Il potere secondo le donne

Susan-WojcickiSusan Wojcicki, ex Ceo di YouTubePhoto by Fabrice Coffrini/Afp via Getty Images

Va detto che intorno alle donne di potere si sta costruendo un’epica che ha del ridicolo. Si è molto parlato (e malignato) della premier della Nuova Zelanda, Jacinta Arden, e di Nicola Sturgeon, altra premier ma stavolta della Scozia, che hanno lasciato – la prima “per esigenze matrimoniali”, la seconda per stanchezza – il loro incarico… Rumore ha fatto anche l’addio dell’a.d. di Youtube, Susan Wojcicki, per dedicarsi intenzionalmente alla famiglia, dopo nove anni trascorsi ad amministrare la più grande piattaforma di video online al mondo.

Si è letto, soprattutto nella discarica dell’online, visto che – per fortuna – si ha ancora qualche remora ad affidare alla carta la prova indelebile della propria chiusura mentale, espressioni canzonatorie sulla categoria delle donne, sempre pronte a lagnarsi per l’esistenza del cosiddetto tetto di cristallo, salvo poi – una volta sfondato – accorgersi di non essere in grado di reggere il peso della tensione e della fatica dei ruoli dirigenziali e di responsabilità. Esercizio che, a quanto pare, a loro dire, gli uomini sono più attrezzati a praticare. E ti credo: sono stati – e sono – loro ad aver dettato le regole su come le cose vadano fatte in tema di potere!

Per spiegarmi meglio: grammatica e sintassi, così come espressioni e azioni dell’esercizio del potere nella società – a qualsiasi livello – hanno l’imprinting del maschile. E chi detta le regole, visto che nel redigerle le fa a sua immagine e somiglianza, di solito (se non è una pippa stratosferica) ha la meglio. In base al dettato maschile, chi raggiunge il potere tende non solo a tenerselo stretto, ma addirittura ad accrescerlo, a qualsiasi prezzo per gli altri e a qualsiasi costo per se stesso. Più sei famelico, più potere ammassi, più sei invidiato (e detestato), nonché ammirato da uomini e donne, più per le tue ricchezze che per le tue qualità. Non a caso – mi si perdoni la scurrilità, ma si tratta di un contributo indispensabile – si suole dire, con piglio tipicamente maschile, che comandare sia meglio che fottere.

E se non fosse (più) così? Se, cioè, i vantaggi dell’esercizio del comando fine a se stesso fossero sopravvalutati o superati? Non voglio imporre – a mia volta – l’ennesimo punto di vista, tuttavia ritengo che la domanda vada assolutamente posta, e che ognuno debba darsi una risposta più consona al proprio sentire. Quindi, se delle persone (donne o uomini che siano) a un tratto delle loro ricche – nel senso di spunti e storie professionali – vite si rendono conto di avere già dato e di volere a un tratto “prendere” quanto fino ad allora non hanno voluto o potuto permettersi, ovvero la libertà di fare quello che gli pare, quando gli pare e con chi gli pare senza dover incarnare gli interessi di una nazione o di un’azienda, o rendere conto al proprio elettorato o a un consiglio di amministrazione, che senso ha accusarle di aver fallito o di mancare di coraggio? Che a farlo più spesso e senza remora alcuna siano delle donne, non denota inadeguatezza bensì trasparenza e maturità. Perché leader infelici, stressati e frustrati, per quanto si voglia ammirati, fanno male il loro lavoro e, così facendo, danneggiano in un modo o nell’altro il prossimo. Cioè noi…

© Riproduzione riservata