Contante: serve al sommerso ma non basta a generarlo

Dal 1° luglio il limite al "cash" scenderà a 2 mila euro, ma l’analisi degli ultimi anni non fa emergere una correlazione diretta tra diffusione della moneta ed economia irregolare

Ormai ci siamo, dal 1° luglio il limite per il pagamento in contanti scenderà a 2 mila euro. L’intento, ovviamente, è quello di contrastare l’evasione fiscale. Ma qusta misura sarà davvero utile in questo senso? A dare una risposta ci ha provato la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro con il report “L’uso del contante in Italia tra necessità e abitudini”, che si sofferma proprio sugli effetti dei provvedimenti intervenuti negli ultimi anni in materia, sia in Italia che in Europa, comparandone in particolare l’incidenza sulla lotta all’evasione fiscale. Il ricorso diffuso all’uso del contante viene, infatti, tradizionalmente associato alla presenza di alti livelli di economia sommersa: pagamenti in nero, sotto-fatturazioni, retribuzioni irregolari implicano transazioni in moneta svolte al di fuori del circuito tracciabile dei pagamenti. Eppure, guardando ai periodi interessati da queste restrizioni, non si evidenziano variazioni particolari, pur a fronte di interventi restrittivi. Il valore assoluto dell’economia irregolare, al contrario, è cresciuto, passando da 202 miliardi di euro del 2011 a 210 del 2017 (+3,9%) e aumentando sia in corrispondenza dei periodi in cui il limite massimo di utilizzo del contante era di mille euro, che negli anni successivi in cui la soglia veniva portata a 3mila euro.

Del resto, il fenomeno dell’economia sommersa trova origine in una pluralità di fattori. Economici innanzitutto, ma anche culturali (senso civico e rispetto delle regole), dovuti alla complessità e farraginosità dei sistemi amministrativi e fiscali, efficacia dei controlli, presenza di criminalità. A tal proposito, sono molto utilizzati per delinquere strumenti finanziari avanzati e sofisticati, anche se la circolazione del contante rimane una delle modalità scelte per porre in essere alcune fattispecie criminose (corruzione, estorsione, riciclaggio).

L’indagine sottolinea anche come l’esperienza degli altri Paesi europei non sembra portare evidenze significative sull’efficacia delle limitazioni all’uso del contante ai fini del contenimento dell’economia irregolare. Diversi sono i Paesi che da tempo hanno introdotto tali misure, quali Portogallo (1.000 euro), Francia (1.000), Grecia (1.500), Spagna (2.500), Belgio (3.000); ma il peso del sommerso in tali realtà è molto diverso. Utilizzando le stime dell’International Monetary Fund (Shadow economies aroud the world), si rileva come Francia e Italia, che hanno limiti abbastanza simili rispetto all’utilizzo del contante, presentano un livello di irregolarità molto differente, 12,8% in Francia e 19,8% in Italia (il dato non è confrontabile con Istat, in quanto frutto di elaborazioni internazionali a partire da indicatori diversi). Di contro la Germania, che non ha limiti alla diffusione del contante, ha un livello di economia irregolare tra i più bassi, del 10,8%, così come Olanda, Austria, Regno Unito: altri Paesi in cui l’uso del contante non è soggetto a limitazioni, ma in cui il livello di diffusione dell’economia sommersa è molto più contenuto.

Peraltro, la BCE già nel 2019 ha richiamato l’attenzione del Governo su una serie di altri aspetti, tra i quali anche il valore di inclusione nell’economia che il contante permette a determinati gruppi sociali, come gli anziani. Inoltre, non vi è dubbio che la contrazione dei redditi, dovuta al fermo per la crisi pandemica di questi mesi, crei ulteriori difficoltà nel sostenere eventuali costi derivanti dalle transazioni con moneta elettronica.Da questo punto di vista, possono risultare interessanti alcune pratiche adottate da Paesi che, pur non avendo previsto limiti di utilizzo del cash, hanno comunque introdotto dei meccanismi finalizzati ad evitarne possibili usi impropri. In particolare, in Danimarca, oltre i 1.340 euro, il consumatore diviene co-responsabile in caso di evasione fiscale, a meno che non comunichi la transazione alle autorità competenti; simile situazione in Norvegia dove, per acquisti di servizi al di sopra dei 1.078 euro, il compratore è responsabile assieme al prestatore dell’eventuale mancato versamento di iva e delle imposte.

“Il limite alla circolazione del contante aiuta certamente a contrastare l’illegalità, ma gli interventi che vanno in questa direzione, per essere realmente incisivi, devono essere strutturali”, ha dichiarato Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. “Si pensi innanzitutto all’infrastruttura tecnologica, le cui carenze, ad esempio relative alla rete Internet, non agevolano l’uso delle carte di credito. Poi, aspetto non secondario è quello dei costi per il loro utilizzo, che incidono pesantemente sui pagamenti. Anche in questo caso l’esempio è semplice: se si usano 100 euro in contanti per un pagamento e quella somma viene immessa nel mercato, dopo avere effettuato diversi passaggi tra vari consumatori torna al primo utilizzatore con il medesimo valore. Se la stessa operazione viene eseguita con moneta elettronica, quei 100 euro saranno ridotti dagli oneri bancari e perderanno quindi il loro valore iniziale. Infine, – ha aggiunto De Luca – è necessario armonizzare in tutti i Paesi dell’Unione il limite minimo in modo da evitare differenze che creino distorsioni nei mercati interni”.

© Riproduzione riservata