante per il settore è quello relativo al fisco» e si propongono aliquota Iva agevolata in linea con gli altri Paesi europei e gestione semplificata degli adempimenti fiscali per i giovani artisti. Ritiene opportuno intervenire in questo senso?
La proposta di legge si inserisce in un contesto normativo privo di disposizioni specifiche volte a incentivare il settore dell’arte contemporanea. Tale proposta è dunque sicuramente apprezzabile, sia nell’ottica di una sensibilizzazione al problema fisco/arte sia, più tecnicamente, per il tentativo di avvicinare (riducendola) l’aliquota Iva italiana a quella degli altri Paesi europei. Altrettanto apprezzabile è il favor fiscale per l’acquisto di oggetti d’arte, attraverso la previsione di detrazioni per i privati, dell’ammortamento del costo per le imprese e di sgravi fiscali per coloro che donino le opere d’arte a musei, gallerie e istituzioni pubbliche. Appare un po’ eccessiva la previsione del regime agevolato per i giovani artisti (tassazione sostitutiva) senza limitazioni massime.
Recentemente Nicholas Serota, direttore della Tate Gallery, si è fatto promotore di una campagna per promuovere la detraibilità fiscale nel campo delle donazioni in vita di opere d’arte alle pubbliche istituzioni. A differenza degli States, in Inghilterra la detrazione è consentita solo per gli eredi. In Italia la situazione com’è?
In Italia misure agevolatrici sono previste per i cosiddetti beni culturali, i quali se trasmessi mortis causa vengono esclusi dall’attivo ereditario, a condizione che, al momento dell’apertura della successione, gli stessi siano stati sottoposti al vincolo previsto dal Codice dei beni culturali e che siano stati assolti i relativi obblighi di conservazione e protezione. Vantaggiosa è anche la disciplina fiscale delle donazioni tra vivi aventi a oggetto tali beni, in quanto si applica la sola imposta sulle donazioni in misura fissa, che è di ammontare simbolico. La problematica però si sposta sulla definizione di “bene culturale”, nella quale non rientrano le opere di autori viventi o quelle la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni. Dunque i regimi agevolativi vigenti in Italia non si applicano alle opere d’arte contemporanea.
Invece per i cosiddetti Gift Aid, le donazioni in denaro, Uk e Usa sono allineati: defiscalizzazione totale. In Italia tale cultura non sembra molto praticata. Come mai?
In Italia le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di istituzioni pubbliche, di fondazioni o di associazioni legalmente riconosciute che svolgono attività avente rilevante valore culturale e artistico sono considerate detraibili per il 19% dell’onere sostenuto dai privati. La deducibilità nella determinazione del reddito d’impresa è invece condizionata al soddisfacimento di particolari requisiti sia di natura soggettiva, inerenti alle caratteristiche e finalità del soggetto beneficiario e all’attività da questo svolta, sia di natura oggettiva, inerenti alla finalità dell’erogazione (per esempio contribuzione a organizzazione di esposizioni autorizzate dal Ministero per i beni culturali). In alcuni casi, la deducibilità è sottoposta a limiti assoluti o in percentuale del reddito complessivo. La ragione dell’assenza di defiscalizzazione totale è ascrivibile alle esigenze di gettito del legislatore fiscale italiano, che si manifesta anche in aree di sicura utilità sociale, come per esempio l’attività di beneficenza.
Concludendo, ritiene che lo strumento fiscale possa essere un elemento per promuovere e valorizzare l’arte nel nostro Paese? E semmai ritiene che qualcosa andrebbe aggiustato anche a livello normativo?
Il progetto di legge di Enzo Carra è sicuramente un importante tassello per sensibilizzare il legislatore su un settore un po’ trascurato come quello dell’arte contemporanea. Le misure agevolatrici di cui il disegno di legge si fa promotore avrebbero anche l’ulteriore effetto benefico di incentivare la dichiarazione di componenti di reddito – penso in particolare alle detrazioni per i privati e al regime fiscale di favore previsto per i giovani artisti – stimolando l’emersione del sommerso.
In pillole |
Le plusvalenze derivanti dalla cessione di opere d’arte sono tassabili solo nel caso di contribuenti che operano in modo professionale nella compravendita |
Una proposta di legge di Enzo Carra (Pd) si propone di avvicinare l’aliquota Iva italiana a quella degli altri Paesi europei e di introdurre un regime di detrazione fiscale per i privati |
In Italia, i beni culturali trasmessi mortis causa sono esclusi dall’attivo ereditario (a condizione che siano sottoposti al vincolo previsto dal Codice dei beni culturali). Nel caso di donazione tra i vivi si applica un’imposta sulle donazioni in misura fissa |
Le opere più costose al mondo | |||
1 | Jackson Pollock | No. 5, 1948 | 140.000.000 $ |
2 | Willem De Kooning | Woman III, 1953 | 137.500.000 $ |
3 | Gustav Klimt | Portrait of Adele Bloch – Bauer I, 1907 | 135.000.000 $ |
4 | Pablo Picasso | Garcon à la pipe, 1905 | 104.200.000 $ |
5 | Pablo Picasso | Dora Maar au Chat, 1941 | 95.200.000 $ |
Gli artisti contemporanei più venduti tra luglio 2007 e giugno 2008 (totale vendite) | |
Jeff Koons | 81.320.082 euro |
Jean-Michel Basquiat | 63.678.955 euro |
Damien Hirst | 53.618.722 euro |
Richard Prince | 38.779.852 euro |
Xiaogang Zhang | 38.596.196 euro |
Fanghi Zeng | 33.247.544 euro |
Minjun Yue | 33.189.462 euro |
Takashi Murakami | 18.551.301 euro |
Guangyi Wang | 14.018.995 euro |
Xiaodong Liu | 13.073.121 euro |
Fonte: Contemporary Art Market 2007/2008. ArtPrice
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