Confindustria: meno tasse per la ripresa

Il centro studi dell'associazione degli industriali conferma i segnali positivi, ma la «zavorra» fiscale frena la ripartenza dell'economia

«La priorità dell’Italia è rafforzare la lenta risalita dell’economia proseguendo lungo la strada delle riforme strutturali, inclusa la riduzione del carico fiscale che zavorra la competitività delle imprese». E’ questo il messaggio che manda il Centro studi di Confindustria (CsC) nel suo Congiuntura flash di luglio. Gli esperti dell’associazione confermano progressi addirittura «perfino superiori» alle attese: «Aumentano le probabilità di una revisione al rialzo delle stime CsC per il 2015 (+0,8%), grazie anche all’allentamento delle tensioni causate dalla crisi greca».

Da sottolineare ci sono le prestazioni del settore industriale – in accelerazione nel secondo trimestre per produzione, fatturato e ordini – mentre riparte anche l’occupazione: «Nonostante la momentanea flessione di maggio (-0,3% mensile), il bimestre aprile-maggio registra un incremento di 63mila unità sul 1° trimestre (+0,3%), grazie all’aumento mensile record di aprile (+131mila unità). A fronte di una forza lavoro che segna un +0,2%, il tasso di disoccupazione nel bimestre resta fermo al 12,4% del primo trimestre.

L’occupazione nel complesso avanzerà in presa diretta con i progressi della congiuntura. Ciò è confermato dal miglioramento delle aspettative delle imprese: per l’estate 2015 il saldo delle risposte si consolida in territorio positivo, a +5,4 per le condizioni in cui operano le aziende e a +4,2 per l’occupazione. Tasso di disoccupazione su livelli elevati ma in lento calo nella media dell’Eurozona: in maggio all’11,1%, dall’11,2% nel primo trimestre» Ancora altissimo in Spagna (22,5%), seppure diminuito dal picco di febbraio 2013 (26,3%); pressoché stabile in Francia (10,3%), mentre è ai minimi in Germania (4,7%)».

Tra gli altri indicatori positivi, ci sono la ripresa degli investimenti e di offerta di credito (e lo smaltimento delle sofferenze acuirà il fenomeno), il calo del petrolio (10%) e quello del cambio euro/dollaro (5% in attesa delle mosse della Fed). Con il commercio globale di nuovo in salute e gli Stati Uniti a regime, l’unico dubbio riguarda la situazione cinese dove il dirigismo ha però frenato la fuga dalla Borsa.

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