Ha un creatore, una sede e piace alle banche: ecco Ripple, l’anti bitcoin

Le somiglianze, in apparenza, sono tante ma le differenze tra le due cripto valute sono molte di più. A dividerle, è proprio il fine ultimo.

È ormai l’anti bitcoin per eccellenza e infatti la sua stella ha cominciato a brillare quando quella della più famosa cripto valuta si appannava. Ecco il ripple coin, la moneta virtuale che orgogliosamente è tutto ciò che Bitcoin non vuole essere. Più che di una semplice valuta virtuale, si tratta di un sistema complesso che comprende sia la moneta propriamente detta, sia la rete sulla quale questa si muove. Per cui c’è un Ripple, il sistema, e un ripple, la valuta interna.

Ripple coin e bitcoin a confronto

A differenza della criptovaluta pensata e programmata da Satoshi Nakamoto, la cui identità non è mai stata accertata, né si è mai scoperto se fosse un singolo individuo o un collettivo di ingegneri, programmatori, matematici e crittografi, il Ripple ha un papà, anzi una mamma, la cui identità è ben nota. È la società omonima, con sede a San Francisco.

Ma la differenza più importante è un’altra. Il bitcoin era stato concepito come un antidoto al sistema economico finanziario tradizionale. Non ha infatti nessuna autorità monetaria alle spalle e soprattutto non prevede, nelle transazioni tra due detentori di bitcoin, un ruolo di intermediazione che anche nell’economia digitale è svolto dalle banche.

In una transazione digitale ordinaria con una valuta flat, sono coinvolte comunque le banche, quella di chi paga e quella di colui che riceve. Sono le banche a certificare la correttezza della transazione e ad assicurare che il pagatore abbia i soldi per pagare e che il beneficiario non verrà truffato.

Nel mondo bitcoin, non funziona così. Tra A e B non c’è nulla. B, però, può stare tranquillo: i suoi soldi arriveranno, perché a certificare la transazione ci sono i validator, tutti i nodi della rete Bitcoin, cioè tutti i vari utenti che per diventare tali hanno scaricato il libro mastro e i cui computer diventano, di fatto, controllori del sistema bitcoin.

Le banche credono in Ripple

Ripple non funziona così. Non nasce per eliminare il ruolo di intermediazione delle banche ma, al contrario, rappresenta una risorsa importante per queste ultime, che infatti vi hanno investito parecchie risorse. Tra i grandi finanziatori di Ripple vi è il Banco Santander, ma anche Unicredit e UBS.

Anche quest’altra valuta si appoggia a una rete di validator. Questi ultimi, però, sono di meno e sono più grandi. Non tantissimi utenti che non si conoscono tra loro ma pochi attori dal profilo più istituzionale, come nel caso del MIT di Boston, ma ci sono anche operatori telefonici e società di carte di credito.

I vantaggi del ripple rispetto al bitcoin

Perché questo interesse? Cosa hanno da guadagnare questi soggetti? La risposta è semplice. Anche il protocollo Ripple evita, come la Blockchain, di dover allestire bunker centrali in cui collocare i server con tutti i dati vitali per la banca e i suoi clienti ma permette di distribuirli su una rete, protetti codici crittografici di grado militare. Inoltre, sulla rete Ripple le transazioni sono più veloci e soprattutto non riguardano solo la criptovaluta di casa (ripple in questo caso) ma anche le principali valute flat.

Nella rete Ripple, due soggetti si possono scambiare anche valute diverse. Se il mittente X ha euro ma il ricevente Y aspetta dollari, non è un problema: i due si scambiano in realtà crediti Ripple che vengono poi convertiti nelle varie valute. Queste transazioni sono anche più veloci: bastano pochi secondi, mentre con il bitcoin ci vogliono non meno di dieci minuti.

Altra differenza importante riguarda i miner. In Ripple non ci sono. Questa cripto valuta è distribuita solo da Onecoin, ma il tetto del circolante (100 miliardi) è stato già raggiunto.

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