Sui freelance non ci sono statistiche. Il dato che conosciamo per certo è che l’Italia è il Paese con più lavoratori autonomi in Europa: erano 4,4 milioni di persone nel 2023, secondo le analisi di Statista. L’altra cosa che sappiamo è che alla gestione separata dell’Inps, alla quale i lavoratori autonomi che non fanno capo alle casse previdenziali di categoria hanno l’obbligo di iscriversi, si contavano nel 2024 tra circa un milione di persone. Se vogliamo quantificare il variegato popolo dei freelance, che prende il nome dalle “lance libere”, guerrieri che non giuravano fedeltà a un singolo re nel celebre romanzo storico Ivanhoe del 1820, è questa la stima che più si avvicina.
Sappiamo anche che sono in costante crescita e che al loro interno nascono ogni anno nuove figure professionali, che seguono l’evoluzione dei tempi e, soprattutto, delle tecnologie digitali.
Ma chi sono i freelance? Una definizione giuridica, non esiste, e per identificarli occorre andare per esclusione. «I freelance sono innanzitutto dei lavoratori autonomi », spiega Alessandro Gandini, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Statale di Milano. «“Autonomia” è una parola chiave in questo mondo, perché descrive la libertà di organizzare tempi e spazi del proprio lavoro».
Un mondo variegato
Illustratori, grafici, fotografi, addetti stampa, Pr, copywriter, traduttori, fotoreporter, videomaker: molti freelance lavorano nel campo della creatività e della comunicazione. Altri sono i cosiddetti professionisti del Web: social media manager, Seo, web designer… Poi ci sono i coach, i fundraiser, i consulenti. E tutto il mondo degli informatici, software engineer, sviluppatori. «Un mondo molto eterogeneo, e proprio per questo debole, perché è poco o per nulla riconoscibile» spiega Giulio Stumpo, presidente di Acta, l’associazione nata nel 2004 per tutelare il lavoro indipendente, e in particolare quello dei soggetti che non sono rappresentati da un ordine professionale. Obiettivo: trasformare tanti, differenti, dispersi lavoratori in un unico soggetto sociale. «Quando siamo nati non esisteva l’indennità di maternità per i lavoratori autonomi (introdotta nel 2015), né quella di malattia e degenza ospedaliera (introdotta nel 2019)».
I freelance sono i figli della trasformazione della società in senso postindustriale
I freelance sono i figli della trasformazione della società in senso postindustriale del nostro Paese e della conseguente espansione dei servizi a elevata qualificazione. «Sono dei knowledge worker» spiega Gandini. «Le loro competenze e skill rappresentano l’elemento di differenziazione dai loro simili. L’altra caratteristica è la dimensione nomade del lavoro, accentuata dall’uso intensivo dei media digitali che, almeno in linea teorica, consentono di lavorare ancor di più e meglio a distanza, svincolati da orari e spazi d’ufficio, e comunque in movimento».
Ma è una categoria che ha bisogno di una maggiore coesione e organizzazione collettiva. «I temi sui quali ci battiamo sono essenzialmente tre», continua Stumpo di Acta. «Il diritto per il lavoro indipendente a essere riconosciuto e rappresentato nelle scelte economiche e politiche; un welfare equo, con prestazioni adeguate a fronte di un’elevata contribuzione Inps; e un’equa fiscalità, che non discrimini il freelance rispetto al lavoro dipendente e lo tuteli nel rapporto con l’Agenzia delle entrate. Per questo organizziamo webinar e incontri fisici, abbiamo uno sportello e degli esperti che forniscono consulenze ai soci in materia fiscale, previdenziale e su quella che è forse la questione più difficile, che è la determinazione del compenso delle proprie prestazioni».
Un’altra associazione, questa volta di freelance che lavorano nella comunicazione, è Freelance Network, fondata dalla giornalista Barbara Reverberi, che nel suo libro Freelance digitali (Maggioli editore) illustra le attività con le quali il freelance si trova ogni giorno a che fare: dal bilancio delle proprie competenze all’apertura della partita Iva, dalla ricerca dei clienti alla redazione di un preventivo o di un contratto, dal personal branding al network da remoto.

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L’importanza di una formazione “imprenditoriale”
«Molte persone che decidono di diventare freelance spesso non hanno gli strumenti per fare business», racconta Micaela Terzi, business coach a servizio di freelance e aziende. «La loro prima preoccupazione è vendere, e investono sul sito e sui canali social. Ma se non sai che cosa vuoi vendere, se non hai chiaro il tuo modello di business, puoi anche avere il sito più bello del mondo ma non ti servirà a nulla. Il mio lavoro consiste proprio in questo: supportare i freelance nella definizione del business model e del business plan, e di una strategia per arrivare al mercato. Spesso è un bagno di realtà, perché ci si accorge che mancano certe competenze». Terzi ha progettato un incubatore per freelance, nell’ambito di un programma europeo finanziato da Erasmus+. Prevede formazione imprenditoriale di alto livello, alfabetizzazione digitale, consulenze mirate, mentoring e accountability, una rete di professionisti qualificati e opportunità di networking. «Il modello è disponibile sul nostro sito Digifreelancer, cerchiamo partner interessati a investire».
Dalle indagini di Terzi emerge la “solitudine” del freelance, che spesso oltre a fare il suo lavoro, deve comunicarlo, gestire i contratti, fare i preventivi, occuparsi del recupero crediti, della contabilità e delle fatture: il lavoro di dieci persone concentrato in una. La difficoltà più grande? Proprio il recupero crediti. Intanto, le aziende negli anni si sono spinte verso una minore presenza numerica di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e verso l’outsourcing, delegando così all’esterno del perimetro aziendale alcune funzioni dell’attività produttiva.
All’estero e in Italia hanno visto la luce piattaforme per reclutare i freelance. Fiverr, nato a Tel Aviv nel 2010, è un portale dove è possibile trovare freelance professionisti ed esperti in oltre 500 settori e industrie. Stesso modello per Upwork, nata invece nel 2013 in California dalla fusione tra le società Elance e oDesk. Poi Toptal, che in 15 anni ha servito più di 25 mila clienti in 140 Paesi: mette in contatto i migliori software engineer e designer con le organizzazioni (un modello simile a quello dell’italiana Cosmico, che raccontiamo qui sotto. E la francese Malt che connette oltre 70 mila aziende con più di 550 mila freelance e consulenti.
Talenti per ogni esigenza
Francesco Marino racconta l’esperienza di Cosmico, piattaforma nata per mettere in contatto professionisti e organizzazioni

I fondatori di Cosmico: Francesco Marino (al centro) con Matteo Roversi (a sinistra) e Simone Tornabene
Le organizzazioni devono abbattere il muro tra chi lavora al loro interno e chi è all’esterno, perché lì fuori ci sono persone che possono renderle grandi». Francesco Marino, 35 anni, catanese, è il fondatore, insieme a Simone Tornabene e Matteo Roversi, di Cosmico, piattaforma che mette in contatto i professionisti della creatività e del digitale con le aziende che hanno bisogno di loro per progetti specifici, eseguiti prevalentemente da remoto. Il modello si chiama Talent as a service. Fondata nel febbraio 2020, conta 26 mila professionisti freelance e 150 grandi clienti tra corporate, società di consulenza e scaleup internazionali. Nel 2024 ha raggiunto un fatturato di 11 milioni di euro.
Com’è nata l’idea di Cosmico?
Ho creato la mia prima startup nel 2013, poi ho frequentato un master in Digital Economics in H-Farm: è lì che ho conosciuto Simone, che già lavorava con Matteo. In quegli anni, in particolare nel campo del digital tech, c’erano software house che cercavano progetti sui quali lavorare, e società di consulenza a caccia di talenti in campo digitale. Abbiamo pensato così di creare un nuovo “universo” dove si potessero incontrare: per questo ci chiamiamo Cosmico.
Oggi quali talenti sono iscritti alla vostra piattaforma?
Quelli di cui c’è grande carenza: software engineer, designer di interfacce (UI e UX), esperti di cybersecurity. Negli ultimi due anni è salita moltissimo la richiesta di figure specializzate sui dati (data scientist) e sull’intelligenza artificiale. Sono le professioni in cui c’è un enorme mismatching numerico, le più corteggiate dalle aziende. Ma ci sono anche professionisti di marketing e comunicazione.
Ci fa un esempio di come funziona?
Una corporate sta cercando un team di designer in ambito fintech, non ha tempo e non vuole o non può assumere. Noi parliamo con l’azienda e, grazie alla nostra tecnologia, riusciamo a estrarre i talenti adatti a quel particolare progetto. L’impresa farà i colloqui e sceglierà la squadra. Il tutto in meno di 48 ore. L’espressione Talent as a service si riferisce proprio alla possibilità per le aziende di collaborare con i migliori talenti in modo rapido e flessibile.
Qual è il vostro modello di business?
Non c’è una percentuale o una fee fissa per ogni talento trovato. Ogni professionista fissa la sua rate card, cioè la sua la tariffa, che non sarà mai intaccata. L’azienda ci comunica quanto vuole spendere per quel progetto. In mezzo c’è la nostra marginalità.
Non siete solo una piattaforma di matching tra domanda e offerta di lavoro, ma anche una community…
Un mese dopo la nascita di Cosmico, a marzo 2020 è scoppiata la pandemia, con le conseguenze che tutti conosciamo e la diffusione del lavoro da remoto. Abbiamo subito capito che tra le persone stava nascendo un’altra esigenza: quella di connettersi, di stare insieme. Così abbiamo creato una community. Oggi organizziamo webinar, meetup, podcast, abbiamo delle ville in co-living dove i freelance iscritti alla nostra piattaforma possono accedere gratuitamente per lavorare da remoto. Abbiamo voluto creare insomma un luogo in cui “stare”: sia online che fisicamente.
Le organizzazioni devono cambiare?
Per le aziende non è semplice assumere: i tempi sono lunghi e i costi molto alti. Diventa quindi importante ingaggiare le persone, e non solo i dipendenti, ma anche i fornitori e i freelance. Le organizzazioni devono diventare delle community.
Articolo pubblicato su Business People di maggio 2025, scarica il numero o abbonati qui