La musica e le scarpe. Il digitale e il design made in Italy. Il mondo dello streaming e quello del retail. A prima vista, i due universi portati alla terza serata dei Business People Talks sembravano lontani. Eppure, durante l’incontro andato in scena il 19 giugno nella sede di W Executive a Palazzo Bocconi, le connessioni sono emerse con forza.
A raccontarsi, in questo nuovo appuntamento di networking, che fonde momenti leisure a professionali, sono stati Federica Tremolada, General Manager Europe di Spotify, ed Enrico Mistron, Chief Executive Officer di Geox. Un confronto tra due top manager di settori e generazioni diverse, ma con la stessa lucidità nel leggere il proprio mercato di riferimento.
Evoluzioni parallele
Una capacità emersa già nelle prime battute della serata quando, accompagnati dal giornalista Alessio Viola, Tremolada e Mistron hanno presentato i fondamentali del proprio brand e gli obiettivi per il futuro. «La nostra è un’azienda nata vent’anni fa, festeggeremo questo anniversario il prossimo anno, stiamo entrando nella fase della maturità», ha spiegato la General Manager Europe di Spotify, che ha indicato nell’ubiquity e nell’iper-personalizzazione le caratteristiche distintive dell’azienda. «Abbiamo quasi 700 milioni di utenti al mese e ognuno di loro ha una versione di Spotify diversa. L’ambizione è di diventare un “compagno di vita”, capace di offire un boost di energia positiva alle persone».
Per Mistron, la sintesi è altrettanto incisiva: partendo dall’analisi del purpose di Geox – we improve people’s wellbeing on the move – il Ceo ha delineato come l’azienda fondata da Mario Moretti Polegato ambisca a migliorare il benessere delle persone che amano star bene attraverso scarpe ben disegnate, estremamente confortevoli e potenziate dalla tecnologia.
Rivoluzioni di massa
Negli ultimi 20 anni, l’industria musicale ha dovuto fare i conti con una vera e propria rivoluzione: la musica digitale. Tremolada, classe 1980, ha vissuto in prima persona la transizione della prima. «Sognavo di lavorare nella musica e ho studiato e lottato per entrare in una casa discografica. Ce l’ho fatta nel 2003-2004, proprio mentre il settore collassava per colpa della pirateria. Era il periodo di Napster e Pirate Bay. Un disastro. Da lì ho deciso di entrare in una start up che si chiamava Buongiorno, dove ho scoperto la musica digitale; mi si è aperto un mondo e ho compreso che eravamo a un punto di svolta per il settore: lo streaming. Spotify è stata la prima azienda a negoziare con le case discografiche e a costruire un’alternativa credibile alla pirateria». E ora lo streaming non solo ha salvato il settore: lo ha fatto crescere.
Per certi versi, la “sneakerizzazione” ha avuto lo stesso effetto dirompente per l’industria delle calzature. «Se penso al mio guardaroba di dieci anni fa, avevo un solo paio di scarpe; oggi ne ho dieci», ammette Mistron raccontando di come tutte le aziende del settore abbiano beneficiato di questo boom, che ha coinvolto diversi attori e mercati. dallo sport al lifestyle. «Oggi il mercato non è in crescita, ma vale comunque tantissimo. Il premium footwear, il nostro settore di riferimento, vale circa 22 miliardi di dollari a livello globale; noi, che registriamo 600 milioni, non possiamo non avere ambizioni di crescita». Per farlo, bisogna partire dal prodotto, ma non basta più. «Il prodotto è la base per una strategia di rilancio, ma bisogna trasmettere anche valori che siano condivisi dal nostro target di consumatori».
Made in…
A proposito di valori, Enrico Mistron ha approfondito il tema del made in Italy, sottolineando innanzitutto il concetto di italian design e di una tecnologia, quella delle scarpe Geox, italian patent. «Fin dal mio arrivo (18 mesi fa, ndr) mi sono speso molto per rivoluzionare l’ufficio design: abbiamo cercato persone che potessero portare del nuovo gusto all’interno dell’azienda e sviluppare un mindset di design, di ossessione ai dettagli, che potesse fare la differenza». La produzione made in Italy, ha ammesso il Ceo dell’azienda, si scontra con il target price dell’azienda: «le nostre scarpe costano mediamente 130-150 euro, il made in Italy questi prezzi non se li può permettere, ma i primi test con scarpe full made in Italy proposte a 230-240 euro sono state vendute tutte. Questo per dire che, se si fa un buon prodotto e si è capaci di raccontarlo bene, il prezzo non è un problema».
Da made in Italy il racconto si è spostato sul made in Spotify, ovvero sulla capacità della piattaforma europea di imporsi su colossi tecnologici americani. Un successo che, secondo Tremolada, si basa su tre pilastri. «Quello della già citata ubiquità: anche grazie a diverse partnership, siamo oggi disponibili su numerosi dispositivi, anche senza averne mai prodotto uno, anche se non nego che questa ipotesi sia stata presa in considerazione». Il modello free–mium è stata poi un’altra caratteristica vincente, che ha permesso alla piattaforma di fidelizzare diverse fasce di clientela, al pari della personalizzazione. Oggi, ha evidenziato la General Manager Europe dell’azienda, l’81% dei nostri utenti apprezza Spotify perché è davvero in grado di comprendere le esigenze degli utenti, proponendo playlist e musica sulla base dei gusti e del mood della giornata. E l’intelligenza artificiale sta rendendo questa relazione ancora più profonda.
Qual è il piano B?
Tra domande sul tema Dazi Usa – «non impattano direttamente su Geox», ha ammesso Mistron, «perché una delle mie prime decisioni da Ceo è stata quella di chiudere la distribuzione negli Stati Uniti, che non era sana né profittevole» – e sul Festival di Sanremo – «un unicum a livello globale», ha ammesso Tremolada, «che permette ad artisti italiani di essere ascoltati anche all’estero, creando un volano di promozione» – il discorso si è spostato anche su sliding doors professionali: cosa sarebbe successo, se non avessero avuto successo nella carriera da manager?
Per Tremolada, forse, si sarebbe aperto un possibile futuro nell’Ingegneria aerospaziale «avevo fatto domanda in università, ma non sono mai arrivata a fare il test, perché mi hanno preso al corso di Arte, cultura e comunicazione per lavorare nella musica, dove avevo il mio cuore». Nessun backup plan, invece, per il Ceo di Geox: «Mai avuti piani B nella mia vita! Il piano A è il piano A, se non dovesse andare in porto, avrò un altro piano A».
La leadership è…
Tra gli ultimi temi, un classico dei Business People Talks: cos’è la leadership in tre parole. Autenticità, conoscenza di se stessi e capacità di prioritizzare è stata la pronta risposta di Federica Tremolada. Mistron, invece, ha preso tempo. «Penso che sia la capacità di condividere un sogno o un’ambizione e di riuscire a trasmetterla con energia ed entusiasmo a un gruppo di persone che, attraverso questo processo, sviluppano un forte senso di appartenenza. Si può nascere leader, se si è fortunati, e si può imparare, stando con le persone; sbagliando, ma ammettendo i propri errori. Di sicuro, non si può insegnare».
Passioni (e ambizioni) da Ceo
La terza serata dei Business People Talks si è confermata un momento per conoscere il lato umano dei manager che guidano grandi aziende anche attraverso le loro passioni. Con un’ospite come Federica Tremolada di Spotify, non poteva mancare la domanda sulla musica preferita, con la General Manager che oggi risponderebbe con uno dei più grandi successi di Charli xcx o con Goosebumps di Travis Scott. Più “classico” il sound di Mistron, che ama ascoltare in auto successi come Sweet Child O’Mine dei Guns n’ Roses e Sultans of Swing dei Dire Straits.
I podcast, soprattutto sulle storie di impresa, sono un altro tema di comune interesse per Mistron e Tremolada, che citano rispettivamente Storie di brand e Acquired; Tremolada, inoltre è una fan dei true crime targati Stefano Nazzi, mentre il Ceo di Geox consiglia One More Time di Luca Casadei.
Se per entrambi, il poco tempo libero a disposizione è l’aspetto più difficile del proprio ruolo («mi mancano i concerti, potrei assistere a qualsiasi esibizione, ma non ho tempo…» ammette Tremolada), l’ambizione di Mistron crea non poca ammirazione tra il pubblico in sala. «Il mio obiettivo è smettere di lavorare tra tre anni. Finiti questi tre anni, non so cosa farò, ma è il mio piano A».