Ocse, l’Iva italiana tra le più alte e poco efficace

Analisi sulla tassazione dei consumi: l’imposta al 22% è sopra la media Ocse, ma raccoglie decisamente meno degli altri Paesi

L’Iva italiana è tra le più alte tra i Paesi Ocse, ma è anche tra le meno efficienti. È quanto riferito da uno studio sulla tassazione dei consumi appena diffuso dalla stessa Ocse, organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico di cui fanno parte alcuni dei più importanti Paesi al mondo (come Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania). Lo studio sottolinea come l’Iva italiana, oggi pari al 22%, è ben superiore alla media Ocse (19,1%); tuttavia l’indice di efficacia del sistema di raccolta – che misura il divario tra le entrate effettive legate all’Iva e quelle che sarebbero teoricamente generate da un applicazione del tasso di Iva normale alla totalità dei consumi nazionali – è fermo a 0,38, quasi 0,2 punti sotto la media, per l’effetto combinato di esenzioni e Iva agevolata da un lato, e di evasione e frode dall’altro. Di conseguenza, in Italia i proventi dell’Iva rappresentano solo il 13,8% del totale delle entrate fiscali, contro una media Ocse del 19,5%.

PRESSIONE FISCALE. Altro dato in arrivo dall’Ocse riguarda la pressione fiscale. In Italia nel 2013 il peso delle tasse è leggermente calaot (dal 42,7 al 42,6%), ma resta superiore a quello registrato nel 2000, che era del 40,6%. Per l’Ocse il nostro Paese è al quinto posto per livello di pressione fiscale tra gli Stati per cui sono disponibili i dati dello scorso anno. Più in dettaglio, le entrate fiscali italiane sono costituite al 27% da proventi delle imposte sul reddito delle persone fisiche, al 7% da tasse sui profitti delle aziende, al 30% dai contributi sociali e previdenziali, al 6% dalle tasse sulla proprietà, al 26% dalle tasse sui consumi di beni e servizi e per il 4% da altri provvedimenti fiscali.

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