Lavoro, prove d’intesa governo-Parti sociali

L’accordo per la riforma potrebbe arrivare in una settimana, comunque entro il 23 marzo, come assicurato dal ministro Elsa Fornero che assicura anche una buona copertura finanziaria

“Un incontro utile”. Così i leader dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, hanno definito l’ultimo incontro tenutosi con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero per definire un accordo di riforma del mercato del Lavoro. Passi avanti per un’intesa che, come sottolineato dal ministro, dovrebbe arrivare entro il 23 marzo. Nei prossimi giorni continuerà la ‘trattativa’ sui punti della riforma che prevede tra l’altro, maggiore flessibilità in uscita; ma sui contenuti del testo al momento vige un no comment: “Abbiamo preso l’impegno di non diffonderli – ha spiegato Angeletti al termine dell’incontro – Abbiamo convenuto con il governo che i contenuti di questo incontro rimarranno patrimonio di coloro che l’hanno fatto. Stiamo facendo una trattativa, non stiamo facendo un accordo, ancora. Le trattative non si fanno sui giornali perché non sono concluse, quando saranno concluse conoscerete i particolari”.Ma qualche particolare è comunque stato dato, come sulla copertura finanziaria della riforma che, secondo il ministro Fornero, sarà sufficiente “per fare una buona riforma degli ammortizzatori sociali”. Secondo il ministro bisogna “intervenire sulle tipologie dei contratti, magari non con l’accetta, ma rendendo più severi i controlli sugli abusi e incoraggiando forme contrattuali che riteniamo più virtuose”. L’idea è quella di creare un “contratto che dovrà dominare gli altri: prevede l’entrata nel mercato del lavoro con l’apprendistato e una stabilizzazione. Si prevede poi una relativa e maggiore facilità di uscita”. Questi, in sintesi, i punti della riforma:

Guida alla Cassa integrazione

INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE: al momento tutte le aziende pagano l’1,31% della retribuzione, eccetto quelle artigiane (che pagano per i loro dipendenti solo lo 0,40%) e quelle di alcuni settori dei pubblici esercizi come bar e ristoranti (che pagano lo 0,18% del monte retributivo). Per finanziare il nuovo sussidio il contributo dovrebbe passare all’1,3% per tutti (anche per le retribuzioni degli apprendisti che adesso sono esenti) con un contributo aggiuntivo per i contratti a termine (1,4%). Il nuovo sussidio (Ispi) dovrebbe valere il 70% della retribuzione (a fronte del 60% attuale) per gli stipendi lordi fino a 1.250 euro (ma il calcolo non sarà fatto sull’ultimo stipendio ma su quelli degli ultimi due anni). Per la parte superiore ai 1.250 euro si prenderà solo il 30% (quindi ad esempio su una retribuzione lorda di 2.000 euro si prendono per i primi sei mesi 1.100 euro lordi). È previsto comunque un tetto di 1.119 euro lordi (1.053 netti) che è attualmente il tetto massimo previsto per la cassa integrazione e la mobilità. La durata del sussidio sarebbe più lunga dell’attuale (al massimo 12 mesi per gli over 50) con la possibilità di arrivare a 18 mesi per gli ultra 55enni ma con un taglio del 15% dopo i primi sei mesi e di un altro 15% dopo i sei mesi successivi (il decalage è previsto anche per il sussidio di disoccupazione attuale).

MOBILITÀ: l’indennità di mobilità dovrebbe sparire con il passaggio al nuovo sussidio di disoccupazione. Al momento la mobilità può essere utilizzata dalle aziende industriali e cooperative con più di 15 dipendenti o da quelle commerciali con più di 200 dipendenti. L’indennità erogabile in caso di licenziamenti collettivi può durare fino a 48 mesi (nel caso di ultracinquantenni di aziende nel Sud) e per questi lavoratori quindi ci sarebbe una drastica riduzione della protezione dalla disoccupazione. Per questo strumento le aziende pagano al momento lo 0,30% della retribuzione e questo contributo potrebbe saltare. Per la mobilità il saldo negativo tra entrate e uscite è stato nel 2010 di 1,590 miliardi di euro.

CASSA INTEGRAZIONE: sarà ancora possibile utilizzare la cassa integrazione (mantenendo naturalmente la contribuzione attuale) ma solo nei casi in cui è previsto un rientro in azienda. La cassa straordinaria potrà essere utilizzata solo in caso di ristrutturazione e riconversione aziendale ma non in quelli di chiusura dell’attività (come nel caso dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, ndr).

Fonte: Ansa

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