In pochi lo sanno, ma il cuore dell’economia digitale e del risparmio energetico ha cominciato a pulsare 90 anni fa, a due passi dalla Stazione Centrale di Milano. E probabilmente, neppure il giovane 24enne Oronzio De Nora, il fondatore dell’azienda Industrie De Nora nel 1923, poteva sapere né immaginare che tutto il suo “alambiccare” da irrequieto alchimista elettrochimico avrebbe un giorno creato il primo produttore al mondo di elettrodi che connettono e fanno vivere i circuiti stampati dentro i computer, gli smartphone e i tablet.
Del resto, come amano dire i chimici, ogni grande invenzione industriale nasconde formule e reagenti che rimangono ignoti al grande pubblico. Se poi apriamo il libro dell’elettrochimica, compare l’elenco delle meraviglie che in natura creano la vita grazie alla fotosintesi, alla respirazione cellulare, alla trasmissione degli impulsi nervosi. Ecco, il business di Industrie De Nora trae origine dalla scienza che studia gli effetti fisiologici della corrente elettrica, per svilupparsi fino allo storage energetico e al trattamento e depurazione delle acque. Oronzio De Nora non era un milanese doc, era nato ad Altamura nel 1899 dove il padre Michele era un ingegnere responsabile dell’acquedotto locale che esercita sul futuro imprenditore un fascino e un stimolo per le sue prime ricerche. Nel capoluogo lombardo, il giovane ambizioso si trasferisce presto per studiare e laurearsi in Ingegneria elettrotecnica al Politecnico. La scintilla della scienza al servizio dell’impresa non scatta subito. Anzi. Il suo sogno è diventare un ricercatore universitario. Nel 1922 ottiene il brevetto, catalogato negli archivi tedeschi con il numero 1811, per la produzione di ipoclorito di sodio, quel disinfettante che oggi chiamiamo familiarmente Amuchina. Basterebbe questa invenzione a far partire un business di successo, ma Oronzio è concentrato sulla ricerca e il brevetto in seguito viene ceduto. A forza di sfornare novità, però, sono i docenti universitari a spronarlo a mettere su bottega per mettere a frutto tutta l’innovazione che il giovane ricercatore sta accumulando nel campo del cloro e della soda caustica.
A bordo della Ferrarina
Il gruppo De Nora, giunto alla terza generazione in azienda, con i fratelli Federico e Michele a raccogliere il testimone della proprietà, oggi fattura 446 milioni di euro, ha un margine operativo lordo di 70 milioni di euro e impiega 1.500 dipendenti in nove siti produttivi. È quella che in genere si chiama “multinazionale tascabile”: forte specializzazione in nicchie di mercato, presenza consolidata sui mercati esteri, alto tasso innovativo e fatturato spalmato al 90% fuori dall’Italia.
Il passaggio dall’Amuchina all’hi tech non è stato breve. Nel Dopoguerra, Oronzio De Nora è tra i protagonisti della ricostruzione e della rivoluzione industriale del Paese, fornendo soluzioni scientifiche a tutti quegli impianti (da Porto Marghera a Torviscosa) che impiegano i processi cloro-soda per i trattamenti di depurazione delle acque, clorazione delle piscine e gli anodi per l’industria farmaceutica. Oronzio è stato un vulcano di idee, le sue scoperte scientifiche sono pubblicate in mezzo mondo e tutti gli annali di chimica ancora oggi ne ricordano le scoperte. A un certo punto, nel pieno degli anni ’60, si mette in testa di entrare nel mondo dell’automobile sulla base di un disegno di un giovane designer piemontese, Giorgetto Giugiaro, all’epoca talentuoso apprendista alla carrozzeria Bertone. Dalla penna del designer esce un’avveniristica auto sportiva nelle versioni coupé e spider, che viene subito battezzata Ferrarina perché, in base al progetto, la casa di Maranello avrebbe fornito motori e telai. Non si trova nessun industriale disposto a produrla fino all’intervento di Oronzio De Nora, che crede nel progetto e fonda la Asa, autocostruzione società per azioni, con sede a Lambrate davanti agli impianti dell’elettrochimica De Nora. Dopo un centinaio di modelli, la produzione viene abbandonata lasciando in eredità la passione al nipote Federico De Nora, imprenditore ed esperto pilota di auto da corsa.
Fuoriserie del settore
La stagione a bordo della Ferrarina rimane nell’amarcord degli appassionati delle quattro ruote. E racconta bene la passione creativa che si respirava in quegli anni di boom economico, in cui un industriale con mille idee poteva permettersi il lusso di sperimentare anche in altri settori. E Oronzio, a più di sessant’anni, aveva voglia di sperimentare ancora. In azienda lo affiancava il figlio Niccolò, che non è un ingegnere, né un chimico, ma ha un gran fiuto per l’innovazione industriale. E nei giorni in cui la Ferrarina si ferma ai box, dagli stabilimenti di De Nora nasce la “killer application” della scuderia: una tecnologia che diventa standard per il mondo dell’industria chimica e non solo. Stiamo parlando della tecnologia Dsa, cioè i primi anodi metallici destinati a rivoluzionare il mondo del cloro-soda rimpiazzando quelli in grafite e rendendo più efficienti i processi produttivi grazie al drastico abbassamento del consumo energetico. L’invenzione permette alla società di fare un balzo dimensionale significativo e di allargare gli orizzonti oltre la Penisola. La soluzione di De Nora oggi entrerebbe di diritto nella green economy, perché elimina gli elementi inquinanti di processo e riduce l’impatto energetico nelle lavorazioni industriali della nascente elettronica di consumo. Nel 1969 l’azienda milanese, forte del suo ultimo brevetto, riesce a entrare nel mercato giapponese siglando – prima azienda italiana a farlo – una joint venture con l’impresa nipponica Mitsui.
La stagione delle acquisizioni
L’espansione internazionale è un crescendo che porta ad ampliare il catalogo clienti a tutti i big: dai giganti dalla chimica come Bayer e Solvay fino ai grandi produttori dell’elettronica come Foxconn, che diventerà il fornitore ufficiale di Apple. Negli anni ’80 la chimica di base in Italia, come in Europa, comincia a scricchiolare. In pochi se ne accorgono, comprendendo che formule e reagenti diventeranno il pane del Far East, dove oggi la Cina occupa il primo posto al mondo per la produzione di chimica di base. Industrie De Nora riesce ad anticipare i tempi. E si lancia in una fase di espansione internazionale che la vede crescere, prima attraverso joint venture e poi con le acquisizioni di competitor, puntando sulla chimica delle specialità. Il primo obiettivo è consolidare la leadership nelle tecnologie per i processi produttivi del cloro-soda e per la produzione di elettrodi per il trattamento delle acque e per i componenti elettronici: nel 1982 sigla una joint venture negli Usa con Eltech System (che acquisterà nel 1999), poi apre impianti in Brasile, a Singapore e in India.
La ricerca continua a fare passi da gigante, le soluzioni elettrochimiche De Nora cominciano a trattare metalli come l’alluminio e partono le applicazioni nel campo dei semiconduttori. Nel 1993 è la volta della prima fabbrica in Cina, e il perimetro aziendale si allarga grazie allo shopping internazionale di Prototek ed E-Tek, specializzati nei processi di idrogenazione catalitica e nel 1998 arriva anche l’acquisto della tedesca Heraeus Elektrochemie. All’inizio del nuovo secolo quando si affacciano in azienda i nipoti di Oronzio, Federico e Michele, si cambia strategia pur tenendo la barra dritta dell’internazionalizzazione che oggi vale il 90% del fatturato. L’azienda assume una governance moderna, aprendo le porte a manager esterni alla famiglia, come l’attuale amministratore delegato Paolo Dellachà e il vicepresidente Gianfranco Mora. E poi si punta alla trasformazione della società in una realtà specializzata nelle tecnologie per la sostenibilità ambientale ed energetica.
Ricaricare le batterie
Come previsto, negli anni Duemila la chimica di base in Italia si è ridotta a poca cosa, piegata dalla concorrenza asiatica e dal sogno sfumato della grande Montedison. Gli impianti di cloro-soda, come quelli di Torviscosa in Friuli-Venezia Giulia e Porto Marghera a Venezia, sono in crisi nera. Per Industrie De Nora, pur in una posizione privilegiata grazie alla presenza capillare sul mercato globale, è ora di spingere l’acceleratore sul cambiamento. La società punta a trasformarsi in un’azienda hi tech nel campo della sostenibilità ambientale: dagli elettrodi per lo storage energetico (idrogeno e batterie per auto elettriche) fino al trattamento e depurazione delle acque. Arriva un’altra stagione di shopping: nel 2011 De Nora acquisisce la società giapponese Permelec Electrode, a cui segue l’acquisto di Ozono Elettronica Internazionale, leader mondiale nelle tecnologie di generatori di ozono, e, infine, arriva la joint venture con ThyssenKrupp per unificare le comuni attività nel settore degli impianti di elettrolisi cloro-soda. Si punta anche alla diversificazione nel business nel trattamento delle acque. Il gruppo milanese De Nora mette a segno un altro colpo comprando Severn Trent Water Purification. La nuova divisione, denominata De Nora Water Technologies, è specializzata nella fornitura di tecnologie sostenibili e innovative per il trattamento delle acque primarie e delle acque reflue, per i settori Oil & Gas, navale, municipale e industriale. E spalanca le porte a due pezzi importanti di economia del futuro: acqua ed energia.
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