Grecia, Tsipras punta a un prestito ponte. Le proposte di Atene

Si cerca di evitare il default del Paese con un finanziamento di circa 7 miliardi di euro. Intanto l’Ue si prepara a inviare aiuti umanitari

Il Grexit, la possibilità che la Grecia esca dalla zona euro, non viene esclusa dai vertici dell’Unione europea, ma al momento l’ipotesi è archiviata. A Bruxelles si cercherà di preparare un nuovo piano di salvataggio per Atene, costruito intorno un prestito concesso dal fondo europeo salva Stati (Esm) lavorando sulle proposte che presenterà Alexis Tsipras.L’obiettivo del premier greco è quello di ottenere un terzo programma di aiuti su due-tre anni, con impegni simili a quelli proposti precedentemente (ma “migliorati”), e un prestito ponte immediato per evitare il default del Paese. Cifre sull’ammontare dei nuovi finanziamenti che Atene intende chiedere ancora non ce ne sono, ma, come riportato dall’Ansa, il Fondo monetario internazionale aveva parlato di 50 miliardi di euro sino al 2018 per far fronte alle necessità di rifinanziamento del debito greco. Il prestito ponte per evitare il default completo dovrebbe aggirarsi almeno sui 5-7 miliardi. Atene deve infatti rimborsare 3,5 miliardi alla Bce entro il 20 luglio, e altri 450 milioni al Fmi per un totale di circa 2 miliardi con gli arretrati inevasi, più altri 3 miliardi di titoli in scadenza.

POSSIBILI AIUTI UMANITARI. Intanto l’invio di aiuti umanitari al popolo greco è un’ipotesi che si avvicina. Nelle ultime ore il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel ha avvertito: “Tutti i Paesi europei siano pronti a dare aiuti umanitari”. E sulla stessa linea di pensiero il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha parlato di una”necessità immediata per un programma umanitario”, al fine di portare sollievo a pensionati e bambini. D’altra parte la Commissione, come anticipato oggi dal Foglio si avvia allo stop ad alcuni pagamenti nel settore di ricerca, tecnologie, telecomunicazioni, dell’ingegneria e della chimica, perché “a causa del rischio di bancarotta degli istituti di credito, non c’è la certezza che i beneficiari siano davvero in grado di ottenere il denaro trasferito”. E col dissesto economico del Paese non è affatto da escludere – sulla base della condizionalità macroeconomica (una regola introdotta con la riforma delle politiche di coesione) che anche l’erogazione dei 35 miliardi di fondi strutturali del periodo 2014-2020, previsti per colmare il divario dello sviluppo nelle regioni europee, possa subire una battuta d’arresto.

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