I manager esperti resistono alla crisi perché sono più flessibili e resilienti dei loro colleghi più giovani. Sembrerà un paradosso in tempi di innovazione vorticosa e digital transformation, ma i dati Federmanager raccontano che dal 2011 al 2016 si è registrata una riduzione dei posti di lavoro da dirigente industriale di 4.666 unità. E in tre quarti dei casi a rimanere a casa sono stati manager under 40. Nell’ultimo anno le cose sono leggermente migliorate, ma il trend non cambia.
Se nel 2011 i giovani dirigenti erano 7.644, nel 2016 erano circa 4.000. «Sono stati in effetti i dirigenti più giovani a pagare la crisi», afferma Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager ad Affari&Finanza, «e questo per varie ragioni, a cominciare dal fatto che le imprese preferiscono professionisti già esperti, che non richiedono investimenti in formazione, e flessibili, o meglio, utilizzabili in diversi settori aziendali, mentre i giovani hanno spesso una specializzazione, che li rende più difficilmente impiegabili in aree estranee alla loro expertise».
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Un altro elemento che emerge dai dati di Federmanager è la sensibile riduzione di imprese industriali con almeno un dirigente nel proprio organico (-14,9%). In controtendenza, sono cresciuti i dirigenti over 50, passati da 35.910 del 2011 a 41.319 del 2016, con un aumento quindi superiore al 15%. «L’età pensionabile sempre più alta, e i rapporti personali collaudati tra proprietà e i dirigenti più anziani, hanno giocato a favore di questi ultimi», commenta il presidente di Federmanager. «Inoltre, se è vero che un dirigente più giovane costa meno di uno più anziano, quest’ultimo può vantare una migliore conoscenza delle dinamiche interne delle aziende e una maggiore capacità di adattamento alle diverse situazioni, che consente loro di essere più proficui».
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