Scontrino elettronico: cosa cambia dal cartaceo al digitale

Negozi ed esercizi commerciali più grandi devono rilasciare una ricevuta che non ha più valore fiscale. Con molti pro e qualche contro

Per circa 200 mila commercianti italiani è scattata l’ora X: dall’1 luglio 2019, infatti, è ufficialmente entrato in vigore lo scontrino elettronico per i negozi e gli esercizi commerciali con un volume d’affari superiore ai 400 mila euro annui. Dal 2020 l’obbligo verrà esteso anche alle attività più piccole, a eccezione di farmacie, tabaccai, edicole, venditori di prodotti agricoli e di servizi di telecomunicazione, aziende di trasporto pubblico e categorie speciali (come i gondolieri di Venezia).

Ma che cosa cambia nel passaggio dallo scontrino cartaceo a quello digitale? Da ieri il consumatore non riceve più lo scontrino, bensì un documento commerciale, sempre di carta, che non ha valore fiscale ma che deve essere conservato come garanzia e per il cambio merce. La ricevuta cartacea serve anche per eventuali detrazioni: ma in questo caso bisogna fare esplicita richiesta all’esercente e mostrare codice fiscale o partita iva. Il documento può essere anche scannerizzato con lo smartphone oppure, se il negoziante è attrezzato, si può anche chiedere che venga inviato via email.

Se per il consumatore non cambia molto, per i commercianti sì. Infatti, gli esercenti si sono dovuti munire di un registratore telematico e di qr code dell’Agenzia delle entrate, attraverso cui possono inviare i dati di tutte le transazioni all’Agenzia delle Entrate (tramite un collegamento diretto via internet): i dati dunque non vanno più inseriti manualmente, ma vengono inviati in maniera automatizzata. Questa novità dovrebbe servire a combattere l’evasione fiscale da un lato e aiutare gli esercenti a capire in maniera più immediata come sta andando la loro attività. Ma serviranno alcuni mesi per capire i reali pro e contro.

© Riproduzione riservata