L’Italia vanta uno dei saldi primari, ossia differenza fra entrate e uscite, più elevati nell’area dell’euro. Eppure il nostro debito pubblico è considerato ormai monstre e preoccupa tutte le istituzioni internazionali, oltre che molti cittadini. Per quali ragioni c’è questa discrepanza? Ha provato a fare chiarezza sull’argomento l’Autorità dei conti pubblici, nel documento appena pubblicato “Una panoramica delle strategie di finanza pubblica nei Documenti programmatici di bilancio 2019 dei paesi dell’area dell’euro”, che conferma che siamo tra i più attenti in Europa a bilanciare proventi e uscite. Infatti, se nel nostro Paese la differenza tra entrate e spese delle amministrazioni pubbliche (escluse le spese per interessi passivi) è pari all’1,6% del Pil, nell’Ue è pari in media all’1% del Pil. Addirittura la media dei paesi che nel 2017 non avevano raggiunto l’obiettivo di medio termine (OMT) era pari allo 0,5 % del Pil. Tuttavia, nonostante il saldo primario più che positivo, nel 2019 il saldo nominale italiano era negativo per il -2 per cento del Pil: inferiore sia a quello medio nell’area dell’euro, pari al -0,7 per cento di Pil e di quello medio dei paesi che nel 2017 non avevano raggiunto l’OMT, pari al -1,9% di Pil. Tutta colpa degli interessi. Come si legge nel documento dell’Autorità dei conti pubblici, infatti, “l’elevato debito pubblico in Italia è atteso assorbire considerevoli risorse a causa della spesa per interessi, pari a 3,6% di Pil”.
Il risultato è che l’Italia naviga in acque molto agitate. Stando agli ultimi dati, il nostro è il Paese con il secondo debito pubblico più elevato nel 2019, pari al 130,7% del Pil. La media dei paesi dell’area dell’euro invece è ferma all’85,5% di Pil. Addirittura il nostro debito è superiore a quello medio dei Paesi che nel 2017 non avevano raggiunto l’OMT, pari al 103% di Pil. A peggiorare la situazione c’è la crescita attesa per il 2019: già nei dati di qualche mese fa era la più bassa nell’area dell’euro, pari all’1%, ma probabilmente sarà ancora inferiore. Ora, secondo la Commissione la crescita del Pil non andrà oltre il +0,2%.
© Riproduzione riservata