Via libera al Def: deficit più alto e crescita quasi ferma

Il governo si dice soddisfatto. Ma piovono le critiche: il documento di economia e finanza riflette lo stato di crisi del Paese e non dà soluzioni

Il governo si dice molto soddisfatto del Def, il Documento di economia e finanza, approvato ieri. Ma gli analisti e gli esponenti degli altri partiti non sono altrettanto ottimisti. In effetti, i numeri non sono certo positivi. La crescita per il 2019 è stimata allo 0,1% con la legislazione vigente (dal +1% ipotizzato alla fine di dicembre) e allo 0,2% se si considerano le misure che si attendono nel breve periodo: dati non certamente esaltanti. Il quadro appare ancora più preoccupante se si guarda al debito pubblico, che peggiora rispetto allo scorso anno: le previsioni per quest’anno lo danno al 132,7% del Pil, contro il 132,2% del 2018. Anche il deficit/Pil si aggrava, tornando al 2,4% che era stato bloccato dalla Commissione europea ai tempi della Manovra. Infine, pure il deficit strutturale, al netto delle componenti cicliche, peggiora rispetto a quanto indicato a Bruxelles, arrivando al -1,6%. Eppure, Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Giovanni Tria sono contenti. Per quali ragioni? Perché il Def contiene la promessa di molti dei cavalli di battaglia del governo Lega-M5S, come quello di una riduzione fiscale per il ceto medio, della flat tax, degli sgravi alle famiglie, dell’introduzione del salario minimo orario.

Il Def non affronta alcuni punti critici

A Salvini, Di Maio e Tria non sembra importare se il Def fotografa lo stato di crisi dell’Italia, se gli annunciatissimi e attesissimi decreti attuativi per i rimborsi ai cosiddetti “risparmiatori truffati” sono stati rimandati, se per la realizzazione della flat tax sarà inevitabile l’aumento delle aliquote Iva. Agli altri sì. «Il Def è un bollettino medico di un paziente che è molto, molto grave. C’è il rischio che il Paese, dai margini in cui è stato condotto, possa essere addirittura portato fuori dall’Ue e noi non possiamo fare i nottambuli di fronte a questo rischio» ha dichiarato per esempio l’ex premier Paolo Gentiloni.

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