Il cervello usatelo meglio, non di più

Capita tutti i giorni: arrivano le sei del pomeriggio e si ha la sensazione di non aver ancora combinato nulla. Perché non ci bastano mai otto ore per finire il lavoro? In realtà è solo una nostra impressione: il tempo è sufficiente, siamo noi che non lo sappiamo usare bene. Eppure tutti ci chiedono di essere più produttivi: il capo, il mercato, i colleghi. Ma fino a che punto possiamo fare di più in meno tempo? Esiste un limite che non possiamo superare? La scienza, in questo campo, ha fatto passi da gigante. «Un fattore cruciale nel funzionamento del nostro cervello al lavoro», spiega Giampaolo Perna, direttore del dipartimento di Neuroscienze cliniche a Villa San Benedetto Menni (Como) e professore all’universi­tà americana di Miami e di Maastricht (Olanda), «è la capacità di mantenere l’attenzione e la corretta attivazione di quelle zone legate alle capacità decisionali come la cor­teccia frontale, che ci distingue dagli animali, cioè la par­te più umana del cervello, e le aree delle emozioni, il co­siddetto sistema limbico e l’ippocampo, che governa l’apprendimento e la memoria. Quando il circuito della deci­sione funziona male tendiamo a rimuginare sulle cose per­dendo tempo». E se anche avessimo un’ora in più non sa­remmo affatto più produttivi. TRE CONSIGLI«Il disperato bisogno di più tempo», continua il professo­re, «non riflette una reale necessità quanto l’incapacità di definire chiaramente le priorità ed evitare che impegni se­condari e non essenziali per i nostri veri obiettivi invada­no il nostro tempo. Non bisogna fare di più ma fare meglio, focalizzarci, e per riuscirci dobbiamo porci dei limiti e operare delle scelte». Un esempio? «Scrivete due liste: una con tutte le cose che dovete fare al lavoro, l’altra con gli obiettivi di medio e lungo termine. Unite con la penna i vostri tre principali obiettivi con le azioni della prima lista che vi servono per raggiungerli. Eliminate tutto il resto». Facile? Lo sarebbe di più se non avessimo un capo stressa­to che ci tiene il fiato sul collo, il lavoro da consegnare per ieri, obiettivi aziendali irraggiungibili e un bonus da por­tare a casa. Già, il bonus. E se chiedessimo di più per tut­to l’extra lavoro che facciamo? Sorpresa: non servirebbe a motivarci. «Immaginate di essere un manager strapagato», dice Matteo Motterlini, professore di Economia cognitiva e Neuroeconomia all’Università Vita-Salute al San Raf­faele di Milano, «che alla fine di ogni anno gode di bonus e stock option in quantità. Grande motivazione per lavo­rare di più, logico no? Invece è un mito da sfatare e ce lo ha dimostrato un esperimento condotto da Dan Airely su un gruppo di lavoratori: è vero, gli incentivi bassi non sono di alcun stimolo, serve un bonus più sostanzioso e ragionevole per accendere l’interesse, ma se il premio diventa stratosferico produce l’effetto contrario, i lavoratori restano letteralmente paralizzati dalla troppa pressione». Ma c’è di più. Uno studio dell’economista americano John List mette in evidenza come lo stimolo più efficace per spronare i dipendenti sia la prospettiva di perdere il variabile, non di raddoppiarlo. In gergo si chiama avversione alla perdita: il rischio di dover rinunciare a qualcosa smuove le persone molto di più che la promessa di guadagnare un extra. Vale anche in ufficio: lavora di più chi teme una perdita piuttosto chi persegue un guadagno, perché il nostro cervello, dicono gli scienziati, funziona così. E non c’è nulla che possiamo fare se non assecondarlo. Anzi, il segreto per lavorare meglio starebbe proprio qui: andare dove ci portano mente e corpo. CINQUE APP CHE TI REGALANO UN’ORA IN PIÙ

«Le persone danno di più», sintetizza Massimiliano Cardani, presidente dell’International Coach Federation Italia, «quando hanno la mente sgombra e nel cuore solo buone notizie, sensazioni positive, messaggi rassicuranti. La gestione del tempo e della nostra energia vanno in parallelo: mente, corpo e cuore sono un sistema unito. Pensieri, emozioni e stato fisico s’influenzano reciprocamente e si possono riassumere con il concetto di energia, e tra gestione delle energie e gestione del tempo vi è un chiaro parallelismo. Il fare è dal mio punto di vista una proiezione, una diretta e logica conseguenza dell’essere, e chi sta bene, nel corpo e nella mente, fa meglio degli altri».

SETTE ESERCIZI PER MANTENERE IN FORMA IL CERVELLO

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