Reddito pro capite: in 10 anni abbiamo perso 2.400 euro

Siamo passati dai 28.700 euro annui di prima della crisi ai 26.300 euro dello scorso anno. In Europa, solo Grecia e Cipro hanno fatto peggio di noi

Invece di aumentare, annullando così l’effetto dell’inflazione, il nostro reddito pro capite continua a diminuire. In dieci anni, dal 2007 al 2017, è calato dell’8,4%, pari a una perdita di 2.400 euro a cittadino. A dirlo un’analisi del Centro studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione di dati Eurostat, secondo cui siamo passati dai 28.700 euro annui di prima della crisi ai 26.300 euro dello scorso anno. Il risultato? Siamo finiti sotto la media sia dell’area euro, fissata a 30.400 euro, sia dei Paesi dell’Unione Europea a 28, pari a 27.700 euro. Negli ultimi dieci anni, in Europa hanno fatto peggio dell’Italia solo Cipro (-8,6%) e Grecia (-23,3%). Negli altri Stati, invece, il dato è costante (+0% in Spagna) o in aumento: +1,2% in Portogallo, +2,9% in Francia, +3,2% nel Regno Unito, +10,6% in Germania e addirittura +36,9% in Irlanda.

Il nostro reddito pro capite del 2017 è uno dei peggiori in Europa

Se ragioniamo in termini assoluti, nel 2017 il reddito pro capite degli italiani (26.300 euro) era superiore solo a quello degli spagnoli (24.500 euro), dei greci e dei portoghesi (17.400 euro), mentre era inferiore a quello della maggior parte dei Paesi europei: Lussemburgo (81.800 euro), Irlanda (56.400 euro), Danimarca (46.500 euro), Svezia (43.000 euro), Paesi Bassi (40.700 euro), Austria (37.100 euro), Finlandia (35.700 euro), Germania (35.500), Belgio (34.900 euro), Francia (32.300 euro) e Regno Unito (32.100 euro).In tutto questo, però, c’è una notizia positiva: nel 2017 si è registrato un aumento del nostro reddito pro capite, dell’1,5%, pari a 400 euro. Un rialzo superiore a quello ottenuto nello stesso periodo dal Regno Unito (+0,9%, pari a 300 euro). Ma non bisogna abbassare la guardia. “I timidi segnali di ripresa non devono illuderci. La carenza di investimenti pubblici e le perduranti oppressioni fiscale e legislativa deprimono gli sforzi delle aziende e frenano un vero rilancio della nostra economia. A farne le spese non sono soltanto quanti, soprattutto giovani, non riescono a entrare nel mondo del lavoro ma pure gli stessi occupati, molto spesso precari”, ha commentato l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro.

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