Tassi di interesse: l’aumento della Bce costerà 15 miliardi alle imprese

Secondo un’analisi di Studio Temporary Manager gli imprenditori del nostro Paese dovranno restituire nel 2023 interessi per oltre 35 miliardi di euro. In difficoltà molte imprese che hanno fatto ricorso al debito per effettuare investimenti

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Quindici miliardi di euro di interessi in più rispetto al 2022. È il conto che sarà presentato agli imprenditori italiani in seguito all’aumento dei tassi di interesse disposto dalla Banca Centrale Europea per combattere l’inflazione. Il dato emerge da un’analisi di Studio Temporary Manager (Stm), società specializzata nei servizi di temporary manager, dove si evidenziano i possibili problemi per quelle imprese che hanno fatto ricorso al debito per effettuare investimenti.

Imprese italiane esposte per 749,2 miliardi di euro

Nel 2023, come si evidenzia nel report, il tasso medio di sconto europeo ha raggiunto circa il 3,5% (+2 punti percentuali sul 2022), e considerando un’esposizione debitoria delle imprese italiane che sfiora 749,2 miliardi di euro, questo aumento significa che gli imprenditori si troveranno nel 2023 a dover pagare interessi per finanziamenti, mutui e leasing per un valore totale di oltre 35 miliardi all’anno, “15 miliardi di euro in più rispetto al 2022”, si evidenzia nell’analisi di Stm.

Le Regioni più penalizzate da questo aumento dei tassi saranno quelle dove sono maggiormente concentrate le attività produttive che si avvalgono dell’aiuto degli istituti di credito, vale a dire la Lombardia (interessi totali 10,2 miliardi; + 4,33 miliardi sul 2022), il Lazio (interessi 3,71 miliardi; +1,58 miliardi sul 2022), l’Emilia-Romagna (interessi 3,7 miliardi; +1,58 miliardi sul 2022), il Veneto (interessi 3,57 miliardi; +1,52 miliardi) e il Piemonte (interessi 2,52 miliardi; +1,07 miliardi).

“L’aumento dei tassi, soprattutto l’ultimo di 50 punti base effettuato a marzo 2023, è assolutamente ingiustificato visto il calo dell’inflazione su base mensile nei primi mesi del 2023”, ha commentato Roberto La Caria, socio e amministratore delegato di Studio Temporary Manager. “Con molta probabilità avrà un forte impatto sugli oneri finanziari, anche triplicandoli su base annua, con un effetto particolarmente pesante sia per le aziende italiane, contraddistinte da una dimensione ridotta, da una scarsa capitalizzazione e da un forte ricorso al debito, sia per i consumatori e per tutto il sistema finanziario”.

Secondo La Caria, agevolazioni agli investimenti come quelli per l’Industria 4.0 o i prestiti contratti durante il Covid garantiti dallo Stato trami hanno da una parte permesso un significativo rinnovo tecnologico delle aziende, ma hanno dall’altro aumentato l’esposizione debitoria in termini di finanziamenti, mutui e leasing. “Le aziende per compensare i maggiori oneri finanziari hanno due strade”, prosegue La Caria. “Aumentare i prezzi del prodotto finito, ma il mercato in questa fase non è propenso ad accettare nuovi aumenti, o ridurre in modo significativo i propri costi di produzione intervenendo in modo significativo sull’organizzazione e l’efficientamento. Gli imprenditori devono reagire per evitare una erosione dei margini, e quindi dei flussi di cassa, tale da compromettere non solo la normale profittabilità, ma in alcuni casi addirittura la continuità aziendale. Oltre a dover gestire i fattori esogeni, le aziende devono intervenire sui fattori endogeni, controllando in modo assiduo e attento i propri costi e intervenendo con rapidità sulla riduzione dei costi generali e soprattutto su quelli di produzione attraverso azioni di ottimizzazione ed efficientamento”.


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