Fashion e lusso italiano possono reggere l’impatto del Coronavirus

Il commento di Patrizia Arienti di Deloitte: “È necessario un piano d’azione mirato per questo settore”, che occupa un quinto dei lavoratori dell’Eurozona

L’impatto sull’economia del Coronavirus rappresenta una questione globale. E il settore Fashion & Luxury, che per definizione ha un bacino e un coinvolgimento mondiale, non può restare inerte di fronte agli ultimi sviluppi. Il settore sta inevitabilmente mostrando un rallentamento, ma confidiamo che le aziende del fashion e lusso italiano abbiano la forza per reggere l’impatto economico”. È il punto di vista di Patrizia Arienti, Consumer Leader per il Fashion & Luxury Emea di Deloitte, che interviene sui possibili risvolti economici nel settore del fashion e del lusso italiano in seguito all’emergenza Coronavirus.

“I primi segnali incoraggianti che arrivano dalla Cina, con il raggiungimento del picco dei contagi e una seguente stabilizzazione, sono di buon auspicio per le prossime settimane, ma allo stesso tempo è necessario un piano d’azione mirato per questo settore, che veda coinvolti tutti gli attori istituzionali e del mondo delle imprese. Deloitte è pronta a fare la sua parte. Anche per tutte le altre contromisure da adottare in questa fase”, sottolinea Arienti. “Parliamo di un settore per il quale, in una fase di rallentamento del mercato interno, domanda crescente vuol dire mercato estero, capacità di rispondere agli impulsi che arrivano da Oriente e in generale da tutto il mondo. Le esportazioni italiane del settore TMA (tessile, moda, accessori), come abbiamo sottolineato nello studio di Deloitte Italia, Making IT – Fitting the Future 2019, hanno superato i 63 miliardi di euro e si sono incrementate del 2,17% rispetto all’anno precedente. La composizione dell’export in base al mercato di destinazione conferma la capacità dell’Italia di soddisfare tanto la domanda dei mercati tradizionali, quanto quella delle nuove realtà orientali, a partire proprio da Cina e Corea del Sud”.

In occasione della Fashion Week, la moda italiana ha dovuto fronteggiare le inevitabili defezioni da Pechino e Shangai, ma allo stesso tempo ha preso le dovute contromisure adottando la campagna China, we are with you per non perdere l’occasione di coinvolgere la realtà cinese attraverso social, canali dedicati, dirette streaming e presentazioni online delle rispettive collezioni – infatti si sono registrati 16 milioni di cinesi che hanno seguito lo streaming delle sfilate della Milano Fashion Week. “La Cina vale un terzo del fatturato del lusso e Deloitte attraverso l’ultima edizione del report Global Powers of Luxury Goods 2019 ha sottolineato come il nostro Paese vanti ancora un primato importante: tra le 100 realtà più grandi attive nel settore della moda e del lusso a livello mondiale, ben 24 sono italiane e due terzi operano in abbigliamento e calzature”, commenta Arienti. “Nonostante le incertezze del momento, acuite dall’epidemia da coronavirus, è importante che il nostro Paese continui a sostenere l’industria del Fashion & Luxury, per la sua rilevanza strategica. Il settore, infatti, genera il 34% del valore aggiunto e occupa un quinto dei lavoratori dell’eurozona (22%)”.

© Riproduzione riservata