Come trasformare le battute d’arresto in successo

La strada per il successo non è lineare. Un metodo in quattro fasi aiuta a trasformare ogni stop in un’opportunità concreta di crescita professionale

Nel corso di una carriera, prima o poi arriva uno stop. Una porta che si chiude, un incarico che svanisce, un licenziamento inatteso. È proprio in quei momenti, in cui tutto sembra sfumare, che può invece iniziare la fase più fertile di crescita professionale.

Secondo la leadership coach e giornalista Amy Shoenthal, la chiave per superare una battuta d’arresto è riconoscere che non si tratta di un fallimento, ma di un’inversione temporanea di marcia, utile a riorientarsi. “In tutti i miei anni da giornalista ho intervistato centinaia di fondatori, leader d’impresa, politici e celebrità”, ha affermato Shoenthal durante il suo intervento al TedxFoggyBottom. “E in ogni intervista ho notato un filo conduttore: ciò che avevano imparato dalla loro più grande batttuta d’arresto li aveva portati alla loro avventura di maggior successo. Volevo capire perché”.

Shoenthal ha raccontato di aver dedicato tre anni a ricerche, interviste e letture, spiegando che da quel lavoro è nato il modello che chiama Setback Cycle, un percorso in quattro fasi pensato per affrontare i momenti difficili e trasformarli in nuove possibilità.

Fase 1: riconoscere una battuta d’arresto

La prima fase consiste nel riconoscere di essere dentro una battuta d’arresto. Può sembrare banale, ma spesso ci si adatta a situazioni lavorative che non funzionano più, rimanendo incastrati in ruoli, ambienti o relazioni che non ci danno più nulla. “Certo, alcune battute d’arresto ti colpiscono in testa. Fallisci un esame, vieni espulso da scuola, un investitore si tira indietro, una relazione finisce, vieni licenziato. Quelle sono chiare. Ma alcuni di noi si ritrovano a fluttuare inconsapevolmente dentro la propria battuta d’arresto, senza nemmeno rendersene conto, o scegliendo di ignorarla”.

Per comprendere se si sta davvero affrontando una battuta d’arresto, Shoenthal propone un semplice esercizio. Consiste nel rispondere periodicamente a due domande: cosa ti dà energia e con cosa ti senti disconnesso. Annotando le risposte quotidianamente o ogni 2-3 giorni, per un mese, è possibile alla fine individuare schemi ricorrenti e capire quali attività corrispondono ai momenti di maggiore energia o di maggiore distacco. “Alcuni concludono di dover cambiare strada”, ammette la speker. “Altri, invece, scoprono di essere proprio dove vogliono essere”.

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Fase 2: accettazione

È la fase più difficile, quella in cui ci si confronta con l’impatto emotivo dello stop. Accettare non significa rassegnarsi, ma lasciare spazio al disagio per poterlo superare. “Quando viviamo una battuta d’arresto, il nostro cervello subisce un calo di dopamina. Pensiamo al calo di dopamina come a qualcosa di negativo. Ma la dopamina è un induttore di plasticità, il che significa che contribuisce alla nostra flessibilità mentale e alla nostra resilienza”. Come un muscolo che per diventare più forte ha bisogno prima di essere messo sotto sforzo.

Accettare una battuta d’arresto significa anche fare i conti con le narrazioni che costruiamo su noi stessi nei momenti di maggiore insicurezza. Più ci convinciamo di non essere all’altezza, più troveremo segnali che sembrano confermare quella convinzione. Shoenthal suggerisce invece di fare un passo indietro e provare a costruire una lettura alternativa, fondata sui fatti e sul confronto con gli altri. È da lì che può iniziare la ricostruzione della propria fiducia e del proprio valore.

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Fase 3: aprirsi agli altri

Una volta accettata la battuta d’arresto, è il momento di guardarsi attorno. Tutto ruota attorno alla rete di relazioni. “Il miglior consiglio che posso darti è: coltiva il tuo network. E se pensi di non averne uno, ti sbagli”. Shoenthal invita a mandare un messaggio al giorno, una mail, una telefonata. Così ha fatto lei dopo il licenziamento: “Ho chiamato amici, vecchi clienti, colleghi, capi. Dicevo: ‘Ehi, sono un po’ più disponibile del previsto per fare consulenze marketing’. Tutti erano felici di aiutarmi”. È in quel periodo che la sua attività ha preso forma. “A volte è la tua comunità a vedere quanto sei straordinario, prima ancora che te ne renda conto”.

Fase 4: riemergere

L’ultima fase è quella della rinascita. Dopo aver capito cosa non funziona, aver accolto il disagio ed esplorato nuove possibilità, si può finalmente costruire qualcosa di nuovo. Non per tornare al punto di partenza, ma per evolversi.

“A volte, dopo tutta l’introspezione, i cali di dopamina, la strategia, l’esplorazione e le telefonate, sei un po’ esausto. A volte hai solo bisogno di riposare. Quindi riposati. Concediti lo spazio di cui hai bisogno prima di rilanciarti. E quando sei pronto, vai avanti”. È il momento di lasciarti alle spalle ciò che eri, abbracciare il cambiamento e iniziare una nuova fase della tua crescita.

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