Kering porta Alibaba in tribunale: «Vende prodotti contraffatti»

Il gigante del lusso, al comando di brand come Gucci e Yves Saint Laurent, denuncia il colosso cinese dell’e-commerce. Il gruppo di Jack Ma rischia grosso: in ballo, oltre al risarcimento, condanne penali per violazione delle leggi sul commercio e criminalità organizzata

Alibaba di nuovo nel mirino. Il più grande e-commerce del mondo in termini di cifre movimentate si prepara ad andare a processo, dopo le accuse mosse da Kering, società francese che raggruppa una serie di potentissimi brand internazionali, per lo più nel settore dei beni di lusso. Qualche nome? Gucci, Yves Saint Laurent, Alexander McQueen, Bottega Veneta. Tutti marchi attivissimi, per necessità, nella lotta alla contraffazione. Ed è proprio di contraffazione che si sta parlando.

JACK MA RISCHIA GROSSO. È infatti di questo che viene accusata Alibaba, compagnia cinese con sede a Hangzhou che, tanto per dare un’idea, nel 2012 gestì attraverso i due portali principali circa 170 miliardi di dollari in vendite, una cifra maggiore di quelle che in quell’anno fecero registrare eBay e Amazon… sommate assieme. L’azione legale è stata presentata alla corte federale di Manhattan, in quanto Alibaba è dall’anno scorso un marchio quotato a Wall Street. Alibaba consentirebbe la vendita online di prodotti falsi, e Kering chiede un grosso risarcimento per i danni subiti dal colosso fondato da Jack Ma. L’imprenditore, se dovessero essere provate le accuse, rischia anche una condanna penale per violazione delle leggi sul commercio, nonché per attività di criminalità organizzata.

LA REAZIONE DI ALIBABA. Alibaba, ovviamente, respinge le accuse e inizia a schierare gli avvocati. Un portavoce della società cinese ha fatto sapere come il gruppo collabori attivamente con numerosi brand per aiutarli a proteggere i loro diritti di proprietà intellettuale. «Abbiamo alle spalle una forte storia che dimostra le nostre intenzioni e la nostra storia. Sfortunatamente, il gruppo Kering ha scelto la strada di una dispendiosa azione legale invece di una cooperazione costruttiva. Crediamo che tale denuncia non abbia alcun fondamento e la contrasteremo con forza».

L’ACCUSA PARTE DA LONTANO. Già l’anno scorso, mentre Alibaba si preparava allo sbarco a Wall Street, c’erano stati dei problemi: Kering si era inserita nel processo di quotazione, visto che Jack Ma e i suoi manager erano stati costretti a rendere più trasparenti le loro procedure interne – fra cui il bilancio – per rispondere alle leggi americane. Il gruppo francese aveva chiesto un’azione più rigorosa da parte di Alibaba: una parte degli oltre 60mila produttori che vendono attraverso il sito di e-commerce erano palesemente imitazioni, secondo la società fondata dall’imprenditore François Pinault. Una prima denuncia presentata per aver «consapevolmente reso possibile ad un esercito di falsari di vendere le loro merci illegali in tutto il mondo, Usa compresi» venne ritirata, con la promessa/minaccia di ripresentarla se i cinesi non avessero fatto passi in avanti in tale direzione. Così non è stato. E il prossimo round sarà in tribunale.

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