Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Svizzera, Belgio, Malta, Singapore, Hong Kong, Porto Rico, Caraibi: sono i principali paradisi fiscali in cui le multinazionali trasferiscono la maggior parte dei loro guadagni. A tracciare una fotografia aggiornata della situazione è uno studio condotto da tre giovani ricercatori (Thomas Tørsløv e Ludvig Wier, dottorandi dell’Università di Copenhagen, e Gabriel Zucman, dell’Università di California a Berkeley), e pubblicato dal National Bureau of Economic Research degli Stati Uniti. Secondo la loro analisi, le grandi imprese dirottano quasi il 40% dei propri profitti in Paesi esteri, di fatto privando i Paesi in cui essi sono stati generati dell’imposizione fiscale di cui avrebbero diritto. Sono nel 2015 è stata indirizzata verso questi paradisi fiscali una somma enorme: 616 miliardi di dollari, su 1.703 miliardi di utili netti di quelle imprese. Complessivamente, il 5% di tutti gli utili netti prodotti nel 2015 nell’economia mondiale sono stati sottratti al fisco degli Stati in cui sono stati creati. Questa quota è pari al 36% di tutti i profitti di multinazionali come Facebook, Google, Microsoft o Nike.
Secondo lo studio, sempre nel 2015 l’Irlanda ha sottratto agli altri Paesi, in gran parte dell’area euro, almeno 106 miliardi di dollari di base imponibile attraverso il trasferimento contabile di profitti generati altrove. Seguono l’Olanda, con 57 miliardi, il Lussemburgo, con 47 miliardi, e Malta, con 12 miliardi.
Ovviamente, questo va a discapito delle imprese piccole o medie, o comunque su scala nazionale, che non riescono a condurre alcuna operazione di migrazione contabile verso i paradisi fiscali e che, di conseguenza, finiscono con il subire una pressione fiscale molto più elevata.
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