La crescita perduta nei 942 incentivi italiani

Dieci anni fa non arrivavano a 600, poi c'è stato il boom di incentivi alle imprese da regioni e Stato. E a poco sono serviti i timidi tagli...

La crescita s’è persa nei 942 incentivi italiani. Mentre il ministro del Tesoro Carlo Padoan assicura che il Pil italiano potrebbe volare oltre il 2%, arriva il Mise a spiegare almeno in parte perché l’Italia non è ripartita al ritmo di altri Paesi. La spiegazione arriva dalla Relazione sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive. Si tratta di un censimento dei 942 incentivi italiani, di cui ben 885 regionali e 57 delle amministrazioni centrali (di cui 35 senza erogazioni).

Incentivi alla crescita, sono 942

La giungla degli incentivi è cresciuta molto in fretta. Solo dieci anni fa esistevano 268 interventi regionali, più 15 interventi “conferiti” dalla gestione nazionale e 315 relativi ai Por (programmi operativi legati ai fondi strutturali europei), quindi 598 in totale. Nel 2015 erano già 864, 885 l’anno scorso. E a poco è servito il taglio del governo Monti che aveva cancellato 43 norme nazionali. Ha fatto di più il piano Industria 4.0 che, puntando sugli incentivi fiscali automatici e sul progressivo accantonamento dei bandi, ha cancellato 2,6 miliardi di residui passivi legati a vecchie agevolazioni.

In concreto, però, poi il 92% delle concessioni statali è concentrata in appena 8 interventi agevolativi: contratti di sviluppo, fondo per la crescita sostenibile e finanziamento del credito all’export. Così nel 2016, anche grazie alla nuova programmazione europea, sono stati concessi nel complesso 4,6 miliardi di euro di agevolazioni (+53%) e 17,4 miliardi di investimenti agevolati (+57%). Calano al contrario i flussi di cassa effettivamente mobilitati con le erogazioni: 2,4 miliardi, -18%.

Dove vanno i fondi

Dei 4,6 miliardi di agevolazioni del 2016, circa 2 miliardi sono legati a strumenti nazionali e 2,6 a livello regionale. In entrambi i casi, il capitolo “ricerca, sviluppo e innovazione” è al primo posto davanti a “sviluppo produttivo e territoriale”. Il problema è che in questo mare magnum convivono misure generalizzate e poco selettive – il 57% a livello regionale (che spesso così recuperano fondi europei che altrimenti andrebbero persi), meno della metà a livello statale – con interventi che si caratterizzano «per la selettività nella scelta degli investimenti e delle iniziative agevolabili».

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