Manifatturiero in Italia: nel 2020 la pandemia è costata 132 miliardi

Secondo l’analisi di Prometeia-Intesa Sanpaolo, il calo del fatturato è sensibilmente inferiore alla crisi del 2009

Oltre 130 miliardi di euro in meno nel 2020, 132 per l’esattezza, pari a un calo del 10,2% rispetto al 2019. È il conto presentato dalla pandemia all’industria manifatturiera italiana sulla base dell’analisi condotta da Prometeia-Intesa Sanpaolo sui settori industriali. In base all’analisi, la pesante perdita sarebbe comunque inferiore alla crisi del 2009, quando il manifatturiero tricolore aveva perso il 18,8% del fatturato, grazie soprattutto a una seconda parte del 2020 in progressivo miglioramento. Nel complesso del periodo agosto-novembre, si legge infatti nell’analisi, il giro d’affari si è sostanzialmente riportato sui livelli pre-Covid (-0,4% a prezzi correnti), dopo la flessione marcata archiviata tra gennaio e luglio (-16.3%), con una dinamica più favorevole per il fatturato interno (+0,7%) rispetto a quello estero (-2.4%).

Seconda ondata: danni economici più contenuti

Il peggioramento della curva dei contagi sopraggiunto in autunno, a livello mondiale e, in particolare, europeo, ha aggiunto incertezza a uno scenario già caratterizzato da una domanda debole, ma non ha intaccato in modo significativo la ripresa industriale. L’inasprimento delle misure di contenimento ha riguardato quasi tutti i paesi europei, anche la Germania, che era stata meno colpita dalla crisi sanitaria in primavera. Il nuovo contraccolpo per il mondo dei servizi (in particolare il turismo, la distribuzione e l’intrattenimento) è stato pesante, mentre l’industria europea è riuscita a consolidare la ripresa nei mesi finali dell’anno, come testimonia il permanere degli indici pmi manifatturieri attorno alla soglia di espansione raggiunta in luglio. A differenza del lockdown primaverile, nessuna tra le potenze manifatturiere dell’Eurozona ha disposto blocchi agli impianti. Nel caso di Italia, Francia e Spagna, anzi, si sono registrate chiusure estive ridotte, nel tentativo di recuperare il terreno perso e di riallinearsi ai concorrenti tedeschi che hanno prodotto su base continuativa nel corso del 2020. Il risultato è un sostanziale allineamento degli indici di produzione industriale, che nel complesso dei primi undici mesi del 2020 hanno mostrato riduzioni a doppia cifra, ma inferiori rispetto alle iniziali aspettative: -10,5% in Spagna, -10,8% in Germania, -13% in Italia e Francia.

Esportazioni in lento recupero

Nei primi dieci mesi del 2020, le esportazioni italiane di beni manufatti sono risultate in calo dell’11,5% a valori correnti, a fronte di una contrazione sostanzialmente analoga dei volumi scambiati. Il dato riflette un calo moderato nel terzo trimestre 2020 (-3,4%), dopo un marcato ripiegamento nel trimestre primaverile (-27,8%) e di un moderato peggioramento in ottobre (-7,2%), che testimonia il grado di incertezza che ancora caratterizza gli scambi mondiali. Il contributo negativo più rilevante all’evoluzione del nostro export è giunto dai partner continentali (-11,8% le vendite nell’area Ue, nel gennaio-ottobre), ma una dinamica cedente riguarda anche le vendite extra-europee (-11,1%), incluse quelle asiatiche (-14,8%), che però hanno visto un recupero intenso degli scambi con la Cina nella seconda parte dell’anno (+13% tra luglio e ottobre), trainato da Meccanica, Automotive, Alimentare e bevande e (da settembre) anche prodotti della Moda.

Diversi settori hanno ridotto il gap con i livelli pre-Covid

A livello settoriale, si conferma una tenuta dei livelli pre-Covid per Alimentare e bevande (-0.6% il calo tendenziale del fatturato nei primi undici mesi del 2020) e Farmaceutica (-0.9%). Da sottolineare come la tenuta del giro d’affari dell’Alimentare e bevande abbia contraddistinto l’intero 2020, quale sintesi di un aumento della domanda di prodotti per consumi domestici che ha compensato parzialmente il calo della domanda del canale Ho.Re.Ca, penalizzata dalle restrizioni alla socialità e al turismo. Per la Farmaceutica, invece, si riscontra un peggioramento dei dati nei mesi più recenti, riconducibile al mercato interno: il calo della domanda di farmaci derivante dal rinvio delle cure procrastinabili e degli interventi chirurgici ordinari non ha trovato adeguata compensazione nell’aumento della domanda per cure Covid. Il canale estero è rimasto trainante, invece, data la forte crescita delle esportazioni (peraltro non del tutto rilevata dai dati di fatturato estero), determinando un forte avanzo commerciale per il settore.

In calo moderato, sopra la media manifatturiera, Elettrodomestici (-3,1% tendenziale il fatturato gennaio-novembre) e Mobili (-8.9%), che hanno registrato un deciso recupero a partire dall’estate 2020, favorito dalla crescente attenzione all’ambiente domestico e dalla riattivazione degli investimenti in costruzioni, in particolare per ristrutturazioni. Un traino deciso è giunto anche dalle esportazioni. La performance del mobile italiano si posiziona decisamente al di sopra di quella registrata dagli altri big player europei.

La ripresa del ciclo edilizio ha sostenuto un recupero intenso anche del settore Prodotti e materiali da costruzione (-6,6% il dato cumulato di fatturato gennaio-novembre, +7,9% nel periodo agosto-novembre), ma solo parziale della filiera dei metalli. Prodotti in metallo (-11,8% nel complesso dei primi undici mesi) e soprattutto Metallurgia (-16.2%) scontano, infatti, una dinamica deflativa che rende più arduo il pieno recupero dei livelli pre-Covid, oltre che una ripresa graduale di altri importanti settori attivanti quali Meccanica e filiera Automotive.

Tra i settori che hanno sperimentato una buona ripresa dal trimestre estivo, ma insufficiente per recuperare il terreno perso, vi sono infatti anche Altri intermedi (-8,1% il fatturato nel complesso dei primi undici mesi), Elettrotecnica (-10,2%), Elettronica (-11,1%), Meccanica (-13,6%) e Autoveicoli e moto (-15,8%). La Meccanica, sebbene in recupero, sconta la debolezza della domanda di beni d’investimento, sia sul mercato interno sia su quelli esteri, dove ha registrato esportazioni in calo superiore alla media manifatturiera (-15,1% a valori correnti nel gennaio-ottobre), con performance non dissimili tra mercati Ue e extra-Ue. Gli Autoveicoli e moto, pur presentando ancora un ampio gap sui livelli 2019, hanno dimostrato una buona capacità di recupero dal trimestre estivo, più intenso di quello messo a punto dalle altre tre manifatture concorrenti europee, Germania, Francia e Spagna: nel bimestre ottobre-novembre, il fatturato del settore è cresciuto oltre il 20% in termini tendenziali, grazie alla spinta degli incentivi all’acquisto di vetture ecologiche varati con il Decreto Agosto.

Diverso è il caso di Largo consumo (-4,3% il fatturato nel gennaio-novembre) e Intermedi chimici (-10,7%), che hanno mostrato una buona tenuta nella prima parte del 2020, continuando a produrre beni necessari alla gestione dell’emergenza sanitaria, per poi rallentare. Il Largo consumo, dove il gap con il pre-Covid è più ridotto, sconta ancora l’assenza di un traino dei prodotti cosmetici, sia sul mercato interno sia, soprattutto, sui mercati esteri, dove gli effetti delle nuove limitazioni alla socialità hanno visto anzi peggiorare le vendite negli ultimi mesi.

Si conferma critica la situazione del Sistema moda (-21,6% il calo di fatturato dei primi undici mesi, -9,6% tra agosto e novembre). Le restrizioni in vigore hanno pregiudicato il possibile recupero del settore con le vendite della stagione autunno-inverno, lasciando il giro d’affari su livelli ampiamente depressi; una tendenza che è condivisa dagli altri concorrenti europei.

Un recupero graduale

Dall’analisi dell’indice Istat che misura il clima di fiducia delle imprese manifatturiere italiane emergono, negli ultimi mesi, chiari segnali di miglioramento delle attese su domanda e produzione rispetto ai minimi primaverili, di pari passo con una netta ripresa degli ordini (+3.7% il tendenziale del periodo agosto-novembre). Tuttavia, l’indice resta in territorio negativo a fine 2020, su livelli ancora decisamente inferiori al periodo pre-Covid, condizionati dall’incertezza sull’evoluzione della pandemia e sui contraccolpi che il protrarsi della crisi e delle restrizioni potranno avere sulla ripresa dell’economica. Segnali del tutto complementari emergono dalle indagini di fiducia realizzate nelle altre tre maggiori manifatture europee, Germania, Francia e Spagna.

Gli strascichi della crisi saranno infatti ancora visibili sul profilo di domanda rivolto ai settori manifatturieri, soprattutto nella prima parte dell’anno, quando resteranno in vigore misure stringenti di contrasto alla diffusione del virus. Per la seconda metà del 2021, invece, si prevede una fase di recupero più intensa. Il dispiegarsi degli effetti della campagna vaccinale comporterà un allentamento delle restrizioni a livello mondiale, con effetti visibili anche sul commercio internazionale.

La velocità di marcia del manifatturiero italiano dipenderà anche dalle scelte che il nuovo Governo effettuerà con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, da presentare entro fine aprile alla Commissione europea. I fondi che l’Italia potrà ottenere sono ingenti e non hanno precedenti storici. Il loro utilizzo potrà fornire una spinta determinante nell’accelerare il percorso di recupero e nel rafforzare la competitività del manifatturiero italiano, portando a compimento la sfida, già avviata negli ultimi anni, della trasformazione in chiave digitale ed ecologica del nostro sistema industriale.

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