Gran Bretagna vara la “Google Tax”

È un provvedimento per “punire” le multinazionali che non pagano le tasse. L’imposta costerà il 25% degli utili generati in suolo britannico

La Gran Bretagna dichiara guerra alle multinazionali che ice basta alle società estere che evadono il fisco sfruttando regimi tributari agevolati come quelli di Lussemburgo e Irlanda.

«Oggi introduciamo una tassa al 25% sugli utili generati dalle multinazionali con le attività realizzate nel Regno Unito e che fanno uscire dal Paese con artifici» lo ha dichiarato George Osborne, cancelliere dello Scacchiere (il ministero delle Finanze inglese, ndr), al Parlamento in occasione del discorso d’autunno sullo stato di salute dei conti pubblici e dell’economia del Paese.

LA GOOGLE TAX. L’imposta di cui si parla Osborne è la Google Tax, ribattezzata così dal momento che il colosso di Mountain View, Google, è una di quelle multinazionali che evadono i propri doveri tributari sulle attività svolte in Inghilterra e nei Paesi dell’Unione Europea, dirottando capitali verso Paesi che offrono facilitazioni.

Il colosso di Mountain View, infatti, a giugno 2014 è stato oggetto di indagini fiscali volute dal Public Accounts Commitee (commissione di controllo delle finanze pubbliche inglesi) per il trasferimento “poco chiaro” di capitali in Irlanda per ottenere benefici fiscali.

CONTRO I PARADISI FISCALI. La decisione del Regno Unito ha generato un notevole interesse mediatico dal momento che potrebbe costituire, come evidenzia La Repubblica, un importante precedente in un momento cruciale per l’Europa come il questo in cui Italia, Francia e Germania unite, con un documento comune chiedono al Parlamento Europeo leggi più dure contro i paradisi fiscali.

UN MILIARDO DI POUND. Con l’imposta al 25% degli utili, la Gran Bretagna conta di raccogliere entro cinque anni un miliardo di pound, una somma che corrisponde a circa 1,26 miliardi di euro. Tra gli altri provvedimenti, annunciati dal cancelliere Osborne, vi sarà anche una riforma nella tassazione bancaria che in cinque anni porterà nelle casse delle Finanze inglesi 4 miliardi di sterline.

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