L’e-commerce italiano? Può valere 40 miliardi di euro

La stima, elaborata da Netcomm, è il doppio di quella per il 2016, pari a 19 miliardi di euro (+17%). A influire sarebbero la miopia culturale delle aziende, la scarsa diffusione della banda larga e la bassa alfabetizzazione sociale

Il mercato dell’e-commerce italiano potrebbe valere il doppio. È la stima elaborata del consorzio di aziende Netcomm in occasione del E-Commerce Forum previsto a Milano il 18 maggio. Stando ai numeri, infatti, nel 2016 il valore degli acquisti on line arriverà a toccare 19 miliardi di euro, registrando una crescita del +17%. In media si effettua un acquisto al mese, del valore di circa 90 euro, per un totale annuo di 1.000 euro a persona. Peccato che, se il comparto fosse a pieno regime ed esprimesse tutta la sua potenzialità, si potrebbe ad avere una mole complessiva di acquisti on line di gran lunga superiore: anziché 19 miliardi di euro, 40 miliardi di euro. Le cause che impediscono il pieno boom dell’e-commerce sarebbero almeno tre.

POCHE IMPRESE DIGITALIZZATE. A frenare la crescita sarebbero in primis le stesse imprese. «Se gli e-shopper italiani sono raddoppiati, passando da 9 a oltre 18 milioni, le imprese non si sono invece digitalizzate con lo stesso ritmo», spiega Roberto Liscia, presidente di NetComm. «I numeri? In Italia sono state censite 40 mila imprese che vendono online. In Europa sono 800 mila. Solo in Francia 200 mila: 5 volte le nostre. Questo vuol dire una cosa molto semplice: quando un e-shopper italiano compra online è più difficile che lo faccia da aziende italiane». Ma sul campo non si perdono solo potenziali compratori italiani. La vera conseguenza allarmante sono i compratori stranieri che, per effettuare i lori acquisti dal proprio Paese di origine, non passano dai portali delle nostre aziende, bensì da market place internazionali. «Ciò significa che le aziende italiane perdono il contatto diretto con il cliente, non hanno feedback, perdono poi il controllo sulle strategie di prezzo e sulle strategie commerciali». Alla base ci sarebbe una miopia, culturale delle aziende che hanno preferito non dotarsi di canali online nel timore che questi cannibalizzassero le vendite. Risultato: il saldo commerciale on line è in caduta libera. Se nel 2013 il rosso era di -1,3 miliardi, nel 2014 è arrivato a -1,4 miliardi di euro. L’altro dato negativo è che l’export on line italiano si fonda sui servizi anziché sui beni fisici: esattamente l’opposto di quello che accade nel resto d’Europa. Tra l’altro a essere penalizzati sono i settori di punta del made in Italy come la moda, il food e l’arredamento.

MANCATA ALFABETIZZAZIONE. L’altra causa alla base del mancato exploit dell’e-commerce sarebbe legato alla scarsa alfabetizzazione. La penetrazione dell’e-commerce in Italia è pari al 61%. Tuttavia i laureati, pari al 16% della popolazione italiana, rappresentano 31% degli utenti di e-commerce, mentre chi si è fermato alle medie inferiori (il 39% degli italiani) rappresenta appena il 12%. «C’è dunque un problema di alfabetizzazione digitale che va affrontato: la barriera culturale pesa molto di più del reddito», conferma Liscia.

MANCA LA BANDA LARGA. Infine a penalizzare gli acquisti on line sarebbero anche gli stessi smartphone e l’assenza della banda larga. «Nel 2012 solo il 4%di utenti faceva shopping online da smartphone. Oggi uno su 5, ossia il 20% di chi compra online, lo fa da uno smartphone e da un tablet. Sembra un grosso progresso ma non è così», spiega Liscia. «In primo luogo l numero è in sé ancora basso: fatto 100 gli italiani che acquistano da terminali mobili, la Gran Bretagna è a 200, il doppio. Siamo quindi evoluti nel possesso di terminali avanzati, ma non lo siamo altrettanto nell’uso. Oltretutto compriamo in mobilità solo se siamo, in qualche modo, forzati dalle cose a farlo». Gli italiani che abitano nelle metropoli o nei grandi complessi urbani effettuano gli acquisti attraverso la rete fissa. Invece chi abita in comuni la cui popolazione è inferiore ai 10 mila abitanti ripiega sui cellulari, non potendo disporre della banda larga. «(Gli smartphone, ndr) hanno ovviamente una efficacia diversa rispetto all’esperienza di acquisto sulla banda larga fissa. E non si tratta di una fetta poco rilevante del mercato: i comuni sotto i 10 mila abitanti valgono il 18% dell’e-commerce italiano», precisa Liscia.

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