Ditelo a Trump, col protezionismo non ci guadagna nessuno

Il report International Business Compass 2017 rivela: i ritorni di protezionismo e isolazionismo creano danni alle economie nazionali. L'Italia peggiora nei numeri ma resta al 35esimo posto, Svizzera terza dietro Singapore e Hong Kong

Il protezionismo fa danni: parola dell’edizione 2017 dell’International Business Compass di BDO, network globale di revisione contabile e consulenza alle imprese, realizzato in collaborazione con HWWI (Hamburg Institute of International Economics). Per la sesta volta, il network ha valutato le generali condizioni economiche, politiche e socio-culturali dei singoli stati, per stilare un ranking globale che permetta di confrontarli in maniera omogenea. L’edizione 2017 del report annuale di BDO, inoltre, si è focalizzato sull’apertura commerciale degli Stati nel mondo, in un momento storico delicato, in cui il concetto di globalizzazione e il libero mercato sembrano minacciati da ritorni protezionisti e isolazionisti.

I danni del protezionismo secondo BDO

Il protezionismo, dunque, fa danni. Nell’analisi del network BDO, Nord America ed Europa appaiono essere le regioni più aperte a livello globale, sia applicando indicatori basati sul reale flusso del commercio, sia utilizzando misurazioni dirette delle barriere politiche e amministrative. L’analisi statistica dimostra che, in generale, tariffe di importazione più alte sono legate a valori di PIL pro capite più bassi.

Da un’analisi differenziata, tuttavia, emerge che molto dipende dal livello di protezionismo/apertura commerciale di partenza e dalla regione esaminata: se le tariffe iniziali sono molto basse, un aumento di tali tariffe si trasformerebbe comunque in un miglioramento del PIL pro capite. Il risultato sarebbe positivo, quindi, in Sud America, ma avrebbe conseguenze molto negative in Paesi contraddistinti da un’adeguata apertura commerciale, come Asia ed Europa dell’Est. Ciò dipende da i molteplici effetti che un innalzamento delle barriere tariffarie potrebbe avere su un’economia nazionale, nonché dall’eterogeneità delle strutture economiche dei vari paesi e dalle specifiche circostanze di applicazione.

«L’applicazione di dazi, tariffe e altre barriere alle attività economiche globali sono in continua decrescita. Assistiamo, comunque, a un cambiamento profondo delle dinamiche commerciali internazionali», ha commentato Simone Del Bianco, Managing Partner BDO Italia. «Le aziende di tutto il mondo fanno ormai affidamento su un accesso senza vincoli al mercato internazionale. Nuove forme di protezionismo e isolazionismo potrebbero mettere in discussione, come emerge dal nostro studio, interi business model, soprattutto nelle economie sviluppate. Nonostante la globalizzazione possa sembrare oggi ad alcuni un meccanismo innaturale, il nostro report dimostra che la via a una nuova ondata di sviluppo economico globale non può che arrivare dall’apertura dei mercati».

La situazione italiana

Rimane invariata rispetto all’edizione dell’anno scorso la posizione assoluta dell’Italia, che si ferma al 35° posto dell’indice stilato da BDO nonostante il punteggio generale più basso (60,49 nel 2017 VS 62,63 nel 2016). Peggiorano, in senso relativo, tutti i singoli indicatori esaminati: per quanto concerne le condizioni economiche, l’Italia passa dal 46° posto dello scorso anno al 51° attuale, con una perdita di 3,87 punti (52,25 VS 56,12). Le condizioni politiche e legali fanno scivolare di una posizione il nostro paese (45° posto con 71,58 punti). Per quanto riguarda le condizioni socio-culturali, quelle a miglior performance per il nostro Paese, la perdita è di tre posizioni, con un punteggio di 59,16 che vale il 33° posto in classifica (60,79 e 30° posto nel 2016). Rimane invariata per l’Italia anche l’attrattività come luogo di produzione (25° posto) e come mercato per il business (19°) all’interno dei Paesi Ocse.

Lo scenario globale

In generale, la fotografia scattata nel 2017 da BDO parla di uno scenario globale stabile, con cambiamenti minimi nella top ten rispetto all’anno precedente. Singapore riacquista la leadership, grazie a un miglioramento generalizzato delle condizioni economiche e socio-culturali. Hong Kong si attesta sul 2° gradino del podio, mentre la Svizzera scala posizioni e guadagna la 3° piazza. Olanda e Danimarca chiudono la top 5. Due le new entry nelle prime dieci posizioni: la Germania, che scala ben quattro posizioni e conquista l’8° piazza, e la Nuova Zelanda, al 10° posto rispetto all’11° registrato nella scorsa edizione.

Il “campione” di questa edizione è Capo Verde (al 70° posto, +20 posizioni), mentre la caduta più sonora la registra il Ruanda (all’84° posto, -17 posizioni), che rimane comunque uno degli Stati africani meglio classificati.

© Riproduzione riservata