Corte dei Conti, eccessiva pressione fiscale. Rischioso l’aumento dell’Iva

Presentato il Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica; secondo i magistrati l’Italia è ancora lontana dal sistema impositivo europeo e segnata da tasse troppo elevate e un elevatissimo tasso di evasione

L’aumento eccessivo della pressione fiscale rischia di trasmettere all’economia forti “impulsi recessivi” creando così un “pericolo di avvitamento”. È l’allarme lanciato dalla Corte dei Conti e contenuto all’interno del suo Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica presentato in Parlamento. Nelle sue considerazioni generali la Corte sottolinea come il pericolo di un avvitamento deve essere “attentamente monitorato, disinnescando il circolo vizioso in cui si potrebbe rimanere intrappolati”. IL CIRCOLO VIZIOSO. L’aumento della pressione fiscale, spiega la Corte, risponde all’esigenza di assicurare il pareggio di bilancio già nel 2013, in un contesto reso più difficile dalla crisi finanziaria e dai rischi circa la sostenibilità del debito dei Paesi europei più esposti. Nei fatti l’aumento discrezionale della pressione fiscale contrasta la caduta del gettito provocata dalla perdita permanente di prodotto. La controindicazione di questa scelta – si sottolinea nel rapporto –sta negli impulsi recessivi che una maggiore imposizione trasmette all’economia reale, dunque nel rischio che un ulteriore rallentamento dell’economia allontani il conseguimento degli obiettivi di gettito.ACCANTONATA L’EQUITÀ DELLA RIFORMA FISCALE. La scelta di accelerare il riequilibrio dei conti attraverso l’aumento della pressione fiscale – aggiunge poi la Corte – si pone in contraddizione con gli indirizzi di riordino del sistema tributario italiano, ispirati a finalità di maggiore equità distributiva. L’originale intonazione redistributiva, recepita nel disegno di legge delega per la riforma fiscale ed assistenziale del luglio 2011, è risultata pressoché interamente accantonata, trovando solo una parziale attuazione nel DL n. 201/2011 di fine anno, nella misura in cui l’aumento impositivo che ha investito consumi e patrimoni si è tradotto in una riduzione molto limitata del prelievo sui redditi da lavoro e d’impresa.DISTANTI DAL MODELLO EUROPEO. La realtà delineata dai magistrati contabili è quella di un’Italia ben lontana dal sistema impositivo europeo e segnata dalla coesistenza di un’elevata pressione fiscale e di un elevatissimo tasso di evasione. “Si è riusciti – scrive la corte – a ridurre (imposizione sui consumi), e, sotto altro profilo, a invertire (imposizione sul patrimonio), il differenziale negativo evidenziato dal nostro paese, senza poter tuttavia, intaccare, in misura decisiva, il differenziale in eccesso nella pressione fiscale complessiva, in generale, e nella tassazione dei redditi da lavoro e di impresa, in particolare”. Adeguarsi al benchmark europeo, tuttavia, non è facile sia per le dimensioni dello sforzo da richiedere alla finanza pubblica, quanto per i limitati spazi di copertura disponibili, nella considerazione che il settore impositivo naturalmente deputato (il prelievo sui consumi) risulta già prenotato da un aumento a tempo delle aliquote Iva. Anch’esso, peraltro, potenzialmente gravido di controindicazioni sul piano economico e sociale. MIGLIORARE LA LOTTA ALL’EVASIONE. Esauriti i margini per operare sulle entrate volontarie (come quelle sui giochi), e dall’efficientamento dell’attività di riscossione, la strada delineata dalla Corte dei Conti è quella di ampliare la base imponibile “assegnando alla lotta all’evasione e all’elusione e al ridimensionamento dell’erosione il compito di assicurare margini consistenti per un riequilibrio del sistema di prelievo al fine di poter almeno in parte conciliare rigore, equità e crescita”.RIDURRE LA SPESA. Il punto fermo, però, resta la “consistente riduzione della spesa corrente. Riduzione della spesa primaria da ottenersi attraverso la reingegnerizzazione dei processi amministrativi, il ridisegno organizzativo delle amministrazioni pubbliche e la ridelimitazione dei confini del pubblico (privatizzazioni, ndr), ma anche innovando nelle modalità di erogazione dei servizi amministrativi, prevedendone – quando economicamente giustificata e tecnicamente fattibile – una gestione autonoma e autofinanziata.Va ripreso, infine con maggiore continuità e convinzione – conclude la Corte dei Conti –il processo volto a realizzare un abbattimento significativo del debito, attraverso la dismissione di quote importanti del patrimonio mobiliare ed immobiliare in mano pubblica. Nelle recenti occasioni di confronto con il Parlamento, la Corte ha più volte sottolineato l’urgenza di soluzioni operative su un fronte, come quello delle dismissioni, finora carente nell’identificare dimensioni, condizioni e responsabilità realizzative”.

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